Protezionismo, G20: rischio scontro Usa-Ue

Il vertice di Angela Merkel con Donald Trump potrà anche concludersi fra strette di mano e vaghe promesse di cooperazione. Ma la tensione sull’asse Washington-Berlino, con la Germania seconda “bestia nera” dopo la Cina nell’offensiva trumpiana di “America First”, rischia di emergere fragorosamente al G20 finanziario di Baden-Baden.

Wolfgang Schaeuble, padrone di casa nella cittadina termale, si è spinto fino a escludere che gli Usa possano imporre unilateralmente una “border tax” e ha definito improbabile che ciò avvenga multilateralmente: il riferimento a uno scontro in sede Wto è implicito. Sul finire di questa settimana si dovrebbe conoscere che piega prendono gli eventi: e il confronto, o forse meglio dire lo scontro, che in questo fine settimana arriva al dunque dopo mesi di scambi verbali, rischia di essere tale che il comunicato del G20 potrebbe persino cercare di glissare sull’argomento - in realtà centrale nei negoziati - e addirittura omettere il classico impegno dei leader finanziari a combattere il protezionismo. Per la prima volta in oltre un decennio.

I lavori cominciano oggi e andranno avanti fra l’eleganza belle epoque della Kurhaus e il più algido centro congressi, dove sabato ci saranno le conferenze stampa finali. Ma a Schaeuble potrebbero non bastare né l’appoggio dell’Ocse, né la replica piccata del presidente della Bce, Mario Draghi (che sarà a Baden-Baden), contro gli attacchi Usa, né l’appello del direttore generale del Fmi Christine Lagarde a “evitare di farsi male da soli” con il protezionismo che fa male alla crescita. “È possibile che escludiamo esplicitamente il tema del commercio a Baden-Baden”, ha detto il ministro in un’intervista alla Reuters. “Non è la soluzione ideale, anche se poi la questione non è così importante”, abbozza Schaeuble, sapendo benissimo che è un tema enorme: in ballo ci sono i 75 miliardi di surplus commerciale tedesco verso gli Usa, il più alto dopo la Cina, e un rosso così ampio per Washington da fare diventare deficit quello che senza la Germania sarebbe un surplus americano verso l’Eurozona. Il confronto con Steven Mnuchin, nuovo segretario del Tesoro Usa che farà visita anche a Berlino, coinvolgerà altri Paesi, a partire dalla Cina, il cui presidente Xi Jinping, in una nota congiunta con la Merkel emessa poco prima che questa prendesse l’aereo per Washington, ribadisce l’impegno comune a favore del libero commercio. E non è solo il commercio a rappresentare un terreno scivoloso.

C’è l’altro tema rovente, i tassi di cambio: Trump che ha definito il dollaro “troppo forte” accusando Cina ed Europa di svalutare troppo Yuan ed euro. Parole che hanno spinto persino un uomo prudente come Draghi a ribadire l’indipendenza della Bce e ricordare agli Usa che, semmai, è il dollaro “ad essere ad essere “lontano dalla sua media storica”. E poi ci sono le banche e la finanza da regolamentare, con la presidenza tedesca che cerca di trovare la quadra sulle regole di Basilea 3 e gli Usa che, invece, ora smontano la riforma Dodd-Frank voluta da Obama dopo il grande crac finanziario.

Un quadro così complicato rischia di far passare in second’ordine gli appelli del padrone di casa Schaeuble a rinunciare alla politica monetaria e al debito come futili motori di crescita. E un G20 litigioso rischia di mettere in ombra buona parte del programma: come sostenere finanziariamente l’Africa, tema caro all’Europa alle prese con l’ondata dei migranti, e come puntellare la crescita nel mondo, ancora debole, e nella stessa Eurozona.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:58