Linda Sarsour, nuova star della sinistra

Cosa pensare di Linda Sarsour di Brooklyn, la principale querelante nella causa contro l’ordine esecutivo sull’immigrazione del presidente Donald Trump e nuovo simbolo apparentemente onnipresente dell’alleanza tra l’estrema sinistra e l’Islam radicale?

L’amministrazione Obama l’ha definita una “campionessa del cambiamento”. Il sindaco di New York, Bill de Blasio, ha chiesto il suo appoggio. Il senatore del Vermont, Bernie Sanders, l’ha utilizzata come sostituto nella sua campagna elettorale per le elezioni presidenziali. La Sarsour era tra i delegati alla Convention nazionale del Partito Democratico nel 2016. La Sarsour è stata ospite di importanti programmi televisivi e il “New York Times” ha pubblicato un lungo articolo celebrativo definendola “una ragazza di Brooklyn in hijab”. L’organizzazione di David Brock, “Media Matters for America”, la sostiene. È stata una delle quattro organizzatrici principali della “Marcia delle donne” a Washington contro Donald Trump. L’attrice Susan Sarandon e il repubblicano Keith Ellison le esprimono il loro appoggio. In breve, l’attivista è “venerata dalla sinistra”, osserva la riformatrice musulmana Shireen Qudosi. E anche dagli islamisti: ad esempio, Al Jazeera la esalta.

La Sarsour è piombata nella mia vita nel marzo 2010, quando ha confuso me, Daniel Pipes, con PipeLineNews.org, un “servizio di informazione di nicchia” che aveva pubblicato un articolo critico su di lei definendola una “simpatizzante di Hamas”. Lei ha risposto ricoprendomi di finta gratitudine per l’attenzione (Grazie Mister Pipes!). Notando il suo errore, ho scritto una sarcastica risposta (“La Sarsour dovrebbe inondare di affetto PipeLineNews.org e non me”). E vedendo che non riconosceva il suo errore, mi sono interessato alla sua carriera.

Ho scoperto che la Sarsour sbaglia spesso e poi non fa ammenda. Ella ha asserito che l’omicidio di Shaima Alawadi è stato dettato dall’odio verso i musulmani, quando in realtà è stato un delitto d’onore compiuto dal marito Kassim Alhimidi. Peggio ancora, ha finto di essere stata vittima di un crimine razziale, riscuotendo consensi politici a livello nazionale per aver dipinto un senzatetto psicolabile come un razzista violento.

Ho scoperto il disprezzo paranoico che la Sarsour nutre per il governo americano. Ella ha dipinto il mancato “attentatore delle mutande”, Umar Farouk Abdulmutallab, come un agente della Cia, insinuando che il governo federale uccide gli americani per incolpare i musulmani. Ha anche affermato che negli Stati Uniti i “bambini (musulmani) vengono giustiziati”, presumibilmente dal governo.

Ho scoperto come la Sarsour promuove l’islamismo. Ella ha espresso il suo sostegno all’Arabia Saudita perché l’applicazione della legge islamica nel Paese apporterebbe benefici come il diritto al congedo di maternità retribuito e nessun pagamento di interessi sulle carte di credito. Ha manifestato il suo sostegno al jihad, mostrando il dito indice verso l’alto, suo simbolo.

Sono venuto a conoscenza dei suoi attacchi feroci contro Israele. La Sarsour ha incoraggiato la lapidazione delle Forze di difesa israeliane. Ha posato per una fotografia con Salah Sarsour, un operativo di Hamas arrestato negli anni Novanta dalle autorità israeliane. Ammette di avere moli parenti maschi nelle carceri israeliane.

Ho scoperto che la Sarsour disconosce la storia. Si fa promotrice di un’immagine fantasiosa di Maometto, il fondatore dell’Islam: “Il nostro profeta era un attivista della giustizia razziale, un attivista per i diritti umani, un femminista a tutti gli effetti. Era un uomo che aveva a cuore l’ambiente. Si preoccupava per i diritti degli animali. (...) Fu anche la prima vittima dell’islamofobia”. Mi hanno colpito le sue riflessioni sulla schiavitù americana: “Il sacrificio che gli schiavi musulmani neri in questo Paese hanno dovuto affrontare non è nulla in confronto all’islamofobia (sic) odierna”.

Sono venuto a conoscenza dell’infima reputazione di cui gode la Sarsour tra i suoi presunti alleati. Debbie Almontaser, una collega islamista, ha denigrato la sua impudenza e mancanza di umiltà. La femminista Aki Muthali l’ha definita razzista (si rilegga la citazione sugli schiavi neri). Anche il sito web antisionista Ikhras l’ha accusata di nutrire “orribili sentimenti razzisti verso gli afro-americani”. Inoltre, ha definito la Sarsour come personaggio pubblico “una farsa piena di finzione ed esagerazione” e l’ha dipinta come una falsa religiosa, priva di qualsiasi bussola morale e di “autentiche convinzioni o veri principi”.

Ho scoperto che la Sarsour ha risposto a chi le ha mosso critiche con volgarità al vetriolo. Con l’eleganza e la grazia che la contraddistinguono, l’attivista ha detto a proposito di Brigitte Gabriel e Ayaan Hirsi Ali, due eminenti anti-islamiste (la seconda è stata vittima di mutilazione genitale femminile): “Vorrei poter togliere loro la vagina, non meritano di essere donne”.

Ho scoperto che la Sarsour, una donna insignificante, che si veste male e indossa un ingombrante hijab, indulge nella vanità civettuola. Si vanta pubblicamente della sua “bellezza mozzafiato”, dice: “Io sono bella” e dichiara entusiasta: “Che bell’autoscatto!”. Inoltre, la Sarsour si sopravvaluta maldestramente, definendosi, ad esempio, una “persona straordinaria”.

Questa lunga lista di incompetenza, estremismo, volgarità ed eccentricità mi induce a chiedermi come gli islamisti e la sinistra spasimino per Linda Sarsour. Se lei è la loro tanto decantata star, allora i conservatori possono dormire sonni tranquilli.

(*) Traduzione a cura di Angelita La Spada

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:07