Una, dieci, cento Americhe

Qualche giorno fa il presidente Donald Trump ha emanato una direttiva federale, dichiaratamente per affossarne una promossa da Barack Obama: quella che - accogliendo una richiesta dei transgender - consentiva l’utilizzazione dei gabinetti pubblici, anche scolastici, in base alle proprie sensibilità sessuali, e dunque abolendo le consuete rigide separazioni tra maschi e femmine.

La direttiva ora voluta da Trump affida a ogni singolo Stato la decisione definitiva sulla gestione della delicata faccenda. Pare che la Virginia abbia accolto la delibera e ripristinato i gabinetti separati per sesso mentre altri Stati, dal Colorado a New York, da Washington alla California, continueranno nella direzione “liberal” sostenuta da Obama.

Qui non intendo scendere sul terreno dei diritti civili con le relative problematiche, mi stupisce invece che nessuno si sia chiesto come sia possibile che soggetti di rilievo istituzionale – come sono i 50 Stati americani – possano respingere e non applicare una delibera federale; o, comunque, che tra Stati che sono parti di una stessa Nazione possano esservi così rilevanti divergenze e disparità di comportamento. Già, perché in America ci sono, vivi e vitali, 50 Stati. Come mai?

La nozione che negli Usa (attenzione all’acronimo!) vi siano veri e propri Stati che rivendicano una serie di diritti e prerogative nei confronti del governo federale, non è molto diffusa, direi anzi che è inesistente. È a seguito di questa disattenzione che è nata la forte indignazione e deplorazione per il fatto che Trump ha vinto le elezioni pur avendo raccolto due milioni di voti popolari in meno rispetto a Hillary Clinton. La cosa è vera, ma non può costituire motivo di scandalo: il Presidente degli Stati Uniti non viene eletto dal “popolo” ma dagli “Stati” o, più correttamente, dai delegati eletti nei singoli Stati. Questa norma deriva dal fatto che gli Stati Uniti sono - appunto - una Federazione di Stati, secondo quanto fissato nella Convenzione di Filadelfia del 1787. In quella storica assemblea, i 13 Stati che vi presero parte scelsero, sì, la via della Federazione, e non della Confederazione, ma circoscrivendo i poteri del governo federale (centrale) e lasciandone molti agli Stati in quanto tali. Al governo centrale sono affidati poteri dettagliatamente elencati nel testo sottoscritto a Filadelfia, tutti gli altri rimangono ai singoli Stati. Sotto un forte collante unitario, gli Stati Uniti restano una compagine composita e complessa. Al centro, a Washington, non c’è un Superstato, ma un governo che guida la compagine (“The Federal Government of the United States”).

Si pensi alla pena di morte. Pur essendo un Paese dove le cifre delle esecuzioni capitali sono da record, tredici Stati non la praticano, l’hanno abolita o la tengono sotto moratoria: Alaska, North Dakota, Hawaii, Iowa, Maine, Massachusetts, Michigan, Minnesota, New Jersey, Rhode Island, Vermont, Washington, West Virginia, Wisconsin. Anche le istituzioni scolastiche variano di Stato in Stato, così come altre normative. Il corpo di polizia federale, Fbi, nacque nel 1908 e acquistò la sua potenza e fama solo negli anni Trenta; prima le polizie erano nazionali e perfino, con gli sceriffi, locali. Ha un particolare significato anche una questione dall’apparenza puramente folkloristica: nelle ricorrenze pubbliche in molti Stati del Sud viene esposta, accanto alla nota bandiera a stelle e strisce orizzontali, anche la bandiera degli Stati Confederati che si proclamarono indipendenti dall’Unione ma vennero sconfitti nella guerra civile. Un po’ come se in Italia venisse esposto, accanto al Tricolore, l’emblema della Repubblica Sociale.

Si dirà che si tratta di questioni, appunto, folkoristiche, o comunque eredità di storie lontane e ormai desuete, da cancellare con un colpo di spugna. Questo possiamo dirlo noi, guardando dall’esterno, non lo diranno gli americani. La netta distinzione tra poteri federali e poteri degli Stati è un dogma, sul quale – per dire – il Partito Repubblicano, almeno fino all’arrivo di Trump, vegliava intransigentemente. La struttura federale era (e forse è ancora) per il Great Old Party, nemica e ostile all’individualismo del “Wasp” (“White Anglo-Saxon Protestant”), del “self-made man”. Meno intransigente è, nel merito, il Partito Democratico, rappresentante piuttosto di immigrati e di minoranze, per i quali era meno forte, e forse inesistente, il richiamo del “nativism” e necessaria invece la protezione del governo federale.

Ogni tanto, infine, la tentazione scissionista riappare qua e là. Il Texas (the “Lone Star State) si considera quasi autonomo da Washington, cui guarda con sospetto, e pare che, dopo l’elezione di Trump, anche la California comici a pensarci. Velleità? Forse, ma anche sintomi eloquenti. Francia è, per definizione, “una e indivisibile”, gli Usa sono semplicemente “uniti”. Una diversità profondamente culturale.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:07