La canea strumentale non ferma Trump

Sentire la vittoria in tasca e vederla sfumare per opera di un personaggio che, ai loro occhi, non era che un troglodita zotico e sbruffone, è stato troppo per un popolo di sinistra addestrato dall’abbronzato Barack Obama al “politically correct”. Se a questo si aggiunge che lo stesso Obama fino all’ultimo giorno di permanenza alla Casa Bianca non ha fatto altro che avvelenare i pozzi e dare la dritta per tenere banco per i mesi a venire, si comprendono le manifestazioni organizzate sfruttando, per quanto riguarda le donne, battute da caserma con protagonista “The Donald”.

Ma già in quelle manifestazioni si coglieva una deriva antidemocratica perché esse non erano accompagnate dal “tu sei il Presidente perché ti ha scelto la maggioranza, ma io sto da un’altra parte” che sarebbero state, se realmente pronunciate, ineccepibili. La sinistra americana, però, ha scelto la strada della contestazione diretta, perché il “Leitmotiv” delle manifestazioni era nettamente esplicito con il “Trump, tu non sei il mio Presidente” mentre risuonava ancora nelle orecchie la sprezzante frase di Hillary Clinton che definiva gli elettori di Trump “un branco di miserabili”.

Ma la deriva antidemocratica raggiungeva l’acme quando “l’intellighenzia” di sinistra (tremate gente, tremate) ha avuto l’ardire di teorizzare la necessità di togliere il diritto di voto a quanti non avevano il bagaglio culturale adeguato per capire cosa è giusto e cosa non lo sia. Il Paese più democratico al mondo avrebbe dovuto selezionare chi era nelle condizioni di far parte di una specie di gruppo “eletto” a scapito del suffragio universale. Non sorprende, quindi, il declassamento della democrazia americana, da “Democrazia piena” a “Democrazia imperfetta”, decisa da “L’Economist” che ha aggiunto, a scanso di equivoci, che il declassamento non è colpa di Trump ma di Obama.

Queste perle di saggezza, comunque, non appartengono solo agli obamiani residenti negli Stati Uniti, ma circolano anche in Italia come “salvagente” nei confronti degli esagitati populismi e lepenismi di casa nostra, dimenticando che la democrazia la si difende non restringendo gli spazi di partecipazione ma allargandoli. Purtroppo però abbiamo una sinistra che, con gli intellettualoidi che la circondano, ha smarrito ormai da tempo i valori della libertà e della democrazia.

Su quest’onda è in corso in tutto il mondo un pericoloso tentativo d’isolare il 45esimo Presidente degli Usa che sarà certamente sguaiato e non ha quel tatto che, per il ruolo che ricopre, non dispiacerebbe, ma rispetto al suo predecessore va al cuore dei problemi così come aveva promesso durante la campagna elettorale, e tenta di correggere i gravi problemi ereditati dalla vecchia amministrazione.

L’aver deciso di bloccare le delocalizzazioni industriali, di criticare l’Europa a trazione tedesca, di aver riallacciato i rapporti con la Russia per porre fine alle sanzioni, di voler affrontare assieme a Vladimir Putin la lotta finale al terrorismo, sono alcune scelte che vengono ignorate dalla “stampa tappetino” e da quella di sinistra, mentre i riflettori sono puntati tutti sul muro con il Messico (in larga parte già realizzato da Clinton) e sul blocco degli immigranti clandestini provenienti dai Paesi a rischio (Obama ne aveva espulso ben 2 milioni e mezzo, battendo ogni precedente record).

Ma anche se queste scelte sono state ignorate o minimizzate dalla stampa ostile, hanno convinto chi aveva scelto di sostenere Trump d’aver fatto la scelta giusta. Si vada, quindi, cauti col gridare “al lupo, al lupo”, quando il dissenso è sostanzialmente sulle scelte politiche e quando “The Donald” sta solo riempendo il vuoto lasciato dal più inutile e dannoso Presidente che gli Usa abbiano mai partorito.

Se Trump, comunque, dovesse diventare un reale pericolo per le istituzioni americane, ripeto istituzioni e non per le scelte politiche, economiche e di governo che sono legittime e che erano pubbliche e sono state sostenute dal voto popolare; se ciò dovesse avvenire non c’è da preoccuparsi più di tanto, perché i contrappesi di quella Nazione sono tali da poter difendere ogni valore di base mettendo in condizioni di non nuocere chi li volesse attentare, al contrario delle manifestazioni che nascono e si sviluppano, oggi negli Usa, come rivincita per la sconfitta elettorale patita.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:12