Gb, figli in provetta  “da 3 genitori”

La Gran Bretagna apre una nuova frontiera (o rompe un’altra barriera bioetica, a seconda dei punti di vista) sul terreno della sperimentazione di nuove tecniche per la riproduzione umana: arriva infatti il via libera ufficiale al concepimento in provetta di bambini destinati a nascere incrociando il Dna di tre persone diverse.

Una procedura all’avanguardia, comunemente detta dei “tre genitori”, che mira a evitare la trasmissione di malattie rare ereditarie per via materna, ma che suscita qua e là dubbi e controversie. A dare luce verde, dopo il parere favorevole annunciato due settimane fa da un comitato di esperti, è stata ieri la “Human Fertilisation and Embryology Authority” (Hfea), suprema istanza del Regno Unito in materia. E un primo team è già pronto ad agire, al “Newcastle Fertility Centre”, dove un bebè frutto di queste ricerche potrebbe vedere la luce entro la fine del 2017.

La tecnica consiste nella sostituzione del Dna contenuto nelle centraline energetiche della cellula (mitocondri) della madre portatrice del “difetto” ereditario con quello di una donna sana. Anche se - nel giudizio di studiosi come Carlo Alberto Redi, direttore del laboratorio di Biologia dello sviluppo all’Università di Pavia, interpellato dall’Ansa - è tecnicamente “improprio parlare di tre genitori poiché la costituzione genetica del neonato deriva solo da un papà e una mamma e il Dna dei mitocondri non entra a costituire il genoma”.

D’accordo con Redi, diversi ricercatori inglesi - dalla professoressa Mary Herbert, in prima fila nello stesso Newcastle Fertility Centre; a Frances Flinter, docente di Genetica clinica al “Guy’s and St Thomas Foundation Trust” - che parlano rispettivamente di “opportunità enormemente gratificante” e di “notizia meravigliosa”. “È una decisione d’importanza storica”, fa loro eco Sally Cheshire, presidente dell’Hfea, assicurando peraltro che quello dell’organismo da lei diretto è stato “un via libera cauto” e circostanziato, soggetto a verifiche di “lungo periodo”. Cheshire si è del resto detta convinta che si tratti di una scelta destinata portare “benefici a molti pazienti”, indicando in almeno 3mila le coppie già in lista e considerate titolate a sottoporsi al trattamento. A confermare le aspettative terapeutiche sono giunti in questi giorni i risultati pubblicati da Nature di un test condotto dall’équipe di Shoukhrat Mitalipov, nel Centro di terapia genica dell’Università dell’Oregon (Usa), sulla possibilità effettiva di sfuggire al rischio di patologie genetiche veicolate dal Dna trasmesso solo dalla madre attraverso i mitocondri. E di farlo, appunto, rimpiazzando il Dna “viziato” nell’ovulo della persona toccata dall’anomalia con uno sano ‘donato’ da un’altra donna.

Non tutti gli scienziati sono però entusiasti, ricorda la Bbc. C’è chi teme esplicitamente che si possa scoperchiare un altro vaso di Pandora sul fronte della fecondazione assistita, nel nome di un approccio utilitaristico se non eugenetico. È il caso di David King, animatore del gruppo “Human Genetics Alert”, stando al quale - al di là delle intenzioni - si sta imboccando “un pendio scivoloso” di sfida alla natura umana. “Questo passo - sostiene King - apre in realtà la porta a un mondo di designing di bambini geneticamente modificati”.

(*) Per gentile concessione dell’Ansa

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:10