L’Islam protetto,   ma il Cristianesimo no

Sul più grande portale commerciale del mondo, Amazon, sono in vendita molti costumi di Halloween. Una delle novità del 2016 è il “Sexy burqa”, la palandrana tipica che i talebani e lo Stato islamico impongono alle donne. Ma il “Sexy burqa”, che su Amazon.uk era in vendita a 18,99 sterline, è scomparso in grande fretta.

Amazon, il colosso di Jeff Bezos, ha rimosso il prodotto dal sito web dopo essere stato subissato di accuse di “razzismo”, “islamofobia”, di commercializzare un indumento islamico con il volto bianco di una modella occidentalista e di usare “un oggetto religioso a fini commerciali”. “Siete disgustosi, la mia cultura non è il vostro costume”, hanno scritto tanti utenti di fede islamica. Altri hanno usato un tono più serio: “Chiunque tu sia, devi temere Allah. Questo non è uno scherzo”.

Un portavoce di Amazon ha risposto prontamente ai clienti: “Tutti i nostri venditori devono seguire le nostre linee guida e coloro che non lo fanno saranno soggetti a una azione di rimozione. Il prodotto in questione (il Sexy burqa, ndr) non è più in vendita”.

Dunque questa parodia di Halloween del simbolo globale di oppressione della donna è stata censurata. E proprio perché il velo islamico è totalmente in contrasto con i valori occidentali di libertà, uguaglianza e della dignità umana che questa mentalità progressista relativistica lo difende fedelmente, come fa con il burkini.

Ma qui c’è anche un doppio standard. Che dire infatti della “Sexy suora”, l’abito di Halloween che sbeffeggia la Chiesa Cattolica? Nonostante le proteste dei consumatori cattolici, la “Sexy suora” è rimasta in vendita su Amazon. Non era questa una forma di “cristianofobia”? Inoltre, una suora è una figura religiosa, mentre il burqa è un semplice abito.

Prendiamo il Guardian, il più famoso quotidiano della sinistra liberal britannica. Quando il gruppo delle Pussy Riot si introdusse nella Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca esibendosi in uno show di tre minuti ritenuto offensivo, per il quale due delle tre artiste finirono in carcere per non aver sconfessato il testo (la terza si scusò per evitare la galera), il Guardian le difese parlando di “pura poesia di protesta”. Quando il gruppo politica Pegida esortò la gente a protestare contro l’islamizzazione in Germania, lo stesso quotidiano tuonò contro il movimento definendolo “un vampiro da uccidere”. Il doppio standard è emerso anche nel corso della lotta contro la costruzione di una moschea vicino a Ground Zero, quando il quotidiano britannico si schierò dalla parte della comunità musulmana.

Nel gennaio 2006, il più famoso vignettista norvegese, Finn Graff, disse di essere stato censurato per una vignetta su Maometto. Graff non aveva mai avuto problemi per aver preso in giro i cristiani, che raffigurava con camicie brune e svastiche. Fu anche l’autore di una serie di controversi disegni contro Israele, uno dei quali ritraeva il premier israeliano Menachem Begin come il comandante di un campo di concentramento nazista. La stessa cosa accadde al regista tedesco-americano Roland Emmerich che ha diretto numerosi film catastrofici. Desistette dall’idea di distruggere sul grande schermo il luogo più sacro dell’Islam per paura di attirarsi addosso una fatwa (un editto religioso) che chiedesse la sua morte. Per il suo film 2012, Emmerich avrebbe voluto demolire la Kaaba, l’iconica struttura a forma di cubo che si trova nella Grande Moschea della Mecca. “Si può effettivamente lasciare che simboli cristiani vengano fatti a pezzi, ma se volete farlo con un simbolo arabo, vi potrebbe capitare una fatwa”, disse Emmerich. Almeno è stato onesto.

Dopo il massacro della maggior parte della redazione del settimanale satirico francese, Charlie Hebdo, tutti i grandi quotidiani liberal occidentali, i network televisivi e le agenzie fotografiche, a cominciare dai “Big Three” (Msnbc, Cnn e Ap), fecero a gara nel giustificare la vergognosa decisione di censurare la copertina di Charlie Hebdo, quella in cui c’è Maometto che piange e che dice “tutto è perdonato”. La Cnn disse di nutrire “preoccupazioni per la sicurezza dei lavoratori e per la sensibilità del suo pubblico musulmano”. Un anno dopo, quando Charlie Hebdo pubblicò una nuova copertina che raffigurava un “Dio killer” giudeo-cristiano anziché il profeta islamico, la Cnn la mostrò. Nel 2015, la Bbc descrisse la copertina senza mostrarla, scelta che non ripeté l’anno dopo, quando diffuse la nuova copertina anticristiana di Charlie. Lo stesso doppio standard arriva dal quotidiano conservatore britannico Daily Telegraph, che tagliò la copertina con la caricatura del Maometto e ne pubblicò una con il Dio abramitico. L’Associated Press nel 2015 censurò le vignette islamiche di Charlie Hebdo. Motivo? “Deliberatamente provocatorie”. Nel 2016, l’agenzia di stampa non ha avuto alcun problema a mostrare la nuova copertina che non raffigurava Maometto ma il Dio giudeo-cristiano.

Questo doppio standard delle élite liberal era già emerso quando il New York Times, per “rispetto” nei confronti della fede islamica, aveva deciso di censurare le vignette su Maometto di Charlie Hebdo. Salvo poi decidere, in totale mancanza di rispetto, che Gray Lady poteva e doveva pubblicare l’opera “Eggs Benedict” di Niki Johnson, esposta al museo d’arte di Milwaukee e in cui profilattici di vario colore formano il volto del Papa Benedetto XVI.

Il “Califfo” dello Stato islamico, Abu Bakr al-Baghdadi, ridicolizzato da Charlie Hebdo ha fatto scattare l’autocensura per “hate speech”, istigazione all’odio, mentre l’opera di Chris Ofili “La Santa Vergine Maria”, in cui la madre di Gesù è ricoperta di feci e genitali, quella è stata tutelata dal New York Times come “free speech”, libertà di parola. Questo significa forse che alcune religioni sono più privilegiate rispetto ad altre? Se un imam protesta in modo violento contro qualcosa, le élite liberal sostengono sempre la falsa accusa di “islamofobia”. Se a protestare pacificamente è un vescovo cattolico, quelle stesse élite glissano sulla protesta in nome della “libertà di espressione.

Dimenticate il “Sexy burqa”. La notte di Halloween solo la “Sexy suora” è disponibile, mentre il “Califfo” al-Baghdadi può stuprare impunemente le sue schiave del sesso yazide e cristiane.

(*) Gatestone Institute

(**) Nella foto: lo spot del costume offensivo – o dell'ipocrisia. Amazon, il portale commerciale on-line, ha rimosso il costume del “Sexy burqa” (a sinistra) dopo essere stato subissato di accuse di islamofobia. Nonostante le proteste dei consumatori cattolici, il costume della “Sexy suora” (a destra) è rimasto in vendita su Amazon.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:59