Donald Trump sarà  un grande Presidente

L’esito delle elezioni americane si può condensare in una sola frase: il popolo americano ha fatto giustizia! Donald Trump è il nuovo presidente degli Usa. Personalmente non ho mai avuto dubbi in merito. Il perché è facile da dirsi. Gli americani, per loro estrazione culturale, hanno quale unico riferimento il concetto di libertà, che si erge soprattutto a difesa della dignità di ogni essere umano. Trump non ha fatto altro che basare la sua campagna su questo elementare concetto.

Lo scorso aprile ho pubblicato il libro “Senator Trump saves Amerika”. La versione italiana originale, edita dall’Opinione nel gennaio scorso, ha per nome “Europa latitante”, e il suo aggiornamento del mese di febbraio pubblicato su Amazon si chiama, guarda caso, “La strategia Obama del caos generalizzato”.

Lo stesso “caos” attribuito, nei confronti di Hillary Clinton, alla politica statunitense applicata in Medio Oriente, per il quale imploravo nel mio scritto che “qualcuno” ne prendesse conoscenza, così come anche delle precise responsabilità che gli Usa hanno avuto in tutto questo. L’America è un grande Paese, simbolo per tutto il mondo di Libertà e valorizzazione dell’essere umano. Lo è e resterà tale anche per me! Non per questo, però, bisogna chiudere la nostra visione a ciò che accade solo all’interno degli Stati Uniti, ma anzi dovremmo necessariamente allargare la visione a che cosa, in particolare Barack Obama, ha generato in politica internazionale, soprattutto in Medio Oriente e nel Mediterraneo. È andata forse contro ai princìpi sui “diritti dell’uomo” e l’autodeterminazione dei popoli”, pur di salvare il primato economico degli Usa in campo mondiale, messo fortemente in discussione dalla crisi economica del 2007?

Ecco, “Senator Trump saves Amerika” volge anche a sviluppare questo interrogativo. In particolare, nella parte conclusiva del libro, dove prendo in esame gli effetti sociali della radicalizzazione dell’Islam deviato in Europa e dei disastrosi risultati ottenuti con la mera accettazione di forme di multiculturalismo, quali quelle che ancora oggi si possono osservare in Francia (banlieue parigine), Belgio (quartieri periferici a nord di Bruxelles e altre città), Inghilterra, ecc.), cito espressamente il caso americano: “…E che dire degli Stati del Nord America (Usa e Canada), dove la popolazione musulmana sfiora il 2 per cento. Beh, negli Usa si è giunti quasi a una forma di emarginazione del credo musulmano. Nonostante la forte influenza che ancora oggi ha il “Council on American-Islamic Relations (Cair)”, in particolare sulla classe dirigente del Partito Democratico statunitense, in primo luogo sul Presidente Obama, il mood popolare nei confronti dell’Islam è giunto a un punto di criticità mai registrato in passato. L’essere musulmano, agli occhi dei più, significa essere un potenziale terrorista! Il che ha provocato una generale fuga, in particolare degli sciiti di origine iraniana, verso forme di agnosticismo che, pur consentendogli una quasi totale integrazione, li ha sicuramente allontanati dal credo religioso. Per chi professa il credo sunnita, si è giunti a forme di autonoma “ghettizzazione” (forse anche per loro volontà) che pur spingendo verso la convivenza interreligiosa, attraverso la manifesta e piena accettazione dei princìpi costituzionali Usa, differenziano notevolmente le comunità musulmane dalle altre. D’altra parte, lo stesso Senatore Repubblicano Donald Trump, preso ovviamente da spinte elettorali, si è fatto interprete di questi sentimenti annunciando che “bisognerebbe bloccare l’ingresso degli islamici negli Stati Uniti, allo scopo di poter riflettere sulle possibili negative future conseguenze sull’integrazione” e si è spinto, in un comizio nel South Carolina, sino a dire che gli Usa dovrebbero considerare l’idea di ‘chiudere Internet e i social media’, per arginare la diffusione degli estremisti on-line. Parole indubbiamente dure, ma non prive di fondamento. A me, in particolare, queste parole mi riportano al periodo del Maccartismo e a ciò che ne è stato fatto del comunismo negli Stati Uniti. Non vorrei sbagliarmi, ma quanto sta accadendo negli Usa va sempre più verso una visione “politica” estremamente radicalizzata dell’Islam, forse proprio in contrapposizione al fatto che il sentimento popolare incomincia a sentirsi tradito dalle stesse politiche attuate, spesso in modo occulto, dall’amministrazione americana, in particolare quella del presidente Obama. Non si tratta di mettere in discussione la legittimità dell’Islam quale credo religioso, bensì la valenza politica dell’Islam che va sempre più prendendo piede. Per comprendere questo fenomeno, la Tunisia ancora una volta ci può dare una mano. All’interno del partito islamista al-Nahda, infatti, il capo Rached Ghannouchi già da tempo insiste per voler separare la parte “religiosa” dal pensiero politico del partito. Ovviamente lui per primo si è reso conto che l’ideologia teocratica dell’Islam deve essere sradicata dal contesto politico tunisino che, per contro, ha sposato a pieno titolo lo Stato di Diritto! Questo piccolo particolare, se valutato degnamente negli Stati Uniti, potrebbe ridurre l’Islam allo stesso livello di quanto fu fatto nel periodo del maccartismo per l’ideologia comunista di allora”.

In conclusione, il voto americano per il Presidente Trump non è altro che la riaffermazione dell’orgoglio americano e la ferma volontà popolare a preservare la propria identità. Indubbiamente, non solo il futuro degli Usa, ma (me lo auguro con tutto il cuore) il futuro dell’umanità incomincia da domani a colorarsi di rosa. Non il colore della Clinton, ma quello del sole che irradia l’orizzonte dopo la tempesta.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:02