Renzi dice no a nuove sanzioni contro Mosca

Si dice che anche un orologio guasto due volte al giorno segni l’ora esatta. Così può capitare che anche Matteo Renzi faccia, una tantum, la cosa giusta.

Al Consiglio europeo di Bruxelles di ieri l’altro, con un astuto ribaltamento di posizione, il nostro premier ha impedito il varo di nuove sanzioni alla Federazione Russa, volute dai “grandi” dell’“asse carolingio” per contrastarne l’interventismo pro-Assad dimostrato nella crisi siriana. Renzi è ricorso al potere di veto, concesso per statuto a ogni Paese membro dell’Unione europea, sul documento conclusivo del vertice che nella sua prima stesura recitava: “L’Ue sta valutando tutte le opzioni, comprese ulteriori misure restrittive nei confronti di persone e di entità che sostengono il regime (di Bashar al-Assad, n.d.r.), qualora continuassero le atrocità in atto”, per approdare ad un più generico “l’Ue sta prendendo in considerazione tutte le opzioni disponibili, se le atrocità correnti continuano” del testo finale. La mossa di Renzi di evitare che si lanciasse da Bruxelles un altro siluro contro Vladimir Putin per il ruolo che ha assunto di “lord protettore” del regime siriano è stata in un certo qual modo obbligata. L’ennesimo giro di vite nei confronti di Mosca avrebbe posto una pietra tombale sulle residue intese commerciali che sostengono l’import-export tra l’Italia e la Russia.

Ma la scelta di Renzi si è rivelata opportuna ben oltre le strette ragioni economiche. È da un po’ che con Mosca l’Occidente sta tirando la corda nell’illusione, errata, che si possa averne ragione mostrando i muscoli e facendo la faccia truce. Un’assoluta idiozia! La chiave del successo in patria di Putin sta nell’aver fatto leva su di un sentito revanscismo nazionale, nel rivendicare, per il suo Paese, la condizione di protagonista della scena mondiale. E con un player di tale grandezza è più salutare avere una politica di dialogo e di alleanza in vista del conseguimento di specifici obiettivi a ricaduta globale, come ad esempio la lotta al terrorismo islamico, piuttosto che incaponirsi in un braccio di ferro senza sbocchi costruttivi.

Renzi, a cui mai abbiamo negato l’astuzia, dopo aver capitalizzato il sostegno del presidente Barack Obama alla sua riforma costituzionale, ottenuto durante la recente cena-spettacolo alla Casa Bianca, è tornato a guardare al cortile di casa e cosa ha visto? La potentissima “flotta del Baltico” in assetto di guerra attraversare il Canale della Manica per fare rotta verso il Mediterraneo. La decisione del Cremlino di muovere la flotta per “chiudere” di fatto il settore orientale del mar Egeo mostra la volontà di Putin di andare fino in fondo sulla questione siriana, anche a costo di mettere a rischio la stabilità degli equilibri internazionali. Per Renzi rompere con Mosca quando le sue navi incrociano a largo delle coste italiane non sarebbe stato saggio. Soprattutto se si considera il fatto che solo alcuni giorni fa il governo italiano aveva obbedito all’ordine della Nato di predisporre l’invio di un proprio contingente militare da aggregare alla forza d’impatto dell’Alleanza da schierare in Lettonia, in prossimità del confine con la Federazione Russa. Vista la reazione negativa del Cremlino per il voltafaccia italiano, il “niet” renziano dato a Bruxelles può essere letto come un parziale gesto di riparazione verso l’interlocutore moscovita.

È il trionfo dell’italica politica del “un colpo al cerchio e un altro alla botte”, con la quale il nostro presidente del Consiglio conta di barcamenarsi sulla scena internazionale, lui orcio di terracotta tra botti di ferro. Funzionerà? È possibile che, nell’immediato, il cerchiobottismo lo tenga a galla. Ma per quanto tempo? Ciò che appare evidente è che, prima o dopo, tutti i nodi della crisi Usa-Ue-Federazione Russa verranno al pettine e ci sarà da decidere da che parte stare. Non sarà un momento facile per nessuno, perché le conseguenze di scelte sbagliate potrebbero rivelarsi irreversibili. Auguriamoci per il bene del nostro Paese che, giunta l’ora, a Palazzo Chigi non ci sia più lui, Matteo il funambolo: l’ultima capriola potrebbe non venirgli bene.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:10