L’Europa dibatte sull’uso del burkini

giovedì 15 settembre 2016


La città francese di Nizza ha revocato il controverso divieto del burkini musulmano dopo che un tribunale ha stabilito che divieti del genere sono illegali. E così hanno fatto anche Cannes, Fréjus, Roquebrune e Villeneuve-Loubet, anche se il bando resta in vigore in almeno 25 altre città della costa francese.

Il disaccordo sul burkini – un neologismo che fonde le parole burqa e bikini – ha riacceso un dibattito di lunga data sul codice di abbigliamento islamico in Francia e in altri Stati laici europei (vedi l’Appendice qui di seguito all’articolo).

Il 26 agosto, il Consiglio di Stato francese, la più alta corte amministrativa del paese, ha stabilito che le autorità municipali di Villeneuve-Loubet, una località costiera della Riviera francese, non avevano diritto a vietare il burkini. L’Alta Corte ha rilevato che il bando – che era stato emesso dopo l’attacco jihadista che ha avuto luogo a Nizza il 14 luglio e nel quale hanno perso la vita 86 persone – è stato “una violazione grave e apertamente illegale delle libertà fondamentali, compresa la libertà di movimento e la libertà di coscienza”. I giudici hanno stabilito che le autorità locali potrebbero limitare le libertà personali solo ci fosse un “comprovato rischio” per l’ordine pubblico. Ma in questo caso, essi hanno dichiarato che non c’era alcuna prova di un rischio del genere.

Sebbene la sentenza si applichi solo al divieto imposto dal Comune di Villeneuve-Loubet, secondo gli osservatori essa costituirebbe un precedente legale per altre 30 città e paesi che hanno posto in essere la messa al bando del burkini.

La decisione del Consiglio di Stato ha annullato una sentenza di un tribunale di grado inferiore, emessa il 22 agosto, secondo la quale il divieto del burkini era “necessario, appropriato e proporzionato” all’obiettivo di garantire l’ordine pubblico.

Ricorsi sono stati presentati dal Collettivo contro l’islamofobia in Francia (Ccif) e dalla Lega per i diritti umani (Ldh). I due gruppi hanno promesso di intentare causa contro ogni Comune che ha emesso un divieto sul burkini, che a loro dire viola la libertà religiosa dei musulmani in Francia.

Patrice Spinosi, un avvocato dell’Ldh, ha detto che in assenza di una comprovata minaccia all’ordine pubblico, l’Alta Corte “ha stabilito e dimostrato che i sindaci non hanno alcun diritto di porre limiti all’ostentazione dei simboli religiosi negli spazi pubblici. È contrario alla libertà di religione, che è una libertà fondamentale. Al contrario, i fautori del divieto – appartenenti a tutto lo spettro politico – sostengono che il burkini è un indumento politico e non religioso.

Scrivendo per Le Figaro, il commentatore francese Yves Thréard ha rilevato che: “Lo scenario peggiore sarebbe che il dibattito si trascinasse e sconfinasse in considerazioni totalmente estranee a questa oltraggiosa tenuta. Laicità e religione sono qui irrilevanti. Il burkini non è una prescrizione coranica, ma un’altra espressione dell’Islam politico, militante, distruttivo, che cerca di rimettere in discussione il nostro stile di vita, la nostra cultura, la nostra civiltà. Velo a scuola, preghiera in strada, menù scolastico halal, apartheid sessuale nelle piscine, negli ospedali, nelle scuole guida, niqab, burqa... da trent’anni questa infiltrazione mina la nostra società, cercando di destabilizzarla. È tempo di sbattergli la porta in faccia. Yusuf al-Qaradawi, il famoso predicatore egiziano, già conferenziere in Francia ci aveva avvisato: ‘Vi colonizzeremo con le vostre leggi democratiche’. Con la nostra indifferenza e ingenuità, da tempo siamo complici di questa impresa funesta e subdola”.

Secondo il premier francese Manuel Valls, il burkini è “l’affermazione dell’Islam politico nei luoghi pubblici. In un’intervista a La Provence, Valls, un socialista, ha detto: “Appoggio coloro che hanno emesso i divieti. (...) Le spiagge così come ogni altro spazio pubblico, devono essere preservate dalle rivendicazioni religiose. Il burkini è la traduzione di un progetto politico, di contro-società, fondato tra l’altro sull’asservimento della donna. Dietro il burkini c’è l’idea che per natura le donne sarebbero impudiche, impure, che dovrebbero dunque essere completamente coperte. Questo non è compatibile con i valori della Francia e della Repubblica. Di fronte alle provocazioni, la Repubblica deve difendersi”.

Anche Laurence Rossignol, ministra socialista delle Famiglie, dell’Infanzia e dei Diritti delle donne, ha detto di essere favorevole al divieto del burkini. In un’intervista a Le Parisien, ella ha dichiarato: “Il burkini non è una nuova linea di costumi da bagno. È la versione da spiaggia del burqa e ha la stessa logica: coprire i corpi delle donne per poterli controllare meglio. Dietro questo c’è una visione profondamente arcaica del posto della donna nella società. C’è l’idea che per natura, le donne sarebbero impure e impudiche e pertanto dovrebbero nascondere il loro corpo, farlo sparire dagli spazi pubblici. Il burkini agita così tanto a causa della sua dimensione politica collettiva. Esso non riguarda solo le donne che lo indossano. Il burkini è il simbolo di un progetto politico che è ostile alla diversità e all’emancipazione”.

L’ex presidente francese Nicolas Sarkozy, che di recente ha annunciato che si candiderà alle elezioni presidenziali del 2017, ha detto che se sarà eletto potrebbe “modificare la Costituzione” e spingere per un divieto nazionale del burkini. In un comizio elettorale del 26 agosto, Sarkozy, un conservatore, ha dichiarato: “Sarò il presidente che ristabilirà l’autorità dello Stato. Voglio essere il presidente che garantisce la sicurezza della Francia e di ogni persona... Mi rifiuto di permettere che il burkini si imponga sulle spiagge e nelle piscine francese (...) ci deve essere una legge che lo vieta in tutto il territorio della Repubblica. La nostra identità è minacciata se accettiamo un politica in materia di immigrazione che non ha senso”.

In un’intervista a Le Figaro, Sarkozy si è soffermato su questo punto: “Indossare il burkini è un atto politico militante, una provocazione. Le donne che lo indossano saggiano la resistenza della Repubblica francese. Se non mettiamo fine a questo, vi è il rischio che entro dieci anni, le ragazze musulmane che non vogliono indossare il burkini o il velo saranno stigmatizzate e obbligate a farlo”.

Henri Leroy, sindaco di Mandelieu-La-Napoule, una delle prime città francesi che ha vietato il burkini, ha detto che bisognerebbe ricordare agli abitanti musulmani che “innanzitutto sono francesi e poi viene la confessione musulmana”. Egli ha aggiunto: “La nostra Repubblica ha tradizioni e costumi che devono essere rispettati”.

Secondo il sindaco conservatore di Cannes, David Lisnard, il burkini è “una divisa che è simbolo dell’estremismo islamico”. Thierry Migoule, direttore generale dei servizi municipali di Cannes ha asserito che il burkini è “una tenuta ostentata che indica appartenenza a movimenti terroristici che ci hanno dichiarato guerra”.

Il sindaco di Fréjus, David Rachline, ha scritto che la decisione del Consiglio di Stato è stata una “vittoria per l’Islam radicale, l’Islam politico, che avanza nel nostro Paese”. Lionnel Luca, il primo cittadino conservatore di Villeneuve-Loubet, ha affermato che il divieto del burkini era necessario per “contrastare l’islamizzazione rampante che progredisce nel nostro paese”. egli ha aggiunto che la decisione dell’Alta Corte “invece di tranquillizzare, non può che riaccendere passioni e tensioni”.

Ange-Pierre Vivoni, sindaco socialista della città corsa di Sisco, ha imposto un divieto sul burkini “per proteggere la popolazione” a seguito della furia musulmana scatenatasi il 14 agosto, quando un turista ha fotografato alcune donne in burkini che nuotavano in un torrente. Più di 400 persone hanno finito per partecipare alla rissa in cui i corsi del posto si sono scontrati con migranti nordafricani. Il giorno seguente, più di 500 corsi si sono riuniti in strada gridando: “Alle armi! Questa è casa nostra!”

I sondaggi d’opinione mostrano un ampio sostegno pubblico ai divieti del burkini. Secondo un sondaggio Infop pubblicato da Le Figaro il 25 agosto, il 64 per cento dei francesi è contrario all’uso del burkini in spiaggia; solo il 6 per cento è a favore. Il direttore dell’Ifop, Jérôme Fourquet, ha detto: “Le percentuali sono simili a quelle rilevate ad aprile riguardo all’uso del velo e del foulard nelle strade pubbliche (con il 63 per cento contrario). Le spiagge sono equiparate alle strade, dove anche l’ostentazione di simboli religiosi viene respinta da due terzi dei francesi”.

(*) Gatestone Institute

Traduzione a cura di Angelita La Spada


di Soeren Kern (*)