L’Iran calpesta ancora i princìpi democratici

Anche se una parte considerevole della comunità internazionale vuole far credere e sperare in un’attualità iraniana diversa, decisamente più democratica e rispettosa della dignità umana, ciò che quotidianamente captiamo non è altro che la sistematica violazione dei diritti umani nel Paese. Un recente rapporto della “International Campaign for Human Rights in Iran” rende noto il trattamento riservato alle detenute politiche del carcere di Evin, in Iran. Una proposta transnazionale per l’affermazione dello stato di Diritto non può ignorare come in alcuni Paesi la sistematica violazione dei diritti delle donne e della parità di genere rappresenti il primo passo da compiere per affrontare l’attualità politica dei diritti umani e delle Convenzioni Internazionali, che Paesi come l’Iran, comunque, hanno sottoscritto e successivamente non rispettano.

Il rapporto sulle detenute del carcere di Evin evidenzia una spaventosa regolarità nel trattamento inumano di queste donne, colpevoli solo di voler esercitare libero pensiero e di esprimere la propria opinione: cure mediche e ricoveri ospedalieri negati, rigorose restrizioni al “diritto di visita” da parte dei familiari, permessi spesso negati anche ai bambini delle detenute, negazione di un regolare contatto telefonico con i propri cari e una non adeguata alimentazione per le “ospiti” della struttura. La campagna intrapresa invita la magistratura iraniana, che ha competenza sulle prigioni iraniane, a rivedere immediatamente i casi di queste detenute. “Queste donne, che non hanno fatto altro che esprimere pacificamente la loro opinione, non dovrebbero essere proprio imprigionate e ora soffrono anche condizioni disumane e gravi problemi di salute” ha dichiarato Hadi Ghaemi, direttore della Campagna internazionale per i diritti umani in Iran.

Il rapporto elenca le gravi violazioni registrate:

L’infermeria della prigione è senza medici specialistici e spesso mancano i farmaci adeguati;

I trasferimenti in ospedale per trattamenti e operazioni urgenti sono regolarmente negati;

Le razioni di cibo nella struttura penitenziaria non sono sufficienti e non forniscono un’adeguata alimentazione;

I colloqui e le visite da parte dei parenti e degli amici sono fortemente limitati, anche quando si tratta di bambini che si recano in visita alle proprie madri;

A volte, durante il periodo invernale i detenuti sono privati del calore.

Queste donne sono state rinchiuse in cella con pene che variano da uno a venti anni, per reati politici e per diversa fede religiosa. Proprio perché prigioniere politiche subiscono condizioni estreme e più severe rispetto agli altri detenuti. Il rapporto mostra che tali condizioni violano le stesse leggi della Repubblica iraniana. Dal 2005, inoltre, nessun organismo delle Nazioni Unite ha ricevuto il permesso dalla Repubblica di potersi recare in visita ispettiva in qualsiasi reparto della struttura penitenziaria di Evin. Questo è il comportamento dell’ “Iran moderato” che una parte dell’informazione e della classe politica vorrebbe far credere. Per i cittadini e gli imprenditori occidentali resta negato quel dovuto “diritto alla conoscenza” che rappresenta il diritto ad essere informati sull’attualità giuridica e politica anche dello Stato iraniano e sulle continue violazioni di tutti i diritti fondamentali che il regime continua a perpetuare nei confronti del proprio popolo come recentemente riportato nel Rapporto 2016 di Nessuno tocchi Caino.

(*) Consiglio direttivo di Nessuno tocchi Caino

(**) Presidente del Global Committee for the Rule of Law – Marco Pannella

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:12