Riflessioni turche

Sono già migliaia gli arresti effettuati dalla polizia turca per ordine del presidente Erdogan dopo il fallito golpe militare e a finire in carcere non sono solo ufficiali e militari golpisti, ma professori universitari, insegnanti delle scuole, giudici, giornalisti, dirigenti dello Stato. Insomma un repulisti in piena regola, degno di dittature che abbiamo conosciuto negli anni Sessanta in Asia e in America Latina.

Erdogan ha esteso lo stato di emergenza per i prossimi tre mesi e il vice premier turco Numan Kurtulmuş ha annunciato in televisione la sospensione della Convenzione europea dei diritti umani. Peggio di questo nessuno si poteva aspettare in Turchia dal tentato golpe dei giorni scorsi, se non forse proprio Erdogan e i suoi fedeli. Ma allora a chi poteva giovare un colpo di Stato concepito e realizzato nel peggior modo possibile?

Secondo i manuali dei colpi di Stato effettuati nella storia recente, la prima mossa da fare è arrestare il capo dello Stato e i suoi ministri. Perché invece i militari turchi non hanno arrestato nessun membro del governo? Perché hanno bombardato la residenza ufficiale di Erdogan, un’ala peraltro periferica, solo dopo che il presidente era fuggito per l’aeroporto? Perché gli ufficiali golpisti, tra i migliori dell’esercito turco, hanno tentato un colpo di Stato con poche centinaia di soldati, di unità di fanteria mista e qualche carro armato e alcuni veicoli blindati, neppure coinvolgendo le forze speciali o i reparti di élite apprezzati e rinomati in tutto il mondo? Le immagini dei pochi soldati, poco armati e poco convinti, che occupano la televisione di Stato sono emblematiche.

Alcuni soldati “golpisti” arrestati hanno dichiarato di aver ricevuto l’ordine di uscire armati dalle caserme solo in tarda serata, per motivi di ordine pubblico, gli è stato detto dai loro ufficiali, e si sono resi conto che erano impegnati in un golpe solo quando hanno visto centinaia di persone pararsi di fronte ai loro veicoli e assaltare i carri armati. Un dilettantismo disarmante che non rende onore alla fama dei militari turchi. Invece sono apparsi organizzatissimi i fedeli di Erdogan, che rispondendo immediatamente all’appello del loro presidente su FaceTime sono scesi in piazza, spesso coordinati da funzionari di polizia per contrastare i soldati golpisti e manifestare il loro sostegno per il presidente. Certo è inconsueto che un presidente inviti i suoi cittadini a scendere in piazza con l’invio di messaggi sui loro cellulari e chieda agli imam di utilizzare i megafoni dei minareti per incitare la folla a difendere la democrazia invece di consigliare la popolazione civile a rimanere in casa e lasciare che le forze lealiste resistano ai militari golpisti. Il rischio di un bagno di sangue di civili poteva essere molto alto o forse Erdogan sapeva che non ci sarebbe stato alcun bagno di sangue e che i soldati golpisti avrebbero deposto le armi di fronte alla folla? E perché nella notte del golpe, ore dopo che la situazione andava risolvendosi a vantaggio delle forze lealiste, gli F-18 turchi si sono levati in volo, sorvolando a bassissima quota Istanbul e Ankara, a velocità supersonica, rompendo il muro del suono e terrorizzando le persone scese in piazza?

Eppure i militari turchi golpisti che giovedì scorso hanno dato l’impressione di non sapere bene quello che stavano facendo, nei colpi di Stato del 1960, del 1971 e del 1980 dimostrarono pienamente la capacità di rovesciare regimi politici non graditi. Nel golpe del 1960 i generali golpisti rimossero e impiccarono l’allora primo ministro Adnan Menderes. Forse i generali sono stati costretti ad accelerare il golpe senza averlo perfettamente pianificato; secondo alcune fonti, il ministro della Difesa turco, il fedelissimo di Erdogan, Fikri Işık, nominato solo nel maggio scorso, stava preparando in gran segreto una lista di alti ufficiali da rimuovere nelle prossime settimane perché sospettati di collusioni e complicità con il partito di Fethullah Gülen. Da qui la mossa disperata del tentato golpe.

Probabilmente Erdogan sapeva che qualcosa si tramava e forse aveva anche qualche doppiogiochista all’interno dei generali golpisti. Se questo scenario è verosimile, allora il presidente può aver lasciato fare i generali infedeli, preparando le contromisure. Il Mit, il potentissimo servizio segreto turco, diretto da uno degli uomini più fidati di Erdogan, il sottosegretario Hakan Fidan, ha orecchie ed occhi in tutti gli apparati dello Stato e appare praticamente impossibile che non abbia monitorato le attività di generali considerati ostili al regime presidenziale. Un tentativo di golpe era quello che Erdogan aspettava per liberarsi di quelle strutture, come l’esercito, che non era ancora riuscito a controllare completamente. La strada per la repubblica presidenziale con pieni poteri al capo dello Stato è ormai libera. Il Sultano sarà ora intoccabile fino alla fine dei suoi giorni.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 16:49