Il nemico del sultano

mercoledì 20 luglio 2016


Il presidente turco Erdogan lo ha accusato di essere il mandante del fallito golpe in Turchia: Fethullah Gülen è diventato il nemico giurato del Sultano di Ankara.

Ma chi è Fethullah Gulen? Nato 75 anni fa a Pasinler, una cittadina nel centro dell’Anatolia, figlio di un imam, una gioventù dedicata agli studi del sufismo di impostazione hanafita, generalmente considerata come la più liberale e tollerante nel sunnismo islamico. Divenuto anch'egli imām, nel 1966 si trasferisce a Smirne, dove ben presto diviene molto popolare e seguito da un grande pubblico di fedeli. La sua fama è poi cresciuta in tutta l'Anatolia e i suoi sermoni nelle moschee e in altri luoghi pubblici sempre più apprezzati, specie dagli studenti universitari, che sarebbero divenuti il futuro establishment della Turchia dei nostri giorni.

Negli anni Gulen diventa un personaggio pubblico eminente; crea un suo movimento, Hiznet (in lingua turca “il servizio”) che annovera migliaia di sostenitori, in tutte le fasce della società turca, stringe rapporti con i partiti di centro-destra ed è uno dei fondatori dell'Associazione per la Lotta contro il Comunismo.

Il pensiero politico di Gülen sostiene la necessità della coesistenza pacifica e del dialogo tra le civiltà su scala internazionale e auspica una rinascita del moderno mondo musulmano, in cui la Turchia svolga il ruolo di avanguardia. In molti paesi musulmani e non, il suo movimento ha aperto scuole ispirate al suo pensiero, destinate a promuovere una versione moderata dell'Islam. Ha promosso anche il dialogo interreligioso, incontrando leader religiosi ebrei e cristiani. Storico l’incontro con papa Giovanni Paolo II nel 1998.

I suoi sostenitori vedono il movimento di Gülen come una forma moderna e moderata dell'Islam, ispirata ad una interpretazione liberale e democratica della religione, che può fare da contrappeso all'estremismo islamico.

In Turchia, i sostenitori di Gulen sono nei gangli nevralgici dello stato; moltissimi sono i suoi seguaci nella magistratura, nelle forze dell’ordine e nelle forze armate. Anche in Parlamento Gulen gode della fiducia di molti deputati.

Nella seconda metà degli anni ’90, l’imam è uno dei primi sostenitori di Erdogan, allora sindaco di Istanbul; al futuro presidente Gulen mette a disposizione la rete del suo movimento Hiznet e la sua influenza. Nel marzo del 1999 a causa della grave situazione creatasi dopo l’intervento dei militari che deposero l’allora Primo Ministro Erbakan e posero agli arresti anche Erdoğan, Gülen decise di lasciare la Turchia e autoesiliarsi negli Stati Uniti e da allora vive nella cittadina di Saylorsburg. in Pennsylvania.

Negli ultimi anni i rapporti con Erdogan si sono però deteriorati; Gulen contesta al presidente turco la deriva autoritaria e i rapporti con i gruppi estremisti islamici. Nel 2013, quando un gruppo di magistrati turchi e ufficiali della polizia dettero l’avvio ad una imponente indagine giudiziaria che portò all’arresto per corruzione di numerosi esponenti di spicco del governo e del partito del presidente, fedelissimi di Erdogan, in molti, e per primo il Presidente turco, credettero che la mossa fosse stata ispirata e voluta dall’imam in esilio.

Erdogan arrivò a parlare di un tentativo di golpe bianco per defenestrarlo e nelle settimane successive ordinò la sostituzione di centinaia di alti ufficiali delle forze dell’ordine e di magistrati, sospettati di essere vicini al movimento Hizmet.

Ora ci risiamo con il fallito golpe militare: Erdogan punta il dito verso la Pennsylvania e accusa il vecchio Gulen di esserne il mandante e l’ispiratore. Le purghe nell’esercito sono già iniziate e centinaia di ufficiali superiori sono stati arrestati e altri rischiano il posto.

Da Saylorsburg, Fethullah Gulen respinge le accuse e ribatte insinuando che il golpe è falso ed è stato tramato da Erdogan per disfarsi di una fascia di ufficiali che erano contrari alla deriva autoritaria nel Paese e ad un radicalismo islamico.

Quale sarà il prossimo capitolo della lotta tra Erdogan e Gulen? Non possiamo restare a guardare ma dobbiamo sperare che il paese trovi un’immediata stabilizzazione. La Turchia è troppo vicina alle nostre coste e oltre tre milioni di disperati, fuggiti dalla Siria e dall’Iraq, dalle guerre e dai carnefici dell’Isis, che al momento sono trattenuti nei campi di accoglienza in Anatolia potrebbero essere “indotti a partire” in ogni momento con destinazione l’Europa.


di Paolo Dionisi