I consumi reali ignorano la Brexit

Le polemiche sulla Brexit, accompagnate da una sorta di terrorismo psicologico riguardo ai disastri che ne deriverebbero per l’economia europea, non hanno minimamente condizionato la propensione all’acquisto degli automobilisti del Vecchio Continente. Anzi, mentre i mercati di Stati Uniti e Canada registravano flessioni, l’Europa vedeva crescere al di là delle più rosee aspettative le immatricolazioni di nuove vetture.

Considerando che l’economia continentale sta attraversando una fase tutt’altro che soddisfacente, diventa chiaro che le pressioni psicologiche a proposito del rischio di uscita della Gran Bretagna dall’Unione hanno avuto ripercussioni sulle Borse ma non sui cittadini. L’effetto in Borsa è stato condizionato dagli speculatori che, volutamente, hanno generato panico tra i risparmiatori. Nella vita di tutti i giorni, quella legata anche all’acquisto di autovetture, le reazioni sono state invece di tutt’altro tenore. Così i mercati dell’Unione europea e dell’Efta (Islanda, Svizzera e Norvegia) sono cresciuti a maggio del 15,5 per cento proprio mentre gli Stati Uniti cedevano il 6,1% ed il Canada l’1,5%. Non è andata molto meglio al Giappone, in calo dell’1,4% mentre era facilmente prevedibile, in rapporto al disastro economico ed alla crisi politica, il crollo del Brasile che ha perso il 22,4%.

Tutti mercati che hanno poco a che fare con l’effetto Brexit. In Europa, invece, solo Irlanda e Svizzera hanno registrato una flessione mentre tutti gli altri mercati hanno chiuso il mese in positivo. Sia per quanto riguarda i Paesi del nucleo “storico” dell’Unione – dall’Italia alla Francia, dalla Spagna alla Germania sino alla stessa Gran Bretagna – sia per quanto concerne i nuovi entrati dell’Europa Centro Orientale, con l’Ungheria in crescita del 44,8 per cento e la Repubblica Ceca del 48,7 per cento. Ma persino la Grecia, la cui crisi è sempre più drammatica, ha registrato un incremento del 48,7%. È ovvio che più la crisi degli scorsi anni è stata pesante, riducendo al minimo le vendite, e più facile sarà registrare incrementi percentuali consistenti anche in presenza di aumenti delle vendite limitate in termini di volumi. Ma si tratta, in ogni caso, di un segnale di totale distacco rispetto al catastrofismo su Brexit. Così come non ha nulla a che fare con le scelte britanniche l’ennesima flessione del mercato russo (-14,5%, perfettamente in linea con il dato complessivo dei primi 5 mesi dell’anno) o la ripresa di quello turco (+17,4% ma dopo una frenata brusca ad aprile). E se in America Latina crolla il Brasile, volano Messico (+19,3%), Argentina (+15,7%) e Cile (+10,2%). Allo stesso modo in Asia il Giappone frena e la Cina accelera (+11,2%).

Andamenti altalenanti, legati più a vicende interne che non a timori inesistenti su un referendum che è osservato più con curiosità che con apprensione. Per gli speculatori finanziari, invece, rappresenta la grande opportunità di cospicui guadagni. Prima sondaggi che, improvvisamente, ribaltano la previsioni a favore della permanenza della Gran Bretagna nell’Unione. Poi, quando i mercati crollano spinti dalle vendite degli speculatori, un omicidio e nuovi sondaggi che tornano a rassicurare i sostenitori della permanenza. Così le Borse tornano a crescere. L’economia reale, però, resta fuori da questi giochi. E si interessa di più non soltanto all’andamento delle vendite di automobili, ma anche al sorpasso nel settore delle costruzioni. Con l’India che ha sorpassato la Cina, diventando il nuovo mercato mondiale di riferimento per il settore grazie ad una crescita del 5,3% nel 2015.

(*) Think tank “Il Nodo di Gordio”

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:58