Eutanasia: il “sì” della California

sabato 10 ottobre 2015


Con la California salgono a cinque gli Stati Usa in cui è possibile praticare il suicidio assistito. Gli altri Stati sono quello di Washington, l’Oregon, il Vermont e il Montana. Lo scorso 5 ottobre il cattolico governatore della California, Jerry Brown (nella foto), ha firmato il provvedimento con cui viene legalizzata l’eutanasia anche nello stato americano da lui governato. Il provvedimento entrerà in vigore a partire dal prossimo 1 gennaio 2016.

Una decisione di questo tipo rappresenta un passo importante in avanti per la libertà di scelta di quei pazienti che purtroppo, non avendo nessuna chance di ripresa, sono costretti a sopravvivere tra patimenti e prolungate agonie. Piace qui ricordare infatti, soprattutto per coloro che continuano ad osteggiare la legalizzazione della “scelta di poter morire”, che un simile provvedimento, qualora fosse introdotto anche nel nostro Paese, offrirebbe soltanto l’opportunità, a chi esprime questa volontà, di porre fine ad ulteriori sofferenze.

La decisione della California di votare favorevolmente per l’introduzione del suicidio assistito (con il quale si intende l’aiuto medico ed amministrativo portato ad un soggetto che ha deciso di morire tramite suicidio) è stata probabilmente raggiunta anche grazie al sostegno profuso per la causa dalla ventinovenne Brittany Maynard che, per porre fine alle proprie sofferenze, fu costretta a trasferirsi dalla California all’Oregon alla fine dello scorso anno. La ragazza, prima di portare a termine la propria scelta, lanciò un appello al mondo, sostenendo che il suo non era un suicidio volontario, ma solo una scelta consapevole per evitare ulteriori sofferenze determinate dall’avanzare del cancro che la stava lentamente uccidendo. Dichiarazioni del genere avrebbero dovuto far riflettere, anche ben oltre i confini dello stato di provenienza di Brittany. Invece il Vaticano non tardò a condannare il gesto della giovane, definendolo “indegno”.

Evitiamo commenti in argomento. Del resto molti ricorderanno la vicenda di Piergiorgio Welby, militante del Partito Radicale e finanche vice presidente dell’Associazione Luca Coscioni. Welby balzò alle cronache negli ultimi anni della sua vita quando, gravemente malato, chiese più volte che venisse “staccata la spina”, ovvero l’interruzione delle terapie che continuavano a tenerlo in vita. L’esperienza di Welby è peraltro lucidamente raccontata nell’autobiografia “Lasciatemi morire”. Quando alla fine del 2006 Welby riuscì finalmente a morire, il Vaticano gli negò il funerale cattolico come era nei desideri della moglie, esprimendo una chiara condanna verso la scelta che era stata compiuta.

Da convinti assertori dell’importanza del riconoscimento della libertà, anche in questo caso riteniamo importante che venga affermato – e soprattutto riconosciuto – un principio di libertà e autoderminazione per coloro che, giunti ad uno stadio terminale della propria malattia, possano serenamente scegliere di congedarsi dal mondo.


di Elena D’Alessandri