Dalla guerra fredda a quella… calda

Se non siamo alla guerra fredda, poco ci manca ad arrivare a quella calda. L’apprensione per un giornalista statunitense nelle mani dei russi, fino a poco fa, poteva essere un ricordo da libri di storia, quando c’erano scontri fra le due parti della Cortina di Ferro. Succede in questi giorni, invece, in un pezzo di Ucraina orientale che i russi considerano già come cosa propria, in cui il governo e la sicurezza sono nelle mani di milizie irregolari che mirano all’annessione a Mosca e ad agenti del Gru (servizio segreto militare russo) in incognito, la cui presenza è stata confermata anche dagli osservatori dell’Ocse. Il giornalista in questione è Simon Ostrovski, corrispondente per la testata statunitense Vice News. Rapito da uomini armati, il suo sequestro è stato confermato direttamente da Viaceslav Ponomariov, il leader della giunta filo-russa di Sloviansk, nella regione di Donetsk. Ponomariov lo spaccia come “arresto”, motivato da presunti legami del giornalista americano con Pravy Sektor, il partito ucraino di estrema destra che viene additato da Mosca tutte le volte che si deve accusare di “fascismo” il governo provvisorio di Kiev.

Si tratta di un piccolo e inquietante episodio che è rivelatore di tutta la grande crisi che si sta sviluppando in quell’angolo di Europa. Mosca è ormai in preda a una sindrome di accerchiamento, giudica la ribellione del Maidan in Ucraina, non come un sommovimento locale contro un governo corrotto, bensì come un “golpe” organizzato da Ue e Usa per colpire gli interessi vitali della Russia. Da qui si spiega la rapidità con cui il senato russo (Consiglio Federale) ha autorizzato l’uso della forza in Ucraina, per “proteggere i cittadini russi” colà residenti, da una immaginaria “giunta fascista” di Kiev.

La Russia ha già fatto ricorso all’uso della forza per annettere la Crimea, con un colpo di mano militare seguito da un referendum-farsa, vinto col “97%” dei voti espressi, in alcune città, da oltre il 120% della popolazione locale. Solo la settimana scorsa, il presidente Vladimir Putin ha ammesso candidamente di aver usato truppe russe per assicurarsi il controllo della regione strategica ucraina. Lo stesso copione si sta ripetendo nella regione di Donetsk, con le stesse modalità. Gli “omini verdi” (così chiamano le forze speciali russe), mascherati e con divise senza mostrine, hanno preso il controllo di una decina di città e cittadine nella regione di Donetsk. Nel tentativo di riconquistare il controllo della regione, l’Ucraina ha dimostrato di non avere un esercito affidabile: al primo contatto con manifestanti pro-russi si sono verificati episodi di fraternizzazione, diserzione e disobbedienza agli ordini.

Nei primi negoziati di Ginevra, giovedì scorso, il ministro degli Esteri di Mosca, Sergej Lavrov, si è dunque presentato col fatto compiuto: con il pieno controllo dell’Ucraina orientale, oltre che della Crimea. Ha accettato le condizioni per un cessate-il-fuoco a Donetsk, che includevano lo sgombero delle città occupate dai russi e dai filo-russi. Ma le forze sul campo hanno “spontaneamente” deciso di disattendere quella clausola. Uomini armati ucraini hanno ucciso quattro miliziani del Donetsk, in un’imboscata attribuita a Pravy Sektor. E la reazione non si è fatta attendere. In un altro incidente, avvenuto il 22 aprile, il consigliere ucraino nazionalista Volodymyr Rybak è stato rapito, torturato e annegato da uomini armati, fra i quali si sospetta anche la presenza di agenti del Gru russo.

Giunti a questo punto, gli accordi di Ginevra sono completamente saltati. Non resta che attendere gli sviluppi militari. Che non promettono nulla di buono per l’Ucraina. Il vicepresidente degli Stati Uniti, Joe Biden, si è speso in prima persona, volando a Kiev per garantire sostegno all’Ucraina indipendente e ammonire la Russia a non fare ulteriori provocazioni. Biden, comunque, si limita a minacciare nuove sanzioni economiche mirate. Da parte russa, invece, è partito un monito ben più consistente. Se “cittadini russi” verranno attaccati nella nuova operazione anti-terrorismo nell’Ucraina orientale, già annunciata dal presidente di Kiev, Olexander Turchynov, l’esercito russo interverrà “come in Georgia nel 2008”. Cioè: con un’invasione militare dell'Ucraina. Lo ha annunciato esplicitamente il ministro degli Esteri, Sergej Lavrov. Il quale ha anche approfittato dell’occasione per denunciare gli Stati Uniti, accusati di “orchestrare” la crisi ucraina. E in quel momento il giornalista americano veniva rapito. Se questa non è guerra fredda...

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:52