In Francia trionfa il partito dell'astensione

In Francia c'è un solo partito vincitore delle elezioni per il rinnovo dell'Assemblea Nazionale: l'astensionismo. La vittoria del Partito Socialista è diventata un dettaglio secondario, perché, domenica, il 43% degli aventi diritto al voto non si è recato alle urne per il primo turno delle legislative. La Francia non è l'America: solitamente, almeno per le elezioni nazionali, il dato dell'affluenza è molto alto. L'astensionismo non è da intendersi come "accettazione passiva" del vincitore (come negli Usa), ma come un segno di disgusto nei confronti dei politici. Il grafico pubblicato dal sito "Contrepoint.org" rende meglio l'idea: il "partito" del non-voto doppia sia il Partito Socialista che l'Ump (gollista) e si assicura una schiacciante maggioranza relativa. E lo stesso sito rileva un altro dato che solitamente sfugge ai grandi media: il numero dei non iscritti al voto: l'8%, quasi un decimo della popolazione.

Secondo Jean Yves Dormagen, sociologo, intervistato da "Le Figaro", la politica francese gode di sempre meno fiducia nell'elettorato perché non è più rappresentativa della società francese odierna: «I deputati sono soprattutto uomini, hanno più di 50 anni, sono bianchi e di estrazione sociale elevata. Gli astensionisti sono, a maggioranza, giovani, poveri, vivono nei quartieri popolari». Questa tesi sociologica farebbe molto piacere anche ai politici comunisti. E in effetti Dormagen cita proprio il Pcf dei tempi che furono, quale esempio di partito che, sino agli anni '80, sapeva intercettare gli interessi dei "proletari". I partiti politici tradizionali vorrebbero riaccendere l'entusiasmo con una riforma elettorale, tornando al proporzionale. Se il maggioritario a doppio turno limita la rappresentatività del voto popolare, pensano, il proporzionale farebbe tornare in auge anche le minoranze finora escluse. Ma chi propone la riforma sembra (o vuole) dimenticare che l'astensionismo è un rifiuto di tutti i partiti. E una volta superata la soglia del 40% indica che non è solo un gesto di frustrazione degli elettori di forze minoritarie extraparlamentari.

Tuttavia ci può essere una spiegazione alternativa sia alla tesi sociologica, sia a quella istituzionale? Per ora, in attesa del secondo turno (la settimana prossima) ci si può limitare solo ad alcuni spunti di riflessione: il Partito Socialista e l'Ump propongono programmi sostanzialmente simili, resistenti ad ogni idea di riforma strutturale dello Stato (nel caso del Ps) o incapaci di attuarla (Ump). Il voto di ribellione confluisce soprattutto nel Fronte Nazionale (che ha conquistato un incredibile 13,6%, quasi il doppio rispetto al 2007) che vuole ancor più statalismo. Europa Ecologia e Fronte della Sinistra propongono sostanzialmente la stessa ricetta economica del Fronte Nazionale, anche se da posizioni ideologicamente opposte. Se guardiamo alle idee e alle proposte, oltre che ai numeri, i casi sono due: o i francesi si stanno ribellando allo statalismo, condiviso da tutti i partiti. O, al contrario, vorrebbero ancor più autoritarismo e identificano tutte le forze politiche come dei "lacché", più o meno mascherati, del "grande capitale" europeo. Vista la cultura politica dominante in Francia, questa seconda spiegazione appare decisamente più realistica. Aggiungendovi anche quella fetta di immigrati, tutt'altro che integrati, che non si identificano affatto nella cittadinanza francese.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:46