Page 1 - Opinione del 30-9-2012

Direttore ARTURO DIACONALE
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Domenica 30 Settembre 2012
delle Libertà
La pagliuzza di Batman e la trave degli “onesti”
ome accade da sempre in tali
frangenti, il caso Lazio spinge
buona parte dell’informazione e
dell’opinione pubblica a focalizzare
la propria attenzione sulla cosid-
detta pagliuzza, evitando quasi
completamente di guardare la “tra-
ve”. Eppure due semplici ma signi-
ficativi numeretti ci dicono che il
vero problema dell’attuale dissesto
politico va bel al di là di quei pur
corposi emolumenti che da tempo
definiamo privilegi della casta. Eb-
bene, a fronte dei 14 milioni di euro
che il Consiglio regionale del Lazio
si è concesso in favore dei relativi
gruppi politici, sapete a quanto am-
monta il debito consolidato della
C
medesima regione? La bazzecola di
25
miliardi. Una somma colossale
la quale non rientra nell’indebita-
mento dello Stato e che per circa la
metà appartiene al tanto decantato
servizio sanitario pubblico. Tutto
questo, in soldoni, significa che i
cittadini laziali, oltre a portare sul
groppone circa i 33.000 euro a te-
sta del citato debito dello Stato , se
ne debbono sobbarcare in aggiunta
altri 5.000 di quello regionale. Ed
è questo a mio avviso il vero dram-
ma di tutta la questione, di cui i co-
siddetti costi della politica, per con
tutte le loro odiose manifestazioni,
rappresentano solo le briciole. Ov-
vero la suddetta pagliuzza.
In realtà, una corretta informa-
zione - eventualmente depurata dai
tanti dogmi collettivisti che la ren-
dono cieca di fronte a troppi feno-
meni - dovrebbe cominciare a dire,
come si fa da tempo su queste pa-
gine, che uno dei principali proble-
mi del nostro traballante sistema
non è caratterizzato da quanto i po-
litici spendono per sé, bensì da
quanto questi ultimi spendono per
farsi eleggere o, in generale, per
mantenere od accrescere il proprio
consenso, tanto sul piano indivi-
duale che su quello del relativo par-
tito. In altri termini, come appunto
dimostra l’enorme indebitamento
del Lazio - che per la cronaca la
giunta Polverini è comunque riu-
scita a contenere molto meglio dei
suoi predecessori, nonostante la cri-
si - ciò che i vari amministratori
eletti si “pappano” attraverso leg-
gine compiacenti non è paragona-
bile al dissesto finanziario che il lo-
ro frenetico
deficit-spending
provoca nei vari bilanci pubblici.
Bilanci pubblici che in molte regio-
ni, soprattutto del centro-sud, sono
letteralmente devastati dalle spese
folli di una classe politica locale che
mira unicamente ad ottenere con-
senso a buon mercato. Tanto poi a
pagare il conto è sempre e comun-
que il solito Pantalone.
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E se fosse“Monti-bis”contro Bersani eVendola?
a New York il premier Mario
Monti ha detto una cosa ovvia,
che tutti avevamo già da tempo in-
tuito, e cioè che in caso di impasse
politico, se dal voto del 2013 non
uscisse una maggioranza chiara in
Parlamento, o di instabilità finan-
ziaria, lui c’è, e risponderebbe, se
chiamato, con quello spirito di ser-
vizio del novembre scorso. Finora
sull’argomento non si era mai
espresso così esplicitamente. Anzi,
aveva addirittura lasciato intendere
il contrario. Non un tatticismo in-
terno, ma la volontà – parlando al
pubblico del
Council on Foreign Re-
lations
e di
Bloomberg Tv
di ras-
sicurare investitori e comunità in-
D
ternazionale sulla stabilità dell’Italia.
Come se avesse detto “tranquilli, la-
scio giocare i ragazzi ma poi se fan-
no casino gli tolgo il pallone”. I pos-
sibili effetti politici della sua
disponibilità, finalmente esplicita, si
possono leggere tra le righe delle
reazioni: raggelato Bersani, entusia-
sta e “cavalcante” Casini, neutro
Berlusconi. Un primo effetto potreb-
be riguardare la legge elettorale: la
trattativa potrebbe complicarsi, le
posizioni del Pd bersaniano irrigi-
dirsi, fino al rischio di tenerci il “por-
cellum”, ma anche sbloccarsi con
un affondo del fronte proporziona-
lista Pdl, Udc e Lega. Fanno sorri-
dere i retroscena di Repubblica (e
quelli fotocopia dell’HuffPost ita-
liano) che si sforzano di avvalorare
la tesi di un Berlusconi anti-Monti,
e il Giornale a ruota che parla di
sfida” del Cav. Com’è ovvio, in
campagna elettorale cerca di inter-
pretare gli umori dei suoi potenziali
elettori, il che lo porta ad attaccare
il governo sulle tasse e su Equitalia.
Ma Berlusconi non ha nulla da te-
mere da un Monti-bis (sempre me-
glio che restare isolati all’opposizio-
ne), l’unico problema sarebbe farlo
accettare ai “falchi” del suo partito,
soprattutto gli ex An. Anzi, secondo
alcuni avrebbe anche proposto al
professore di candidarsi, sostenuto
da lui, da Casini e da Montezemolo.
Per il Cav il «grande imbroglio»
non è il governo tecnico: presentan-
do il libro di Brunetta non se l’è pre-
sa con Monti, ma con la Germania
e l’euro (anche se l’unico “grande
imbroglio” è stato quello del Pdl ai
suoi elettori). Chi invece si è sentito
colpito dall’uscita del premier è Ber-
sani, per il quale la disponibilità
esplicita di Monti al bis rappresenta
un ostacolo alla sua aspirazione di
conquistare Palazzo Chigi.
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di
FEDERICO PUNZI
Un nuovo governo
guidato dal premier
e scelto dagli elettori
avrebbe un mandato
più forte. Non sarebbe
una coalizione limitata
a un anno di legislatura,
ma un esecutivo davvero
capace di incidere
sulla vita del paese
di
CLAUDIO ROMITI
Un sistema che consente
alla mano pubblica
di gestire ben oltre metà
del reddito nazionale
è un sistema sbagliato,
a prescindere
da chi lo governi.
A forza di credere
alle fandonie, stiamo
scivolando nel baratro
K
Esistono peculiarità tutte ita-
liane nella crisi generale dello stato
sociale burocratico-assistenziale del
Vecchio Continente. E gli obblighi im-
posti dall’Europa dovrebbero diven-
tare lo stimolo per eliminarle una
volta per tutte. Ma bisogna cogliere
quest’occasione per promuovere fi-
nalmente una vera riforma federalista
(
e nazionale) dello stato, con cui pro-
cedere nell’azione di risanamento ed
eliminare le anomalie specifiche che
affliggono il nostro paese ormai da
decenni. È ormai chiaro che serve un
federalismo vero, non quello fasullo
che ha moltiplicato i centri di spesa e
fatto crescere a dismisura il debito
pubblico. Il futuro esecutivo, qualun-
que connotazione politica possa as-
sumere (centro sinistra, centro
destra, grande coalizione, tecnico o
altro) non potrà fuggire agli obblighi
imposti dalle condizioni internazio-
nali. E non potrà neppure fare a meno
di mettere mano ad un sistema che
consente alla mano pubblica di ge-
stire ben oltre metà del reddito nazio-
nale. Sprecandolo.
È l’ora del federalismo nazionale