Direttore ARTURO DIACONALE
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Martedì 27 Novembre 2012
delle Libertà
Pd,Bersani ostaggio diVendola
Sconfitto al primo turno Matteo Renzi, il segretario Democratico gioca le carte in vista del ballottaggio
Dovrà rivolgersi necessariamente al leader di Sel se vuole vincere. Venendone condizionato in futuro
Matteo Renzi e il dilemma di fronte al Rubicone
Primarie del Pd, uno scontro tra titani (del nulla)
Il sindaco ha osato poco,Monti-bis più lontano
hiunque fosse al posto di Mat-
teo Renzi si lascerebbe cogliere
dalla suggestione di usare il secondo
turno delle primarie del Pd come
trampolino di lancio per una avven-
tura tesa a sparigliare le carte della
politica italiana ed a porsi al centro
della scena politica nazionale. A
spingerlo in questa direzione non
sarebbe solo la considerazione del-
l’inevitabile sbocco del ballottaggio
verso un asse Bersani-Vendola teso
a richiuderlo nel recinto fiorentino
in attesa di fortune future. Ma anche
la certezza che lo spostamento a si-
nistra del Pd, conseguenza inevita-
bile dell’alleanza tra il segretario ed
il leader di Sel, aprirebb uno spazio
C
politico estremanente ampio nel pa-
norama politico italiano trasforman-
do chi sarebbe pronto ad occuparlo
raccogliendo consensi dal centrosi-
nistra riformista al centrodestra li-
berale e democratico, nel punto di
riferimento naturale della maggio-
ranza degli italiani. Ma Renzi è in
grado di traversare il suo Rubicone?
La questione non riguarda tanto la
volontà del sindaco di Firenze. Che
è già stata dimostrata abbondamen-
temente dalla sfida, che all’inizio ap-
pariva impossibile e velleitaria, lan-
ciata non solo a Pierluigi Bersani ma
soprattutto all’inamovibile ed im-
modificabile gruppo dirigente del
partito. La questione riguarda solo
le possibilità concreta che il passag-
gio del Rubicone da parte di Renzi
porti effettivamente alla conquista
del potere a Roma o ad una sorta
di guerra civile della sinistra desti-
nata a favorire la resurrezione del
Lazzaro berlusconiano. Il dilemma
è aperto. Perché è fin troppo eviden-
te come lo sbilanciamento a sinistra
del Pd dovuto al condizionamento
di Bersani da parte di Vendola possa
spianare la strada ad un Renzi al-
fiere della bandiera della rottama-
zione di un vecchio modo di fare
politica, che a sinistra è quello im-
modificato dagli anni ‘70 della Cgil
e degli eredi del vecchio Pci. Ma è
altrettanto innegabile che se Renzi
dovesse decidere di reagire al blocco
operato nei suoi confronti dalla tra-
dizionale nomenklatura post-comu-
nista e conservatrice della sinistra,
andrebbe incontro al rischio con cui
si sono dovuti misurare tutti coloro
che hanno avuto l’ardire di sfidare
da posizioni riformiste il moloch
dell’ortodossia marxista o post-mar-
xista. Passato il suo Rubicone, in so-
stanza, Renzi si troverebbe a com-
battere contro un nemico agguerrito
formato dalla sinistra tradizionalista
e contro un nemico irreale, ma an-
cora più pericoloso di quello con-
creto, formato dalla scomunica per
tradimento e passaggio al nemico.
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2
olto brevemente, da liberale
non mi appassiona molto il
duello all’ O.K. Corral” tra Ren-
zi e Bersani, sebbene il rottama-
tore ispiri maggior simpatia ri-
spetto alla grigia impostazione
stile vecchia nomenclatura del se-
condo. Soprattutto dopo aver
ascoltato, alla fine del primo tur-
no, le trionfalistiche argomenta-
zioni di soloni come la Bindi e
Marini, tutte chiacchiere e distin-
tivo di partito, viene quasi spon-
taneo tifare al ballottaggio per il
giovane sindaco di Firenze. Tut-
tavia, sul piano della razionalità
politica, dobbiamo convenire che
la differenza sostanziale tra i due
M
contendenti non è poi così grande
come alcuni osservatori di altre
parrocchie, tra cui Ferrara e Fel-
tri, vorrebbero far credere. In sol-
doni, all’ostentato usato sicuro
proposto dal segretario del Pd,
chiaro richiamo alla pancia con-
servatrice del suo schieramento,
Matteo Renzi risponde con una
delle più colossali illusioni,
anch’essa tipica di una cultura di
sinistra: l’idea che cambiando
semplicemente le facce, eventual-
mente su base anagrafica, si pos-
sa ottenere a caduta una sorta di
rigenerazione della politica e del-
la società. Poichè, e questo è bene
sottolinearlo con decisione, se
Bersani si pone a difesa di uno
statalismo da regime sovietico
che intermedia il 55% del Pil,
Renzi non risponde - seppur
compatibilmente con il suo posi-
zionamento nel centrosinistra -
con l’alleggerimento di un mo-
loch pubblico che sta portando
il paese alla bancarotta. Il suo di-
scorso è diverso. Egli promette di
realizzare il “paese dei sogni”, in
cui tutti sono più ricchi e più fe-
lici, attraverso il solito atto deli-
berato della sfera politica buro-
cratica. Un atto miracoloso
realizzato non più dalla vecchia
classe politica, ma dai giovani rot-
tamatori che operano sotto le sue
bandiere. Da grande comunicato-
re qual è, il giovanotto fiorentino
rinverdisce, attraverso una fluente
parlantina, l’antica truffa costrut-
tivistica dei politici di professione
secondo i quali ad ogni problema
individuale e collettivo corrispon-
de sempre un rimedio efficace da
introdurre per decreto legge. Cor-
roborando l’ingenua visione dei
più sprovveduti, i quali ritengono
che i politici bravi siano quelli che
usano con maestria leve e bottoni
nelle stanze del potere, anche
Renzi chiede un sostegno per ge-
stire e sostenere l’esistenza dei cit-
tadini dalla culla alla tomba.
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2
ur con qualche macchia e in-
terrogativo di troppo sullo
scrutinio, la vittoria di Pierluigi
Bersani è piuttosto netta. Si sapeva
che Renzi per insidiare il primo po-
sto del segretario avrebbe avuto
bisogno di un’affluenza altissima,
più vicina ai 4 milioni che ai 3,
perché avrebbe indicato una mas-
siccia partecipazione al voto di un
elettorato diverso da quello tradi-
zionale del Pd e della sinistra. Il
boom in cui sperava il sindaco di
Firenze non c’è stato, ma a conti
fatti il suo risultato è ragguarde-
vole proprio perché ottenuto no-
nostante un’affluenza – la meno al-
ta della breve storia delle primarie
P
che avrebbe potuto penalizzarlo
molto. Dunque, delle due l’una: o
Renzi “pesa” in tutto il “tradizio-
nale” centrosinistra, non solo nel
Pd, il 36%, oppure è riuscito ad
attirare parecchi elettori non di si-
nistra, non sufficienti a strappare
la leadership a Bersani, ma quanto
basta a dimostrare di poter cam-
biare connotati al Pd. Tendiamo
per questa seconda ipotesi. Che
Renzi potesse contare sull’appog-
gio di una percentuale minima
dell’apparato del Pd, il 2-3% tra
parlamentari, dirigenti e altri eletti,
e che suscitasse una profonda osti-
lità presso la “base” del suo stesso
partito, per non parlare degli elet-
tori ancora più a sinistra, non è
una notizia. Lo è, invece, che abbia
saputo attirare elettori che proba-
bilmente non hanno mai votato
Pd, né una coalizione di centrosi-
nistra, ma che hanno preso in con-
siderazione questa ipotesi nel caso
a prevalere fosse la nuova offerta
politica rappresentata da Renzi.
Insomma, sapevamo già quanto
fosse minoritario nel ristretto giro
del Pd e del tradizionale “popolo”
di sinistra. La sua sfida era un’al-
tra: dar vita ad un’altra sinistra
cambiando letteralmente pelle al-
l’elettorato del Pd. Un’operazione
purtroppo per lui rimasta a metà.
Per poter riuscire nell’impresa Ren-
zi avrebbe dovuto osare molto di
più in termini di “rottura” con le
vecchie idee di sinistra e con il suo
principale avversario: Bersani. Ha
scelto, invece, e lo si è visto duran-
te il confronto televisivo su Sky,
una linea più morbida e conciliante
per non essere dipinto come “gua-
stafeste”, non riuscendo nemmeno
a dissociarsi dall’alleanza con Sel,
mentre Bersani dava prova di so-
lidità e affidabilità senza mai per-
dere la calma. Adesso il rischio è
che la tenaglia delle regole si chiu-
da al ballottaggio e il signor secon-
do posto del primo turno venga
offuscato da una pesante debàcle.
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2
di
ARTURO DIACONALE
È pronto, il sindaco
di Firenze, a sfidare
una tradizione perversa
che condanna la sinistra
riformista a rimanere
subalterna e succube
di quella sinistra
massimalista incapace
di immaginare un futuro
di innovazione?
di
CLAUDIO ROMITI
Renzi rinverdisce,
attraverso una fluente
parlantina, l’antica
truffa costruttivistica
dei politici di professione
secondo i quali ad ogni
problema individuale
e collettivo corrisponde
un rimedio da introdurre
per decreto legge
di
FEDERICO PUNZI
Che Renzi potesse
contare su un appoggio
minimo dell’apparato
del Pd non è una notizia.
Lo è, invece, che abbia
saputo attirare elettori
che probabilmente
non hanno mai votato
Pd, né una coalizione
di centrosinistra