Direttore ARTURO DIACONALE
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Domenica 27 Gennaio 2013
delle Libertà
I vetero-keynesiani che cavalcano l’invidia sociale
ccorre premettere per onestà
che un po’ tutti, in questa
campagna elettorale, propongono
ogni sorta di ricetta miracolosa
in cambio di un miserabile voto.
Un tratto di matita copiativa che,
secondo i visionari di qualunque
colore e schieramento, potrebbe
addirittura cambiare il destino
dell’intero Paese.
Sotto questo profilo colpisce
l’impegno, ossessivamente ripe-
tuto da tempo, di Bersani & com-
pany di realizzare, una volta
giunti nella stanza dei bottoni, un
piano per la crescita e per l’occu-
pazione.
L’idea di fondo, al di là del fu-
O
mo propagandistico che l’avvolge,
si può così sintetizzare: stimolare
l’economia attraverso robuste ini-
ziative pubbliche sul piano degli
investimenti infrastrutturali, re-
perendo le risorse necessarie ri-
modulando le aliquote dell’Imu
ed altre eventuali voci tributarie.
In pratica, suppur detto nel
modo più soft possibile, aumen-
tare ulteriormente il prelievo fi-
scale allargato, eventualmente fa-
cendone gravare il maggior peso
sui cosiddetti ricchi.
Tutto ciò viene espresso all’in-
terno di un sistema pubblico che
spende oramai ben oltre 800 mi-
liardi all’anno, qualcosa come il
55%
del Pil, e che per questo,
sottraendo alla libera economia
di mercato risorse eccessive, rap-
presenta una soglia di non ritor-
no per l’Italia.
Occorrerebbe, al contrario di
ciò che predica il finto buon sen-
so di Bersani, ridurre gradual-
mente spesa e pressione fiscale,
onde consentire una ripresa dei
consumi e degli investimenti di
tipo strutturale e non drogata dai
fallimentari interventi di tipo
keynesiano. Ma ciò, a prescinde-
re dalle autentiche convinzioni
personali dello scaltro segretario
del Pd, contrasterebbe con le
aspettative della maggioranza dei
potenziali elettori di una sinistra
totalmente sbilanciata sulle tesi
iperstataliste di Vendola e Lan-
dini.
Avendo deciso di spostare il
baricentro del Partito democrati-
co sulla componente più conser-
vatrice della sinistra, la quale cor-
re dietro alla fiaccola di un
collettivismo bocciato dalla sto-
ria, a Bersani non resta che l’usa-
to sicuro di una invidia sociale
mascherata dalla solita Araba fe-
nice dell’equità.
In questo modo la facile stra-
da del consenso a buon mercato
non può che condurci ancor più
velocemente verso l’inferno.
Un Pannella demistificato di cinquant’anni fa...
egli ambienti politici ro-
mani ha cercato di farsi
strada, da qualche tempo, il signor
Marco Pannella. Per chi non lo co-
noscesse, spieghiamo che si tratta
di un “ex giovane” del Partito Ra-
dicale, divenuto “segretario” del
medesimo all’indomani della dis-
soluzione e scomparsa di questo
partito dalla topografia politica na-
zionale. Oggi il signor Marco Pan-
nella, dopo una serie di approcci
più o meno felici con le forze po-
litiche della sinistra operaia italiana
(
e anche con il Psiup) sembra ap-
prodato a lidi per lui più conge-
niali: la “Nuova Repubblica” di
Pacciardi. Dalle colonne del foglia-
«
N
stro di questo ridicolo e sporco
movimento, il Pannella, infatti, im-
partisce severe lezioni “rivoluzio-
narie” e di “sinistra” a tutto il mo-
vimento operaio italiano e in
particolar modo al Pci. La nuova
bisogna cui si dedica il signor Mar-
co Pannella è stata immediatamen-
te sottolineata dalla “Fiera Lette-
raria” (democristiana) che ha
ripreso l’intervista sul “Pci demi-
stificato” da Pannella. Non avrem-
mo dato peso alle evoluzioni e in-
versioni di tendenza a questo
signore se non sapessimo che, co-
stui e taluni suoi colleghi, sogliono
farsi avanti, come “amici” nei no-
stri dibattiti, assumendo poi in essi
la linea non della critica ma quella
della provocazione. Ciò tanto per
la verità, documentabile – per chi
ne avesse voglia – con le baggia-
nate anticomuniste scritte dal Pan-
nella per il giornale di Pacciardi, e
ciò per mettere in guardia le nostre
organizzazioni e i nostri compagni
sulle attività di certi “amici”. Me-
glio perderli che trovarli».
Il corsivo che avete appena letto,
è stato pubblicato su L’Unità del
24
agosto 1966. L’ipotesi dell’ac-
cordo tecnico elettorale per la re-
gione Lazio con Francesco Storace
ha sollevato fuori e dentro il mon-
do radicale una quantità di reazio-
ni, in molti si sono dichiarati in
dissenso con questa ipotesi, o
quantomeno perplessi. Ed è bene
che ci sia dibattito, riflessione, con-
fronto. Nessuno, credo, si augura
e vuole che i radicali siano orga-
nizzati come in una caserma dove
si crede, si obbedisce e si combatte.
Che dirigenti e militanti si espri-
mano come credono e sanno su
questa come su qualunque altra
questione, è più che positivo, una
ricchezza per tutti.
Continua a pagina
2
di
VALTER VECELLIO
Il Pd ha voluto e vuole
assassinare i radicali.
Forse può riuscirci.
Tutti noi, come le stelle,
restiamo a guardare?
O ci si deve indignare
solo e soltanto
per l’ipotesi di accordo
tecnico con il “fascista”
Francesco Storace?
di
CLAUDIO ROMITI
Avendo ormai deciso
di spostare il baricentro
del Pd sulla componente
più conservatrice
della sinistra, a Bersani
non resta che l’usato
sicuro di un’invidia
sociale mascherata
da“Araba fenice”
di una presunta equità
Anche Draghi chiede meno tasse
K
«
Vorrei vedere un taglio dei
costi di governo, un calo delle tasse e
una gestione degli investimenti per in-
frastrutture». Nel suo discorso al World
Economic Forum di Davos, il presi-
dente della Bce, Mario Draghi, spiega
che la strada verso la ripresa econo-
mica è ancora lunga. E i governi, so-
prattutto europei, devono fare di più.
Draghi ricorda che le azioni della Banca
centrale europea, nel corso del 2012,
hanno «evitato problemi drammatici».
Guardando agli indicatori economici la
situazione «è molto più favorevole ri-
spetto allo scorso anno», ma per la cre-
scita dell’economia i paesi devono
proseguire «sia il consolidamento fi-
scale sia le riforme strutturali, che au-
mentano competitività e creano posti di
lavoro e crescita». Se i governi dei
paesi dell’area euro riusciranno a per-
severare su risanamento dei conti pub-
blici e riforme strutturali dell’economia,
«
le politiche della Bce favorevoli alla
crescita finiranno per trasmettersi al-
l’economia reale». Intanto, però, giù le
tasse e i costi della spesa pubblica. Al-
trimenti non si va da nessuna parte.