Direttore ARTURO DIACONALE
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Sabato 22 Dicembre 2012
delle Libertà
Monti incerto tra voto e Colle
La possibilità che, sopo le dimissioni, il premier decida di non scendere in campo diventa sempre
più concreta. Adesso il panico attraversa le fila dei centristi, terrorizzati dall’ipotesi di un abbandono
GiorgioNapolitano e la terzietà delle istituzioni
Non prendiamoci in giro. Il centrodestra èmorto
Dove il fisco è civile tassa i redditi (non i patrimoni)
sicuramente fondata l’accusa
che viene mossa ad Antonio In-
groia di usare la notorietà ottenuta
con le inchieste giudiziarie sulla clas-
se politica per partecipare alla pros-
sima campagna elettorale con buone
possibilità di essere eletto in Parla-
mento. Il magistrato palermitano,
ovviamente, ha tutto il diritto di sot-
toporre le proprie idee al giudizio
degli elettori. Ma non può non in-
cassare la critica delegittimante di
usare il prestigio e l’autorevolezza
derivanti dalla sua attività di magi-
strato per entrare a far parte della
casta politica fino a ieri così tanto
inquisita e disprezzata. Il caso In-
groia, però, non è affatto isolato.
È
Accanto ad esso si sta manifestando
un caso analogo altrettanto scanda-
losamente inopportuno. Solo che
mentre su Ingroia le polemiche si
sprecano, sul fenomeno analogo e
forse addirittura più grave nessuno
osa profferire parola. Il caso in que-
stione è quello del governo tecnico,
a cui era stato affidato il compito di
sostituire non solo un governo po-
litico ma la classe politica in genere,
che si prepara ad entrare in campa-
gna elettorale con liste che ad esso
fanno riferimento. Il tutto con l’ob-
biettivo dichiarato di togliere voti
ai partiti grazie ai quali ha governa-
to per un anno di seguito.
Anche in questo caso nessuno
può negare il diritto a partecipare
alle elezioni ai ministri del governo
Monti ed allo stesso presidente del
Consiglio. Quest’ultimo, ad esempio,
può sempre dimettersi da senatore
a vita per ottenere l’investitura po-
polare a succedere a se stesso nella
prossima legislatura. Ma tacere sulla
inopportunità di una metamorfosi
così radicale, come fanno i commen-
tatori dei grandi media del paese,
appare decisamente bizzarro. O, se
vogliamo, vergognoso. Perché ac-
canto alla inopportunità di un go-
verno tecnico che doveva salvare il
paese dalla politica e che decide di
diventare politico per perpetuare se
stesso, c’è anche una questione isti-
tuzionale di non poco conto. Può
garantire l’imparzialità delle istitu-
zioni in una delicatissima fase elet-
torale un governo che diventa con-
corrente diretto delle forze politiche
in campo? Non c’è bisogno dei co-
stituzionalisti del Quirinale per ca-
pire che la questione sia particolar-
mente scottante e spinosa. Perché il
governo in carica non è un normale
esecutivo politico che, come è quasi
sempre capitato nella storia repub-
blicana, gestisce le elezioni sforzan-
dosi di tenere distinte, per una que-
stione di eleganza istituzionale, il
ruolo di governo da quello di com-
petitore politico.
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2
asciate stare le elezioni. Ogni
tanto, quelle, si possono anche
perdere. Ci sono addirittura scon-
fitte (Barry Goldwater alle presi-
denziali Usa del 196) capaci di es-
sere molto più salutari di certe
vittorie. E ci sono vittorie (Berlu-
sconi alle Politiche 2008) che suo-
nano molto più come il canto del
cigno che come una marcia trion-
fale. Nel mezzo ci sono elezioni
normali e battaglie culturali. Queste
ultime sono le più importanti per-
ché capaci di segnare culturalmente
la storia di uno schieramento poli-
tico e di delinearne i confini ben ol-
tre la semplice conversione dei voti
in seggi parlamentari. Non c’è dub-
L
bio, ad esempio, che quando il cen-
trodestra perse le elezioni del 2006
per una manciata di voti, si innescò
nel paese un processo di autoco-
scienza dell’elettorato liberal-con-
servatore capace in poco tempo di
riempire piazze, suscitare entusiasmi
nuovi, rivincere le elezioni. Quel
blocco sociale e politico dato per
sconfitto - e di molto - dal 90% dei
sondaggisti e degli opinionisti na-
zionali aveva dimostrato in quel
frangente di essere molto più ma-
turo degli eletti chiamati a rappre-
sentarlo. La vittoria di una battaglia
culturale moderna, inclusiva, mag-
gioritaria volta alla creazione di una
Right Nation” italiana capace di
rappresentare la maggioranza silen-
ziosa di questo paese è stata per
qualche tempo a portata di mano.
Nel 1994 Forza Italia nasceva come
un grande esperimento fusionista
con anime diverse (il pentapartito
della prima repubblica, la cultura
liberale, quella cattolica, moderata,
i movimenti riformisti) capaci di fa-
re sintesi attorno a programmi co-
muni. Gli alleati della Destra Na-
zionale (An ma non solo), quelli
con spinte più localiste (Lega Nord
e movimenti autonomisti), lo spa-
ruto blocco centrista condividevano
basi comuni esili ma esistenti e un
progetto politico che poteva essere
sintetizzato nel tentativo di dare vo-
ce e rappresentanza a quel “popolo
dei liberi e forti” già tratteggiato da
Don Sturzo agli albori della nostra
democrazia. La tornata elettorale
del 2006 aveva certificato l’esisten-
za di quel blocco sociale nonostante
le mille difficoltà e aveva posto le
basi per la costruzione di qualcosa
di più grande e duraturo. Si aprì in
quei mesi la possibilità non di una
federazione, non di una coalizione
ma di un vero e proprio tentativo
di fondazione di un soggetto poli-
tico simile ai Conservatori inglesi,
ai Popolari tedeschi o ai Repubbli-
cani americani. Diciamoci la verità:
è finita qui.
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2
n fisco civile, colpisce i redditi
e non i patrimoni (che possono
anche essere produttivi di nessun
reddito, infatti). Il Presidente Hol-
lande ha reso nota la sua “Finanzia-
ria”, tutta incentrata sui redditi. Non
parliamo del fisco in Germania, do-
ve addirittura una sentenza della
Corte costituzionale impedisce for-
malmente che le imposte possano
colpire i beni oltre il reddito che pro-
ducono o se non producono alcun
reddito. Da noi, invece, anche la sola
ipotesi di una minipatrimoniale sui
redditi oltre i 150mila euro ha sca-
tenato la Confindustria (che è d’ac-
cordo su una seconda patrimoniale,
dopo l’Imu, sugli immobili, ma solo
U
se sono quelli degli altri). I giornali
della potente organizzazione si sono
scatenati, alimentati dagli articoli
dei mandarini dagli alti stipendi, evi-
dentemente non investiti nell’edilizia.
Lo spartiacque tra un fisco civile e
un fisco incivile, sta proprio qua. Il
primo, colpisce la capacità contri-
butiva del contribuente (come, del
resto, vorrebbe anche la nostra Co-
stituzione) e il secondo - per via dei
mandarini, ma anche dell’incapacità
di trovare i redditi dove essi davvero
sono - colpisce immobili inagibili,
canoni di locazione non percepiti,
aree fabbricabili che fabbricabili in
effetti non sono, le spese (persino)
per mantenere gli immobili abitabili
e quindi affittabili, così come grava
sui risparmiatori dell’edilizia con
una tassa rifiuti che l’anno prossimo
crescerà ancora, con un tributo am-
bientale provinciale che graverà
sempre solo sulla proprietà, per non
parlare dei contributi di (finta) bo-
nifica. Il tutto, nell’ambito di un ca-
tasto i cui valori aumentano soltan-
to, e mai diminuiscono, neanche col
crollo dei valori che è sotto gli occhi
di tutti. La misura, insomma, è col-
ma. La tassazione immobiliare ita-
liana è la più alta d’Europa. Dal-
l’Imu si sono ricavati 24 miliardi
invece di 21, ma di ritoccare le ali-
quote non se ne parla. Il manteni-
mento dell’attuale Imu “sperimen-
tale” fino al 2014 deve essere ripen-
sato, proprio alla luce di quanto ac-
caduto: il blocco del mercato immo-
biliare e il crollo dei valori. Gli
italiani hanno versato il saldo del-
l’Imu ricorrendo ai risparmi. Ma
quello della tassazione del patrimo-
nio immobiliare dovrà essere uno
dei grandi temi della prossima cam-
pagna elettorale, dovendo qualcuno
spiegare se sia giusto che i sacrifici
per il risanamento vengano compiuti
dai risparmiatori dell’edilizia pure
oltre il reddito (finché sarà possibile)
e non anche, almeno nell’ambito del
reddito goduto, dai portatori di altri
tipi di patrimonio.
*
presidente di Confedilizia
di
ARTURO DIACONALE
Il governo in carica
è un esecutivo che
deve la propria nascita
e anche la propria
sopravvivenza
a quella caratteristica
tecnica che ne avrebbe
dovuto garantire
la terzietà rispetto
a tutti i partiti
di
ANDREA MANCIA
e
SIMONE BRESSAN
La barca del fusionismo
italiano si è schiantata
sui contrapposti egoismi
e su un partito, il Pdl,
che doveva essere
motore dell’aggregazione
ed è diventato invece
il principale acceleratore
della divisione. Ormai
il centrodestra è morto
di
CORRADO SFORZA FOGLIANI
Il vero spartiacque
tra un fisco civile
e un fisco incivile
sta proprio qua. Il primo
colpisce la capacità
contributiva e il secondo
-
nell’incapacità
di trovare i redditi dove
essi davvero sono -
colpisce gli immobili