Page 3 - Opinione del 22-9-2012

di
ARTURO DIACONALE
Italia può contare sull’aiuto dell’Europa
solo se rispetterà gli impegni sulle ri-
forme e le azioni di risanamento economico
e finanziario chiesti dall’Europa stessa. Il fu-
turo esecutivo, quindi, qualunque connota-
zione politica possa assumere (centro sinistra,
centro destra, grande coalizione, tecnico o
altro) non potrà fuggire agli obblighi imposti
dalle condizioni internazionali. A meno che,
ovviamente, non decida di provocare l’uscita
dell’Italia dall’Euro assumendosi la respon-
sabilità di una iniziativa del genere. Tutto
questo comporta un inevitabile condiziona-
mento della prossima campagna elettorale
italiana. Rende obbligata la continuità nella
prossima legislatura della linea di politica
economica portata avanti dall’esecutivo tec-
nico di Mario Monti anche in caso di nascita
di un governo “politico”. E costituisce una
ovvia riduzione della sovranità nazionale del
nostro paese. Ma, a parte la considerazione
che una parte di sovranità nazionale è già
stata svenduta in passato (non solo quello
prossimo, ma anche quello più remoto), que-
sta condizione non ha alternative. Tranne
quella di trasformare la subalternità imposta
dall’emergenza in una opportunità tesa a far
recuperare al paese una condizione almeno
paritaria con quelle delle altre grandi nazioni
europee. Questa opportunità si coglie non li-
mitandosi a rispettare l’agenda stabilita a
Bruxelles, ma sfruttando la spinta imposta
dal condizionamento esterno per realizzare
quelle riforme che riguardano i problemi spe-
cifici italiani e che non sono comprese nelle
indicazioni dell’autorità sovranazionale a cui
L’
i nostri governi hanno demandato il compito
di farci uscire dalla crisi. Esistono, in sostanza,
delle peculiarità tutte italiane nella crisi ge-
nerale dello stato sociale burocratico-assi-
stenziale del Vecchio continente. E gli obblighi
dell’Europa dovrebbero diventare lo stimolo
per eliminarle una volta per tutte. Promuo-
vere queste riforme, tese ad affiancare al-
l’azione di risanamento anche il tentativo di
eliminare le anomalie specifiche italiane, è
compito della cultura politica d’ispirazione
liberale. Quella cultura che è presente nelle
tre grandi aree politiche italiane del centro
destra, del centro sinistra e delle forze inter-
medie. E che, sia pure con sensibilità e prio-
rità diverse, ha da tempo identificato nelle
riforme delle istituzioni, del fisco, del lavoro,
delle autonomie e della giustizia i nodi prin-
cipali da sciogliere per liberare il paese dai
condizionamenti negativi che esso stesso si
è creato nel tempo. La proposta che
L’Opi-
nione
lancia ai liberali di tutti gli schieramenti
non è di realizzare una impossibile riunifica-
zione o un irrealistico inciucio trasversale ma
di restare ognuno solidamente ancorato al
proprio campo concordando solo l’impegno
a portare avanti la realizzazione delle cinque
grandi riforme indicate. Qualcuno, dopo le
elezioni, si ritroverà tra i vincitori, qualche
altro tra i vinti. O forse tutti si ritroveranno
obbligati ad una convivenza innaturale come
quella dei sostenitori dell’attuale governo tec-
nico. Ma se ci sarà tra i liberali di destra, di
centro e di sinistra un impegno comune a
perseguire le cinque grandi riforme indispen-
sabili per il paese la nuova legislatura perderà
l’aspetto attuale di salto nel buio e diventerà
l’occasione per la tanto attesa ripresa.
II
POLITICA
II
Oggi a L’Aquila si lancia
un’“Agenda per l’Italia”
Bergamini: «Al bivio,
o riforme o crolla tutto»
Batman, le spese pazze e il Leviatano incancrenito
di
CLAUDIO ROMITI
al “Caso Batman”, alias
Franco Fioriti, emerge il so-
lito inquietante quadro di un si-
stema politico devastato e asso-
luamente
incapace
di
autocorreggersi. Un sistema poli-
tico avvitato su se stesso la cui ul-
tima spiaggia sembra quella di
trovare nell’imputato di turno, in
questo caso l’ex capogruppo del
Pdl alla Regione Lazio, un como-
do capro espiatorio su cui scari-
care tutta la responsabilità di un
sistema criminogeno che va ben
al di là delle presunte spese pazze
avvenute nell’ambito del Consiglio
regionale. Un sistema criminogeno
che si chiama democrazia del con-
senso e che si fonda in gran parte
nell’uso indiscriminato e irrespon-
sabile di sempre maggiori risorse
appartenenti alla collettività.
Attualmente la mano pubblica
in Italia spende circa 830 miliardi
di euro all’anno, qualcosa come il
55%
di una ricchezza, peraltro, in
forte contrazione. Ciò determina
a tutti i livelli amministrativi un
enorme fiume di danaro da gestire
da parte della sfera politico-buro-
cratica.
Ebbene, mi sembra evidente
che, dovendo spendere questa gi-
gantesca quantità di soldi altrui,
chi si trova nelle varie stanze dei
bottoni cerchi in tutti i modi pos-
sibili, spesso col timbro di una leg-
gina compiacente, di ritagliarsi
una sempre più ampia fetta di ri-
sorse per i propri “vizietti”. È as-
D
solutamente nell’ordine delle cose
che organismi elettivi, privi di al-
cun vincolo costituzionale nelle
spese, possano stabilire per decre-
to qualunque forma di sperpero,
tanto a proprio vantaggio che a
quello dei relativi elettori e clien-
tele. Proprio in merito alla vicenda
in oggetto, il cittadino comune ha
scoperto che in Italia gli organi di
rappresentanza democratica uti-
lizzano un meccanismo piuttosto
opaco, detto “manovra d’aula”,
con cui al momento del bilancio
destinano ai gruppi ed ai singoli
membri dell’assemblea una consi-
stente quota di risorse in modo
quasi informale, senza alcuna spe-
cifica disposizione di legge. Ma
molti altri sono i meccanismi, più
o meno surrettizi, con i quali chi
fa politica per professione riesce
far quadrare, per così dire, i suoi
già grassi bilanci.
Ed è, pertanto, evidente che ci
troviamo di fronte non a casi sin-
goli di ordinaria ruberia, bensì ad
un sistema che è andato incancre-
nendosi nel tempo e la cui cura e
guarigione appaiono molto ardue,
soprattutto per la difficile com-
prensione delle cause radicali che
si trovano alla base del dissesto.
A questo proposito, soprattutto
negli ambienti della sinistra e del
crescente giacobinismo di protesta,
continua ad essere propagandata
l’idea, a mio avviso del tutto de-
lirante, di sostituire in blocco l’at-
tuale classe politica con una nuo-
va genia di amministratori onesti
e totalmente dediti al bene comu-
ne. Come se ciò potesse essere rea-
lizzato a tavolino, semplicemente
convocando intorno ad una “nuo-
vo” o rinnovato movimento o par-
tito un consorzio di individui a
prova di corruzione. A tale pro-
posito sono decenni che il nostro
tragicomico teatrino della politica
è ingombro di personaggi che pro-
clamano di appartenere al cosid-
detto partito degli onesti, senza
che questo abbia prodotto alcun
beneficio sul piano della moraltà
pubblica, anzi. C’è addirittura chi
pensa di risolvere la questione at-
traverso l’estensione a tutti i par-
titi della pagliacciata delle prima-
rie. Come se, al pari del consenso
elettorale acquisito attraverso la
spesa pubblica, non fosse poi pos-
sibile fare altrettanto in tale forma
di selezione dei quadri politici.
Non è con i marchingegni e le
alchimie che possiamo pensare di
contrastare il dilagante utilizzo per
fini personali che la classe politica
fa dei nostri soldi. L’unico modo
per ridurne di sprechi è solo quel-
lo di limitarne l’uso dei quattrini,
secondo il principio sacrosanto
dell’occasione che fa l’uomo ladro.
Solo abbattendo drasticamente il
numero delle competenze pubbli-
che, degli uomini che se occupano
e dei relativi fondi a disposizione
è ragionevole pensare ad una at-
tenuazione del fenomeno in og-
getto.
In sostanza la solita ricetta li-
berale, da sempre tradita in Italia,
che vuole meno Stato, meno spesa
pubblica e meno burocrazia. Al-
trimenti, lasciando in piedi l’at-
tuale mostruoso leviatano, conti-
nueremo per molti anni ancora ad
indignarci per qualcosa che è, ahi-
noi, assolutamente inscritta nel si-
stema.
L’unico modo
per ridurre di sprechi
è solo quello di limitare
l’uso dei quattrini
Altrimenti continueremo
ancora ad indignarci
per qualcosa
di strutturale al sistema
uale ruolo può assumere la politica
nella situazione complicata in cui
il paese versa?». A questa la domanda De-
borah Bergamini, deputata del Popolo della
libertà, proverà a rispondere oggi ad Assergi,
nel corso della tavola rotonda nella quale,
insieme ad Antonio Martino, Enrico Mo-
rando e al direttore de
L’Opinione
,
Arturo
Diaconale, lancerà cinque grandi proposte
di riforme da realizzarsi nella prossima le-
gislatura. «Anche perché chi interverrà oggi
non è un tecnico: siamo tutti parlamentari
e dobbiamo porci la domanda su cosa la
politica stia facendo per risollevare le proprie
sorti».
Secondo Bergamini uno dei principali
fattori della crisi che l’Italia sta attraversando
è l’incapacità della classe dirigente di rispon-
dervi adeguatamente. «Assistiamo ogni gior-
no ad una continua perdita di credibilità –
continua Bergamini – E la politica viene
sempre più considerata inutile se non dan-
nosa». Un segno dei tempi che cambiano,
perché oltre la degenerazione dei costumi
delle classi dirigenti, «un certo lassismo ve-
niva perdonato nei decenni scorsi, quando
la crisi non c’era e il benessere era più dif-
fuso. Oggi è intollerabile».
Si fanno sentire gli effetti dello scandalo
che ha investito il Pdl nel Lazio, e che stanno
interessando anche i consigli regionali di
Campania ed Emilia Romagna. I segnali che
il malcostume della gestione dei fondi alle
autonomie è probabilmente un problema
diffuso «che interessa tutti i partiti». La tem-
pesta che ha investito Franco Fiorito e, di
riflesso, Renata Polverini «rischia di essere
la pietra tombale sul ruolo della politica nei
«
Q
prossimi anni». Per l’onorevole azzurra sia-
mo di fronte ad un vero e proprio bivio: «O
si rigenera in fretta, o degenera per sempre».
Per Bergamini è estremamente urgente «ri-
pensare l’utilizzo dei finanziamenti e preten-
dere un’effettiva e puntuale rendicontazio-
ne». Anche perché l’humus da cui ripartire
ci sarebbe, non tutti quelli che fanno politica
«
sono animati esclusivamente da persona-
lismi o sono ladri».
Ma l’insofferenza è tanta, in particolar
modo in un momento in cui la crisi si fa sen-
tire. La deputata pidiellina è critica rispetto
alla strategia di inasprimento della pressione
fiscale del governo: «Faccio un esempio. Il
governo ha tassato lo stazionamento delle
barche nei porti. Avevamo avvisato un anno
fa che sarebbe stato un danno per l’indotto,
perché i proprietari avrebbero portato i na-
tanti all’estero. Ieri l’esecutivo ci ha comu-
nicato il saldo: 24 milioni invece dei 155
previsti. Considerando il danno all’indotto,
un’operazione in perdita».
Per questo Bergamini propone «una ri-
forma complessiva», tenendo conto che il
problema è che oggi «il carico fiscale com-
pensa l’enorme e intollerabile spesa pubblica.
Chi governerà dovrà mettere mano a questo
assurdo, rivedere il rapporto tra spesa pub-
blica e tasse». Ma la rivoluzione alla quale
i partiti si devono preparare è più ampia:
«
Si pone forte il tema di una revisione del
rapporto tra singolo e stato. Credo che nel
tempo si rafforzerà naturalmente una visione
liberale delle possibili soluzioni che si pos-
sono dare al problema. Lo stato sociale è
ormai collassato».
PIETRO SALVATORI
L’OPINIONE delle Libertà
SABATO 22 SETTEMBRE 2012
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