Page 2 - Opinione del 22-9-2012

II
POLITICA
II
segue dalla prima
Peccatori regionali
(...)
La pratica della gogna, dunque, serve
alle copie e all’audience ma distoglie l’atten-
zione dell’opinione pubblica dalla necessità
di affrontare una volta per tutte il tema della
riforma delle autonomie.
Una riforma che non riguarda solo la politica
e i suoi sperperi ma riguarda anche e soprat-
tutto i “poteri forti” (guarda caso quelli pro-
prietari dei grandi media moralizzatori) che
hanno prosperato grazie agli immani flussi
di appalti, convenzioni e quant’altro che pas-
sano attraverso i centri di spesa incontrollati
di regioni (a statuto speciale ed ordinario),
province ed altri enti territoriali.
L’antipolitica, allora, non si combatte facendo
volare qualche straccetto di quarta o quinta
fila. O sacrificando qualche capro espiatorio
di livello nazionale. Si fronteggia presentando
in campagna elettorale un progetto di riforma
serio e completo delle autonomie nel nostro
paese.
Non si tratta di recitare la farsa delle abo-
lizioni delle regioni dopo aver ridicolmente
ed inutilmente ipotizzato la riduzione e l’ac-
corpamento delle province. Né si tratta di ri-
proporre un modello centralista ormai su-
perato dalla storia.
Si tratta, però, di proporre un sistema di au-
tonomie, o se vogliamo un sistema federale)
che sia al tempo stesso responsabile, control-
lato e nazionale.
ARTURO DIACONALE
Cosa vuole Renzi
(...)
Le ultime bordate di Renzi contro la cul-
tura sessantottina o il suo rapporto conflit-
tuale con i sindacati fiorentini stanno perfet-
tamente all’interno di un canovaccio che
punta a togliere ogni punto di riferimento
agli elettori, ribaltare completamente (e con-
tinuamente) il piano del dibattito e oscillare
tra richieste di rinnovamento essenzialmente
interne e appelli al paese e agli elettori di cen-
trodestra.
Voteremo per Matteo Renzi? Certamente no.
Renzi è un uomo di centrosinistra che prova
a fare l’occhiolino al centrodestra ma che re-
sta profondamente legato al blocco culturale
e politico che gli ha garantito l’elezione a pre-
sidente della Provincia e a sindaco di Firenze.
Il centrodestra ha bisogno di altro. E non è
nemmeno difficile da trovare, perché quel
che serve al blocco moderato è scritto a ca-
ratteri cubitali nel dna di questa maggioranza
silenziosa: un leader anti-tasse, capace di di-
segnare lo stato come il male minore e di ri-
disegnarne i confini di conseguenza; un uomo
di valore e di valori, orgoglioso della nostra
tradizione nazionale. Qualcuno capace di de-
clinare al futuro la parola “libertà”.
ANDREA MANCIA
e
SIMONE BRESSAN
CHIUSO IN REDAZIONE CENTRALE ALLE ORE 19,00
Organo del movimento delle Libertà per le garanzie e i Diritti Civili
Registrazione al Tribunale di Roma n.8/96 del 17/01/’96
Direttore Responsabile:
ARTURO DIACONALE
Condirettore:
GIANPAOLO PILLITTERI
Vice Direttore:
ANDREA MANCIA
Caposervizio:
FRANCESCO BLASILLI
AMICI DE L’OPINIONE soc. cop.
Presidente
ARTURO DIACONALE
Vice Presidente
GIANPAOLO PILLITTERI
Impresa beneficiaria per questa testata dei contributi
di cui alla legge n. 250/1990 e successive modifiche e integrazioni.
IMPRESA ISCRITTA AL ROC N. 8094
Sede di Roma
VIA DEL CORSO 117, 00186 ROMA
TEL 06.6954901 / FAX 06.69549024 /
Redazione di Milano
VIALE MONTE GRAPPA 8/A, 20124 MILANO
TEL 02.6570040 / FAX 02.6570279
Amministrazione - Abbonamenti
TEL 06.69549037 /
Ufficio Diffusione
TEL 02.6570040 / FAX 02.6570279 /
Progetto Grafico:
EMILIO GIOVIO
Tipografia
L’OPINIONE S.P.A. - VIA DEL CORSO 117, 00186 ROMA
Centro Stampa edizioni teletrasmesse
POLIGRAFICO SANNIO S.R.L. - ORICOLA (AQ)
TEL 0863.997451 / 06.55261737
Distributore Nazionale
PRESS-DI DISTRIBUZIONE STAMPA E MEDIA S.R.L.
VIA CASSANESE 224, 20090 SEGRATE (MI)
Concessionaria esclusiva per la pubblicità
SISTECO S.P.A. - VIA DEL CORSO 117, 00186 ROMA
TEL 06.6954901 / FAX 06.69549024 /
In vendita obbligatoria abbinata
con ROMA NEWS € 1,00
La rottaMonti nonbasta, servonoaltre coordinate
di
FEDERICO PUNZI
passato quasi inosservato l’ag-
giornamento del Def – docu-
mento di economia e finanza –
adottato dal Consiglio dei ministri,
ma qualsiasi governo politico non
l’avrebbe passata così liscia. Si può
perdonare a un governo di tecnici,
con un economista presidente del
Consiglio e uno al Tesoro, di sba-
gliare così platealmente le previ-
sioni macroeconomiche del paese,
sottovalutando addirittura della
metà il calo del Pil nell’anno in
corso, e nonostante autorevoli isti-
tuzioni internazionali avessero in-
dicato per tempo stime più corret-
te?
Come volevasi dimostrare, le
stime governative si sono dovute
allineare alle previsioni più reali-
stiche di Confindustria, solo due
mesi fa bollate sdegnosamente co-
me pessimistiche e addirittura ac-
cusate di minare la credibilità
dell’esecutivo all’estero. Quest’an-
no, dunque, il Pil dovrebbe calare
del 2,4% e non dell’1,2, come pre-
visto nel Def non un secolo fa, ma
il 18 aprile scorso. Il sospetto è che
sia una stima ancora troppo otti-
mistica e che questo 2012 possa
concludersi con una perdita di ric-
chezza più vicina al 3% che al 2.
Ma perché il governo ha sottova-
lutato la recessione? Delle due
l’una: o ha colpevolmente sotto-
valutato gli effetti depressivi delle
sue politiche, oppure ha consape-
volmente tentato di nascondere la
realtà.
Del parziale mea culpa pronun-
È
ciato qualche giorno fa dal pre-
mier, quando aveva ammesso che
alcune misure adottate dal suo go-
verno, sebbene necessarie, hanno
certamente contribuito ad aggra-
vare la crisi, non c’è più traccia.
Stando alle spiegazioni fornite, il
peggioramento sarebbe dovuto a
ragioni esclusivamente esterne: «Le
condizioni congiunturali dell’eco-
nomia mondiale e l’impatto della
crisi finanziaria dell’euro», il ren-
dimento ancora troppo elevato dei
titoli di stato, che come sappiamo
Monti imputa in gran parte alle
incertezze dei mercati sulla irre-
versibilità della moneta unica piut-
tosto che alle debolezze italiane.
Male anche il rapporto
deficit/Pil, che nel 2012 non scen-
derà sotto il 2,6%, oltre 1 un pun-
to in più del previsto, a causa del
costo del debito ma anche per le
minori entrate rispetto alle attese,
nonostante tutte le stangate fiscali.
Il pareggio di bilancio, sia pure in
termini strutturali, cioè al netto
della congiuntura, sarebbe comun-
que confermato nel 2013 senza bi-
sogno di ulteriori manovre, se non
una seconda fase di spending re-
view per reperire i 6,5 miliardi che
servono a scongiurare del tutto
l’aumento dell’Iva, per ora solo
rinviato al luglio del 2013.
Il governo è stato anche co-
stretto ad ammettere che almeno
nominalmente l’Italia resterà in re-
cessione anche nel 2013, con un -
0,2%
che ribalta l’iper-ottimistica
stima di aprile (+0,5%). Ma solo
a «causa dell’effetto trascinamen-
to» del forte calo del 2012, precisa
Monti. Già il 2013 «sarà un anno
di crescita», grazie a una leggera
ripresa nella seconda metà dell’an-
no. Ciò è sufficiente a far dire al
premier che «inizia a vedersi la lu-
ce in fondo al tunnel».
Se per l’esecutivo l’attuale re-
cessione non è stata aggravata dal-
le sue scelte di politica fiscale, la
lieve ripresa prevista nel 2014-
2015 (
+1,1% e +1,3%) sarebbe
invece merito degli «effetti positivi
delle riforme strutturali» introdot-
te. Certo, se ad aprile il governo
non ha saputo centrare la stima
dell’anno in corso, figuriamoci che
valore possono avere le stime di
oggi per 2014 e 2015. Anche a
prenderle per buone, sembrano
troppo simili agli stentati +1% che
l’economia italiana ha fatto regi-
strare negli anni pre-crisi, quando
già si parlava di declino, e dunque
non lasciano immaginare un supe-
ramento dei problemi strutturali
del paese. Sembra inoltre una cre-
scita insufficiente a garantirci un
percorso credibile di rientro dal
debito come richiesto dal fiscal
compact.
Il governo ha confermato di
voler affiancare alla strategia che
punta su corposi avanzi primari –
che in presenza di scarsa crescita
potrebbe richiedere nuove mano-
vre recessive, con il rischio di en-
trare in una spirale – un program-
ma di dismissioni del patrimonio
dello stato, sia immobili che par-
tecipazioni pubbliche, per incidere
direttamente sullo stock di debito.
Ma l’entità dell’operazione – un
punto percentuale di Pil l’anno,
una quindicina di miliardi – po-
trebbe non essere sufficiente. La
riduzione del debito pubblico così
prevista – dal 123,3% nel 2012 a
122,3%
nel 2013, 119,3% nel
2014
e 116,1% nel 2015 – potreb-
be essere troppo lenta, anche con-
siderando l’eventualità di congiun-
ture sfavorevoli.
È vero che se l’Italia non con-
tinuasse nella strada intrapresa da
Monti, si troverebbe ben presto di
nuovo sotto l’attacco dei mercati
e non credibile in Europa, ma la
sensazione è che non basti tenere
il pilota automatico sulle coordi-
nate tracciate dal professore. Con
una pressione fiscale ormai al
55%,
sottraendo il sommerso, e
un total tax rate sulle imprese del
68%,
occorre urgentemente alleg-
gerire il carico, tagliando più inci-
sivamente la spesa pubblica e ri-
definendo il perimetro dello stato
(
le recenti “sprecopoli” regionali
dimostrano che di grasso ce n’è
ancora molto), e avere più corag-
gio sulle dismissioni per abbattere
il debito.
Le stime del Pil
governative si sono
allineate alle previsioni
di Confindustria
Non serve più tenere
il pilota automatico
sulla traiettoria
tracciata dal professore
L’OPINIONE delle Libertà
SABATO 22 SETTEMBRE 2012
2