Page 2 - Opinione del 14-9-2012

II
POLITICA
II
Terroristi? Sono solo“compagni che sbagliano”
di
FEDERICO PUNZI
e qualcuno vi dicesse che il ra-
pimento e l’uccisione di Aldo
Moro, l’assassinio di D’Antona e
di Biagi, per citare crimini più re-
centi, non furono atti di terrori-
smo, ma solo “sovversivi”, proba-
bilmente gli dareste del pazzo
delirante. Eppure, è ciò che in pra-
tica hanno sancito la Corte di Cas-
sazione e la Corte d’assise d’appel-
lo di Milano nelle sentenze di
condanna che riconoscono gli im-
putati, appartenenti alle «nuove
Brigate rosse-Partito comunista po-
litico militare» (Pcpm), colpevoli
sì di associazione sovversiva (arti-
colo 270 del codice penale), ma
non di terrorismo (articolo 270-
bis). Non si tratta di una questio-
ne solo nominalistica, tra le due
fattispecie di reato ballano parec-
chi anni di pena. Ma l’organizza-
zione neobrigatista non può essere
considerata terroristica, sostengo-
no i giudici, perché non si ravvi-
sano in essa «il proposito di inti-
midire indiscriminatamente la
popolazione, l’intenzione di eser-
citare costrizione sui pubblici po-
teri», né «la volontà di destabiliz-
zare» o «distruggere gli assetti
istituzionali del Paese». I “sovver-
sivi” si sono limitati ad incendiare
le sedi di Forza Italia a Milano e
di Forza Nuova a Padova, e a
progettare attentati contro la sede
del quotidiano
Libero
,
un mana-
ger della Breda e il giuslavorista
e senatore Pietro Ichino.
Gli imputati avevano sì in testa
un «disegno eversivo», «sovversi-
vo», e stavano progettando una se-
rie di azioni, ma la loro – scrivono
i giudici d’appello nelle motivazio-
ni – era una «violenza generica e
non terroristica». Portatori di una
«
aberrante visione ideologica»,
non disdegnano «affatto la violen-
za della guerra», che anzi rappre-
senta per loro «il momento finale
dello scontro di classe». Volevano
fare «proseliti» attraverso la «pro-
S
paganda armata», per questo sta-
vano preparando «plurimi atten-
tati» e Ichino era uno dei loro
«
obiettivi politici». Tuttavia, non
hanno agito con «modalità terro-
ristiche» – e qui l’argomentazione
si rende ridicola – perché i loro
bersagli erano mirati, scelti e indi-
viduati con precisione, e si pone-
vano «il problema di evitare gli
effetti collaterali” della loro azio-
ne eversiva e violenta», poiché non
era loro intenzione «generare pa-
nico o terrore». Ammesso e non
concesso che l’assassinio dell’en-
nesimo giuslavorista non intimidi-
sca la popolazione, ma progettare
un attentato ad un senatore della
Repubblica non esprime forse «la
volontà di destabilizzare gli assetti
istituzionali»?
In questo modo i giudici ri-
schiano di legittimare implicita-
mente la logica e i criteri dei bri-
gatisti nell’individuare le loro
vittime. La sentenza di fatto attri-
buisce, unicamente sulla base dei
loro disegni criminali, il carattere
di “non indiscriminate” ad aggres-
sioni che in effetti appaiono pro-
prio indiscriminate, dal momento
che solo nella mente dei brigatisti
speriamo non anche dei giudici
la vittima viene assunta con mo-
tivo e non indiscriminatamente a
simbolo e rappresentante del “si-
stema” da abbattere. E il discrimi-
ne può essere semplicemente di or-
dine pratico: tra i potenziali
bersagli colpire il meno protetto.
L’aggravante delle finalità ter-
roristiche, osserva Ichino, è stata
introdotta nel codice proprio per
combattere la lotta politica armata,
ma da oggi è di fatto inservibile.
A ben vedere, infatti, storicamente
il terrorismo rosso non ha mai agi-
to così indiscriminatamente come
pretendono i giudici oggi perché
si configuri la matrice terroristica.
Negli anni ‘70 iniziarono indivi-
duando i loro bersagli prima nelle
fabbriche, tra gli industriali e tra i
sindacalisti, poi tra i magistrati che
li perseguivano, per arrivare ai
giornalisti, ai politici e agli statisti
come Moro. Questa sentenza as-
solve dall’accusa di terrorismo an-
che le vecchie brigate rosse.
Il bersaglio in realtà è indiscri-
minato perché non è la persona
Ichino che si vuole colpire, ma lui
in quanto simbolo della categoria
a cui appartiene o delle idee che
esprime. Tutti coloro che fanno
parte della categoria di Ichino, gli
studiosi di diritto del lavoro impe-
gnati in politica, o di altre, come
manager di aziende, giornalisti, po-
litici, uomini delle istituzioni, e tut-
ti coloro bollati per le loro idee co-
me nemici di classe, sono
potenziali bersagli. È evidente per
ciò come l’obiettivo non sia colpi-
re una singola persona, ma terro-
rizzare un’intera categoria e cor-
rente di pensiero politico. Certo,
il “sovversivo” dirà che chi non è
nemico di classe, chi non sostiene
il “sistema”, non ha nulla da te-
mere. Lo stesso leader delle nuove
Br, Alfredo Davanzo, ha fornito la
prova del carattere indiscriminato
delle loro intenzioni, quindi terro-
ristiche, quando rispondendo a
Ichino ha detto: «Questo signore
rappresenta il capitalismo, lui è
l’esecutore di questo sistema e noi
eseguiremo il dovere di sbarazzarci
di questo sistema». In queste pa-
role, pronunciate in udienza, da-
vanti ai giudici, c’è sia l’ammissio-
ne di voler colpire gli «esecutori
di questo sistema», un bersaglio
direi sufficientemente indiscrimi-
nato, sia di voler destabilizzare»
o «distruggere gli assetti istituzio-
nali» (il sistema).
Sembra che agli occhi dei giu-
dici per «intimidire indiscrimina-
tamente la popolazione» ci voglia
un attentato che possa coinvol-
gere potenzialmente chiunque tra
60
milioni di persone. Non basta
forse, per essere “indiscriminato”
e per “intimidire”, che possa col-
pire nel mucchio un’ampia cate-
goria di persone, addirittura tutti
gli «esecutori di questo sistema»,
quindi in teoria non solo i milioni
di persone (tra cui magistrati e
uomini delle forze dell’ordine)
che servono lo Stato?
Queste sentenze rischiano di
rappresentare molto più che un
semplice “abbassare la guardia”
rispetto al fenomeno neobrigatista
e anarchico-insurrezionalista. Ri-
schia di passare il messaggio che
entrare nella lotta armata, conce-
pire la guerra contro il “sistema”
e i suoi uomini come uno strumen-
to di lotta politica, non è terrori-
smo, a patto di selezionare con cu-
ra i bersagli, preoccupandosi di
evitare vittime “collaterali”. Basta
essere accurati, insomma, per sfug-
gire all’accusa di terrorismo e farsi
molti meno anni di carcere?
Per la Cassazione
e la Corte d’assise
d’appello di Milano,
i componenti
delle Nuove Br non sono
terroristi”, ma solo
sovversivi”. Perché
sceglievano i bersagli
Non si tratta soltanto
di una questione
nominalistica:
tra le due fattispecie
di reato ballano
parecchi anni di pena.
E il rischio è legittimare
la logica brigatista
segue dalla prima
La strage di Bengasi
(...)
I morti americani di Bengasi, dunque,
ricadono sul governo americano. Che ha
sbagliato per leggerezza, incompetenza ed
egoismo e ne ha pagato dolorosamente le
conseguenze.
Stabilire una responsabilità del genere,
però, significa avere ben chiaro che non
ci si può limitare ad esprimere solidarietà
allo storico alleato ferito. Bisogna andare
oltre. E chiarire che nella politica medi-
terranea ed araba l’interesse perseguito
da Obama e dalla Clinton non coincide
affatto con l’interesse dell’Europa in ge-
nerale e del nostro paese in particolare.
Anche gli italiani e gli europei hanno ne-
cessità di petrolio arabo. Ma Bengasi, Tri-
poli, Tunisi, Il Cairo e la stessa Damasco
distano un tiro di schioppo (o un lancio
di missile a medio raggio) dalle nostre co-
ste. E se la sponda meridionale del Medi-
terraneo si riempie di fondamentalisti isla-
mici che predicano e realizzano la guerra
santa contro gli infedeli in nome dell’emi-
rato globale, la faccenda può lasciare in-
differenti gli americani ma pone un dram-
matico problema agli europei ed a noi
italiani.
Affrontare questo problema comporta
prendere le distanze dall’attuale ammini-
strazione Usa. E sperare che una eventuale
amministrazione repubblicana cambi re-
gistro nei confronti del mondo arabo e si
renda conto che favorire in maniera di-
retto o indiretta i fondamentalisti in nome
del petrolio non è una sciocchezza. È il
modo più folle di preparare un disastro
mondiale.
ARTURO DIACONALE
Fedeli obamiani
(...)
Poco importa, agli adoratori della
perla nera”, che il comunicato di Rom-
ney si riferisca agli eventi del Cairo e non
a quelli di Bengasi. I media lo crocifiggo-
no per aver tentato di capitalizzare poli-
ticamente una strage ancora non avvenu-
ta. E con ogni probabilità avrebbero fatto
lo stesso, qualunque fosse stata la risposta
di Romney. A meno che - come scrive
Guy Benson su Townhall.com - «non si
fosse messo ad applaudire l’amministra-
zione Obama, per poi tornare a sedere in
un angolo, in silenzio». L’operazione è
chiara, come palese è il suo obiettivo:
sviare l’opinione pubblica dalle respon-
sabilità di una Casa Bianca finora giudi-
cata (a torto) appena sufficiente soltanto
sui temi della politica estera. Il terrore di
possibili ripercussioni sulla campagna
elettorale in corso ha preso il sopravvento,
portando a questa reazione scomposta e,
francamente, ridicola.
I fedeli obamiani, però, potranno pure
aver fatto guadagnare al presidente un
paio di “news cycle”, ma quando la neb-
bia della disinformazione si sarà diradata,
ad attenderli ci sarà la dura realtà. E gli
elettori americani non potranno non no-
tare le inquietanti analogie tra il 2012 e
il tramonto della presidenza di Jimmy
Carter. In economia, con lo stallo della
crescita e la disoccupazione crescente, ma
anche in politica estera, con l’appease-
ment ad ogni costo e l’impotenza di fron-
te all’arroganza del fondamentalismo isla-
mico.
Allora, se il virus dell’europeizzazione an-
cora non ha preso il sopravvento, agiran-
no di conseguenza. Licenziando la sedia
vuota di Barack a novembre, come hanno
fatto con Carter nel 1980. «Si può ingan-
nare tutti una volta, qualcuno qualche
volta, ma non tutti per sempre»: a dirlo
era John Fitzgerald Kennedy. Altro che
Obama.
ANDREA MANCIA
Direttore Responsabile:
ARTURO DIACONALE
Condirettore:
GIANPAOLO PILLITTERI
Vice Direttore:
ANDREA MANCIA
Caposervizio:
FRANCESCO BLASILLI
AMICI DE L’OPINIONE soc. cop.
Presidente
ARTURO DIACONALE
Vice Presidente
GIANPAOLO PILLITTERI
Impresa beneficiaria per questa testata dei contributi
di cui alla legge n. 250/1990 e successive modifiche e integrazioni.
IMPRESA ISCRITTA AL ROC N. 8094
Sede di Roma
VIA DEL CORSO 117, 00186 ROMA
TEL 06.6954901 / FAX 06.69549024 /
Redazione di Milano
VIALE MONTE GRAPPA 8/A, 20124 MILANO
TEL 02.6570040 / FAX 02.6570279
Amministrazione - Abbonamenti
TEL 06.69549037 /
Ufficio Diffusione
TEL 02.6570040 / FAX 02.6570279 /
Progetto Grafico:
EMILIO GIOVIO
Tipografia
L’OPINIONE S.P.A. - VIA DEL CORSO 117, 00186 ROMA
Centro Stampa edizioni teletrasmesse
POLIGRAFICO SANNIO S.R.L. - ORICOLA (AQ)
TEL 0863.997451 / 06.55261737
Distributore Nazionale
PRESS-DI DISTRIBUZIONE STAMPA E MEDIA S.R.L.
VIA CASSANESE 224, 20090 SEGRATE (MI)
Concessionaria esclusiva per la pubblicità
SISTECO S.P.A. - VIA DEL CORSO 117, 00186 ROMA
TEL 06.6954901 / FAX 06.69549024 /
In vendita obbligatoria abbinata
con ROMA NEWS € 1,00
CHIUSO IN REDAZIONE CENTRALE ALLE ORE 19,00
Organo del movimento delle Libertà per le garanzie e i Diritti Civili
Registrazione al Tribunale di Roma n.8/96 del 17/01/’96
L’OPINIONE delle Libertà
VENERDÌ 14 SETTEMBRE 2012
2