Page 5 - Opinione del 13-9-2012

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ESTERI
II
Furia islamica contro gli Usa
Ucciso l’ambasciatore in Libia
di
STEFANO MAGNI
cene da rivoluzione islamica, in
Libia ed Egitto. Nella notte scop-
pia l’insurrezione a Bengasi, contro
il consolato statunitense. E il bilan-
cio è drammatico: 4 morti, fra cui
anche l’ambasciatore in Libia, Chri-
stopher Stevens, morto soffocato
durante lo scontro, secondo il mi-
nistero dell’Interno libico. Il giorno
prima, al Cairo, proprio in occasio-
ne dell’11mo anniversario dell’11
settembre, una folla di islamici ave-
va attaccato l’ambasciata americana,
strappato la bandiera e issato il ves-
sillo nero della Jihad. In entrambi i
casi si è trattato di manifestazioni
violente, ben organizzate e condotte
da uomini armati. Colpi di arma da
fuoco sono stati esplosi al Cairo,
durante l’assalto all’ambasciata. Fra
gli organizzatori della “manifesta-
zione” c’era anche il fratello di Al
Zawahiri, l’ideologo di Al Qaeda.
A Bengasi è stata una vera e propria
battaglia: lanciagranate, raffiche di
mitra e lancio di bombe a mano
dentro le finestre della sede diplo-
matica. In Libia la guerra civile è fi-
nita da quasi un anno, ma i gruppi
islamici si tengono le armi. Gli as-
salitori dell’ambasciata sono stati
organizzati da un gruppo autopro-
clamatosi “Sostenitori della legge
coranica”.
L’uccisione di un ambasciatore
statunitense all’estero è praticamente
S
un atto di guerra. Che cosa ha cau-
sato tanta violenza? Come si è ar-
rivati fino a questo punto? Secondo
gli organizzatori delle proteste, la
folla ha reagito spontaneamente alla
pubblicazione, su YouTube di un
film” americano su Maometto.
Non si tratta di un vero e proprio
film, ma di un video amatoriale, dal-
l’umorismo amaro. Promosso da un
egiziano copto espatriato negli Usa
e prodotto da un certo Sam Bacile,
il video è stato notato da pochi.
Tranne che dagli integralisti islamici.
Che hanno subito colto l’occasione
per lanciare una nuova campagna
globale contro la “blasfemia” occi-
dentale, analoga a quella, a suo tem-
po, contro le vignette su Maometto.
Ma si tratta di vero furore religioso
o è un pretesto? Molti elementi sug-
geriscono che si tratti solo di un pre-
testo. Perché le manifestazioni erano
dirette contro le sedi diplomatiche
americane e sono scattate proprio
in occasione dell’anniversario
dell’11 settembre. È chiaro che si
tratta di un esplicito avvertimento
degli integralisti islamici agli Stati
Uniti e ai nuovi governi locali so-
stenuti da Washington. In Egitto si
tratta di un test importante per il
presidente Mohammed Morsi, lea-
der dei Fratelli Musulmani, ma fi-
nora relativamente pragmatico e vi-
cino all’Occidente nella sua gestione
della politica. Il Cairo, proprio in
questi giorni, sta negoziando con gli
Usa un nuovo prestito da 1 miliardo
di dollari. Gli integralisti più inte-
gralisti del presidente lo vogliono
mettere alla prova, per vedere da
che parte sta. In Libia è un test an-
cora più difficile per l’instabile go-
verno democratico succeduto a
Gheddafi. L’ambasciatore ucciso,
Christopher Stevens, era il rappre-
sentante americano nel Consiglio
Nazionale di Transizione, durante
la rivoluzione contro Gheddafi. I
fondamentalisti islamici libici hanno
dimostrato, in modo estremo, di
non essergli affatto grati. La palla
passa ora agli Stati Uniti. Sarà Wa-
shington a decidere che tipo di rap-
porti tenere con questi nuovi gover-
ni, nati da una Primavera Araba che
Obama ha sempre apertamente so-
stenuto, in Libia anche con un (co-
stoso) intervento militare.
Nbc: meglio le Kardashian del lutto nazionale
K
La Tv americana Nbc non ha rispettato il minuto di silenzio
per l’11 settembre, mandando in onda l’intervista a Kris Jenner
Kardashian (madre delle celeberrime sorelle). Bufera sul network
Obama in testa
e carta Imprevisti
Assalto alle sedi
diplomatiche statunitensi
al Cairo e a Bengasi.
I fondamentalisti
protestano contro
un video americano
blasfemo”.Ma si tratta
solo di un pretesto
Un israeliano eroe dell’11-9
Ma trionfa il complottismo
arack Obama stacca Mitt
Romney nei sondaggi elettorali
di questa seconda settimana di set-
tembre. La media dei rilevamenti
nazionali elaborata da Real Clear
Politics lo dà in testa di 3,2 punti
percentuali sul suo rivale repubbli-
cano. Occorre vedere, ora, se si trat-
ti di un successo solo effimero e
motivato dalla Convention nazio-
nale dei Democratici, svoltasi a
Charlotte proprio la settimana
scorsa. Oppure se il trend sia real-
mente favorevole al presidente in
carica. Alcuni altri sondaggi fareb-
bero pensare alla prima ipotesi
(
successo effimero). Vediamo per-
ché. Le elezioni hanno soprattutto
valenza locale: sono gli stati che
eleggono i Grandi Elettori, che poi,
a loro volta, eleggono il presidente.
La conta dei Grandi Elettori è fer-
ma da due settimane: 221 a favore
di Obama e 191 di Romney, men-
tre 126 sono ancora da giocare. La
partita è ancora aperta e saranno
gli stati indecisi a determinare il vin-
citore. In particolare gli stati che
contano sono: Ohio, Virginia,
North Carolina e Florida. Presi nel
loro complesso, possono fare la dif-
ferenza e determinare il vincitore:
chi li perde si vedrebbe sottrarre 75
Grandi Elettori a vantaggio dell’av-
versario. Solo in Ohio, Barack
Obama ha un vantaggio abbastan-
za solido e registra un trend posi-
tivo, soprattutto dopo la Conven-
B
tion di Charlotte. La media dei son-
daggi locali dà un vantaggio di 3
punti al presidente in carica. In Flo-
rida la situazione è molto più flui-
da. Obama punta a quello stato
dell’estremo Sud, abitato da una
popolazione anziana, con una cam-
pagna incentrata soprattutto sul
Medicare, l’assistenza medica alla
terza età. I Repubblicani non inten-
dono abolirla, però la propaganda
democratica sta facendo presa: il
trend è positivo per Obama. Ma fi-
no ad un certo punto: la media lo-
cale dei sondaggi dà al presidente
in carica 2 punti di stacco e almeno
un rilevamento (Gravis Marketing)
attribuisce a Romney un vantaggio
di 1 punto. In Virginia e anche nella
North Carolina (dove pure si è te-
nuta la Convention Democratica)
è in vantaggio Mitt Romney. A
questi stati si può aggiungere anche
il Wisconsin (10 Grandi Elettori,
tradizionalmente democratico) do-
ve il distacco di Obama su Romney
appare sempre più sottile. E infine,
come nel Monopoli, c’è sempre da
pescare la carta “Imprevisti”. L’as-
sassinio dell’ambasciatore Usa in
Libia dimostra, come minimo, che
la politica estera di Obama non sia
stata affatto lungimirante nell’ap-
poggio alla Primavera Araba. Ora
si attendono le ripercussioni anche
sull’indice di gradimento per la Ca-
sa Bianca.
(
ste. ma.)
gni “nine eleven” che Dio
manda in terra gli ebrei ven-
gono rievocati a torto, molto spes-
so, e, qualche volta, anche a ragio-
ne. Il 2012, a undici anni esatti dalla
tragedia che cambiò il mondo oc-
cidentale non di certo in meglio,
non ha fatto eccezione. Ma, per una
volta, accanto ai soliti accenti com-
plottistico apocalittici secondo i
quali dietro l’attentato alle Torri
Gemelle è apparsa anche una ver-
sione positiva che testimonia il vano
eroismo di un cittadino americano
di religione ebraica nel cercare di
fronteggiare uno degli infami atten-
tatori sul volo 11 American Airlines
prima che quest’ultimo si schian-
tasse sulla prima torre. Il rapporto
della commissione Usa sugli atten-
tati dell’11 settembre 2001 pubbli-
cato martedì scorso riportato da
Haaretz, e diffuso in Italia solo dal
sito Focus on Israel, di Emanuele
Baroz, conferma infatti, fra l’altro,
la vicenda dell’israeliano Daniel Le-
win, passeggero sul volo 11 Ame-
rican Airlines, che tentò di impedire
il dirottamento facendo irruzione
nella cabina prima che l’aereo ve-
nisse fatto schiantare dai terroristi
sui grattacieli del World Trade Cen-
ter, e dunque fu probabilmente la
prima vittima degli attentati di quel
giorno. Secondo il rapporto, Daniel
Lewin sedeva in prima classe quan-
do vide due dei terroristi del gruppo
guidato da Mohammed Atta e Ab-
O
dul Aziz al-Omri, che si dirigevano
verso la cabina. Lewin tentò di fer-
mare i due, ma un terzo terrorista,
identificato come Satam al-Sukami,
lo assalì alle spalle e lo accoltellò,
ferendolo in modo gravissimo, pro-
babilmente alla gola. Non è chiaro
se Lewin sia morto subito o se l’ab-
biano lasciato agonizzare a lungo,
come lascerebbero purtroppo in-
tendere le parole registrate di una
assistente di volo. Lewin, 31 anni,
aveva fondato la ditta hi-tech Aka-
mai, con sede a Boston. Nato negli
Stati Uniti, era immigrato in Israele
con la famiglia all’età di 14 anni e
aveva poi servito nelle unità speciali
Sayeret Matkal delle Forze di Difesa
Israeliane. Lasciò la moglie e due
figli. A parte questa lodevole ecce-
zione, peraltro bellamente ignorata
dai media di mezzo mondo, nel dif-
ficile rapporto “ebrei-11 settembre”
la parte del leone hanno anche per
il 2012 continuata a farla le leggen-
de complottiste diffuse per la prima
volta dalla tv degli Hezbollah, Al
Manar. La più infame di queste leg-
gende metropolitane sostiene che
non vi furono ebrei tra i 3 mila e
passa morti di quel giorno. In realtà
furono molto numerosi gli ebrei, di
varie nazionalità, che morirono ne-
gli attentati terroristici dell’11 set-
tembre 2001. Fra questi, anche cin-
que cittadini israeliani: oltre a
Daniel Lewin, perirono Alona Avra-
ham (30 anni), Shai Levinhar (29
anni), Hagai Shefi (34 anni) e Leon
Lebor (51 anni).
Ciò nonostante, anche ora che
l’11 settembre se lo sono “scordati”
per primi i nuovi americani “Oba-
ma like”, continuano a proliferare,
su Internet soprattutto, in siti non
di rado apertamente antisemiti, co-
me Veterans Today, Truth Jihad o
Re-Discover 9/11, nei forum, nei
blog, nei social network, le teorie
cospirative antisemite. Su Facebook
ad esempio c’è l’imbarazzo della
scelta, tra pagine come “Jews Be-
hind 9/11”, “Jews did 9/11'”o
“9/11
was done by the Jews and Il-
luminatis”. E chi osserva senza in-
tervenire è complice del suo futuro
prossimo martirio in nome di una
jihad che è illusorio credere sia fi-
nita con la morte di Bin Laden.
DIMITRI BUFFA
L’OPINIONE delle Libertà
GIOVEDÌ 13 SETTEMBRE 2012
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