Page 4 - Opinione del 13-9-2012

di
GIORGIO PRINZI
*
e fonti da intemperie, come ab-
biamo più volte definito da
queste colonne le cosiddette rinno-
vabili, sono un cancro dalle molte
metastasi che si insinua nell’orga-
nismo economico produttivo sano
in molte allettanti forme con sua-
denti slogan quali “decrescita feli-
ce”. Una volta attecchite, le meta-
stasi prendono il sopravvento e si
sviluppano a spese dell’organismo
ospitante, sino a distruggerlo. Come
un cancro dalle molte metastasi
l’impennata del costo del
chilowat-
tora
dovuto al proliferare delle fonti
da intemperie, soprattutto sole e
vento, distrugge molti più posti di
lavoro di quelli fatui ed eco assistiti,
magicamente creati con motivazioni
verdi” sulla falsariga dei posti da
forestali di certe regioni meridionali.
Poi arriva la decrescita ed invece di
brindare si scopre che non è felice,
ma è di lacrime e sangue. La situa-
zione andrà inoltre a peggiorare
perché l’assorbimento del costoso
chilowattora
prodotto da tale fonte
ha priorità su quelli tradizionali più
economici, per cui il forzoso e tanto
agognato “risparmio energetico” si
abbatterà paradossalmente sull’ali-
quota di minor costo, di conseguen-
za l’onere della componente più co-
stosa è destinato ad accrescersi nella
media ponderale del mix energetico,
facendo ulteriormente aumentare
L
il prezzo medio del
chilowattora
,
come avvenuto in Sardegna che, a
causa della sua insularità, è la prima
regione a sperimentare gli effetti re-
cessivi provocati dall’impatto delle
fonti da intemperie, catastrofici sul
piano umano e sociale, tutt’altro
che la tanto sbandierata “decrescita
felice”. Una ulteriore conferma ci
arriva da un lancio
Agi
di ieri, che
riporta le dichiarazioni di Roberto
Bormioli, Presidente della Confin-
dustria della Sardegna Centrale, il
quale denunzia «la grave situazione
che in questo momento interessa il
sito di Ottana rischia di determinare
la chiusura di 30 imprese e la per-
dita di 500 posti di lavoro», paven-
tando un effetto domino a seguito
dell’annunciata fermata della cen-
trale elettrica del gruppo Clivati a
Ottana. «Oltre le realtà di Ottana
Energia e Ottana Polimeri che con-
tano 230 lavoratori diretti - pun-
tualizza Bormioli - si rischia di met-
tere in crisi sia le altre aziende
insediate nel sito industriale che tut-
te le piccole imprese appaltatrici,
sia locali che esterne, che operano
nei settori dei trasporti, delle ma-
nutenzioni e dei servizi». Purtroppo
non esistono altre soluzioni se non
quella di cambiare radicalmente
l’approccio culturale. Occorre az-
zerare le regalie a queste assurde
soluzioni di elettrogenerazione “eco-
logica” e fare ricorso a produzioni
economiche del
chilowattora
,
quali
ad esempio, come sostenuto dal Co-
mitato Italiano per il Rilancio del
Nucleare, Cirn, quella nucleare. Esi-
ste un tipo di centrale, avanzatissi-
mo sotto tutti i profili compreso
quello della sicurezza, con consegna
garantita in trentasei mesi dall’aper-
tura del cantiere all’erogazione ai
morsetti. Ma i Sardi non hanno vo-
luto e non vogliono il nucleare; so-
no stati i primi, anticipando il pro-
nunciamento nazionale ad
esprimerdi in tal senso con un re-
ferendum popolare. Preferiscono
fare ricorso a queste costosissime e
perniciose forme di produzione di
energia elettrica? È loro diritto, glie-
lo riconosce il riformato Titolo V
della Costituzione. Poi se ne assu-
mano tutte le responsabilità, com-
presa quella della “decrescita felice”,
che dalle reazioni di piazza e dalle
violente manifestazioni sembra poi
essere meno felice di quanto decan-
tato. Non possono fare delle scelte
e poi pretendere, mettendo a ferro
e fuoco Roma, che il governo cen-
trale ripari alle catastrofi che ne so-
no derivate. Ai sensi del Titolo V la
questione energetica è materia di
pertinenza regionale, sono loro a
dovere trovare una soluzione. Ad
onor del vero una soluzione autoc-
tona è stata avanzata e formalizza-
ta. È quella della politica del cardo,
per giunta selvatico.
*
Segretario del Comitato Italiano
per il Rilancio del Nucleare
II
ATTUALITÀ
II
L’ecologismo anti-economico
che non racconta la verità
Ilva, il procuratore
incontra i garanti
a procura è disposta a vagliare
le proposte dell’Ilva «purché
vadano nella direzione di quello
che c’è scritto nell’ordinanza del
gip e affrontino in modo deciso il
vero problema: l’abbattimento del-
le emissioni inquinanti». Questo il
commento affidato alle agenzie di
stampa dal procuratore capo di
Taranto, Franco Sebastio, dopo
l’incontro con due dei tre custodi
giudiziali cui sono affidate le aree
della fabbrica sotto sequestro dal
25
luglio scorso (Barbara Valenza-
no ed Emanuela Laterza, assente
invece Claudio Lofrumento). Se-
bastio ha informato i custodi che
l’Ilva sta predisponendo e presen-
terà a breve il piano degli investi-
menti per ridurre l’inquinamento
e migliorare l’impatto ambientale
della fabbrica, annuncio, questo,
fatto anche stamattina dal presi-
dente dell’Ilva, Bruno Ferrante, ai
sindacati. Il piano dovrebbe essere
consegnato anche alla procura e al
giudice per le indagini preliminari,
Patrizia Todisco, che ha firmato
l’ordinanza di sequestro, accom-
pagnato da un’istanza con cui si
chiede una revisione del provvedi-
mento giudiziario che non prevede
facoltà d’uso ma solo un’attività
finalizzata al blocco delle emissioni
nocive e alla messa in sicurezza.
Nell’incontro di ieri in Tribunale,
nessuna decisione è stata quindi
presa in merito a nuove misure su-
L
gli impianti proprio perché si at-
tende il piano dell’Ilva. I custodi
tuttavia avrebbero posto al procu-
ratore il problema di Ferrante, che,
secondo il loro punto di vista, non
sarebbe compatibile nei due ruoli
di presidente del consiglio d’am-
ministrazione dell’azienda e di cu-
stode giudiziale per quanto riguar-
da «tutti gli aspetti amministrativi
e contabili degli impianti sottoposti
a sequestro» anche «sotto il profilo
finanziario occorrente per gli in-
terventi da realizzarsi ai fini delle
eliminazioni delle emissioni inqui-
nanti», nonché per le «scelte ge-
stionali riguardanti il personale ad-
detto alle aree in sequestro». Tale
funzione di Ferrante è stata indi-
viduata in un provvedimento della
procura del 6 settembre a seguito
della pronuncia del Tribunale del
riesame del 28 agosto che ha rein-
serito Ferrante tra i custodi dopo
che il gip - il 10 e 11 agosto scorsi
-
l’aveva prima rivisto nelle fun-
zioni di custode e successivamente
revocato per «incompatibilità».
Intanto, proprio Ferrante, in-
contrando i sindacati, ha detto che
«
l’Ilva non può scendere sotto una
determinata soglia di produzione,
altrimenti lo stabilimento è messo
a rischio, come la possibilità e la
capacità di fare gli investimenti per
l’ambientalizzazione della fabbrica
che come gruppo vogliamo fare».
(
m.l.)
Giornalisti e politici:
incompetenti sul Lavoro
Gli ascolti della radio
bocciano i prodotti Rai
impressione è che i cosiddetti “giornali
importanti” siano fatti da gente lontana
anni luce dai problemi dei salariati, del lavoro
nel senso tradizionale del termine. Nemmeno
la classe politica sembra abbia compreso che
le fasce più svantaggiate quando non lavo-
rano e non mangiano riproducono schemi e
situazioni vecchie di 100 anni: prima prote-
stano, quindi lanciano sedie e tavoli... poi è
rivolta. La politica avrebbe dovuto prevedere
gli epigoni. I giornali avrebbero fatto bene a
non distogliere mai l’attenzione degli ammi-
nistratori dal Sulcis, dall’Alcoa, dall’Ilva e giù
fino a piccole realtà nella giornata di ieri in
protesta come la Gesip di Palermo e l’Astir
di Napoli. Ma giornali e politici da quando
c’è Monti non fanno altro che ripeterci che
l’Italia non farà un trattamento disoccupa-
zionale alla Greca, a noi l’obbligo di disoc-
cupare altri due milioni di persone non ce lo
metterà nessuno”. Così alla spicciolata ai due
milioni di disoccupati in più pare ci arrive-
remo entro fine anno. E Monti, coadiuvato
dall’informazione referenziata, dovrà dirci
che s’è trattato di pura casualità e non d’un
piano di licenziamenti alla greca. Anzi, i par-
titi che sostengono il governo vedranno del
positivo in questo, e rammenteranno che con
altri due milioni di italiani disoccupati l’Ue
può considerarsi sazia, che non ci verranno
chiesti altri sacrifici. Ma tutti gli addetti ai
lavori sanno bene che le strade sono due: o
si fa lavorare la gente gratis o li si disoccupa.
«
L’iniziativa referendaria di Sel e Idv sull’ar-
ticolo 18 - spiega Ichino - si pone drastica-
mente in contrasto con la strategia che l’Italia
si è data dal novembre scorso per uscire dalla
crisi. La nuova disciplina dei licenziamenti -
L’
evidenzia il giuslavorista - contenuta nella
legge Fornero costituisce un allineamento del
nostro ordinamento, per questo aspetto, al
resto d’Europa. È una scelta che abbiamo
compiuto non soltanto nella convinzione che
questo giovi al migliore funzionamento del
nostro mercato del lavoro, ma anche perché
questo costituiva e costituisce parte essenziale
della strategia del governo Monti per la
scommessa europea dell’Italia e in particolare
per consentirci di essere credibili quando chie-
diamo ai nostri partner europei di garantire
per il nostro debito e di aiutarci ad abbattere
gli interessi su di esso. Tutto questo - prose-
gue Ichino - mi induce a dire che tornare in-
dietro rispetto alla scelta compiuta con la
legge Fornero è coerente soltanto con le po-
sizioni di Sel e di Idv, fortemente contrarie
alla scommessa europea del governo Monti.
Ma è incompatibile con le opzioni strategi-
che essenziali del Pd». Del resto l’Ue ha de-
ciso di far uscire dalla crisi Grecia, Spagna,
Italia e Portogallo attraverso una strada op-
posta a quella tracciata da Keynes, opposta
all’intervento pubblico nell’economia per
garantire la piena occupazione. La via che
obbligatoriamente deve seguire Monti è quel-
la tracciata da Milton Friedman, ovvero far
scaturire la riscossa dall’interno e innalzando
il tasso naturale di disoccupazione: regola
che permette la crescita della massa mone-
taria interna proprio per l’assenza di aiuti
esterni e di stato. Questo i giornali evitano
di rivelarlo, e troppo politicamente scorretto
dire agli italiani che molti di loro devono ri-
manere senza lavoro per trasformarsi final-
mente in veri produttori di Pil.
RUGGIERO CAPONE
a radio, che è stata il fiore all’occhiello
per decenni dell’azienda di viale Mazzini,
è in profonda crisi, surclassata da
Rtl 102.5
,
Radio Deejay
,
Radio 105
,
Rds
.
L’ammiraglia
Radiouno
è precipitata al
quinto posto nella classifica degli ascolti.
Radiodue
è settima,
Radiotre
è la penultima
delle top 15 emittenti italiane. La Rai affon-
da nonostante la buona tenuta della fascia
fino alle ore 9, la credibilità di
Radio anch’io
,
la corazzata sportiva di
Tutto il calcio mi-
nuto per minuto
del
team
ben affiatato e di-
retto da Riccardo Cucchi. Su
Radiodue
fun-
ziona il
Ruggito del coniglio
di Antonello
Dose e Marco Presta. Il palinsesto della nuo-
va stagione, presentato da Antonio Preziosi,
successore dal 2009 di Antonio Caprarica
tornato a Londra, con i ritorni di Barbara
Palombelli in
28
minuti
dal Parlamento, di
Enrica Bonaccorti,
Tornando a casa
,
la no-
vità Lorella Cuccarini, la continuità di
A pa-
role mie
di Umberto Broccoli ha largamente
deluso. Sono rimasti insoddisfatti i 192 gior-
nalisti della testata che attendevano dal me-
gadirettore un guizzo di creatività, l’immis-
sione di idee nuove, l’utilizzazione di tutte
le risorse. La radio Rai non decolla più dai
tempi di Livio Zanetti e Sergio Zavoli. Ep-
pure gli organici sono rimpolpati da un’altra
quarantina di giornalisti con articolo 1 per
9
mesi, allargando il bacino dei precari
sponsorizzati” che così non si svuoterà mai
nonostante le ripetute sanatorie dell’Usigrai.
Paradossalmente più aumentano i giornalisti
e più diminuiscono gli ascolti. Alcune ma-
lefatte sono contenute in un semisconosciuto
libretto-dossier del giornalista e inviato del
Gr1 Piero Baroni. L’informazione Rai è vec-
L
chia, paludata, bloccata dalle alchimie po-
litiche, dal bilancino della “par condicio”
applicata in maniera autoreferenziale in base
alle caselle ideologiche di riferimento dei
giornalisti il cui 85% trova ancoraggio nei
partiti, nei movimenti, nei sindacati di sini-
stra. Non meraviglia che in 4 anni
Radiouno
sia scesa dal primo al quinto posto. Le radio
private, anche quelle più storiche nate do la
metà degli anni Settanta, si sono aggiornate,
ristrutturate, utilizzando le nuove tecnologie.
Per 2 anni il flop della Rai è stato tenuto na-
scosto a causa del fallimento del consorzio
Audiradio che si è spaccato sui criteri di ri-
levazione degli ascolti. Ora però l’anomalia
radiofonica è stata superata dalla rilevazione
della società Eurisko che ha pubblicato i dati
Radio Monitor”. Dato di partenza è che
ogni giorno sono circa 35 milioni gli italia-
ni, dai 14 anni in su, che ascoltano la radio.
Il primo posto in classica è saldamento te-
nuto dal
network
dell’imprenditore Lorenzo
Suraci con 6 milioni 654 mila ascoltatori.
Che si presenta con un unico progetto ra-
dio, tv, web, smartphone, tablet all’insegna
vicino alla gente”. Al secondo posto c’è
Radio Deejay
di proprietà del gruppo
l’Espresso
che raccoglie 5.358.000 ascol-
tatori. Stupisce al terzo posto
Radio 105
del gruppo Finelco fondato nel 1975 dai
fratelli Alberto e Edoardo Hazan con poco
più di 5 milioni. Al quarto si classifica
Rds
,
l’ex
Radio dimensione suono
,
ora dell’edi-
tore Eduardo Montefusco. Solo quinta
Ra-
diouno
che raccoglie 4.585.000 mila ascol-
tatori, appena 3 milioni e 200 mila
Radiodue
e un milione e mezzo
Radiotre
.
SERGIO MENICUCCI
L’OPINIONE delle Libertà
GIOVEDÌ 13 SETTEMBRE 2012
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