Page 1 - Opinione del 13-9-2012

Direttore ARTURO DIACONALE
Fondato nel 1847 - Anno XVII N.212 - Euro 1,00
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Giovedì 13 Settembre 2012
delle Libertà
Casini eMontezemolo saranno concorrenti
ome si fa a mettere d’accordo
un partito tradizionale forma-
to da quadri di professionisti della
politica con un movimento d’opi-
nione caratterizzato da tanti nomi
illustri e da pochi militanti ignoti?
Il giorno in cui Pierferdinando Ca-
sini e Luca Cordero di Monteze-
molo (o i suoi rappresentanti)
avranno trovato una risposta con-
vincente al quesito, l’Udc, Italia
Futura , Fermare il declino e qual-
siasi altro gruppo o movimento
d’ispirazione liberaldemocratica
attualmente in gestazione potran-
no diventare una forza unica ed
occupare stabilmente l’area cen-
trista. Ma fino a quel momento
C
Casini e Montezemolo (o chi per
lui) saranno costretti a non dialo-
gare e (sempre che l’ex presidente
di Confindustria voglia sul serio
chiudere l’esperienza alla guida
della Ferrari e dedicarsi alla poli-
tica) a farsi una concorrenza che
non potrà essere misurata e gentile
ma, come impongono le regole
della politica alle forze che si con-
tendono la stessa area, dura e sen-
za esclusione di colpi.
Sulla carta la quadratura del
cerchio non sembra difficile. Il
problema sembra essere solo di
conciliare le ambizioni personali
del due personaggi. Chi deve fare
il leader del centro? Casini o
Montezemolo? Trovata la rispo-
sta, risolto il problema.
Nella realtà, invece, la questio-
ne del leader è solo la punta affio-
rante dell’iceberg. Quella che ha
sicuramente la sua importanza vi-
sto che Casini nutre ambizioni alte
come quella di diventare il succes-
sore di Giorgio Napolitano e
Montezemolo ha una notorietà ed
una storia che non gli consentono
di diventare il Cesa del genero di
Caltagirone. Tanta importanza,
però, passa in secondo piano ri-
spetto al problema vero che rende
difficile, se non impossibile, la fine
della conflittualità e l’avvio della
collaborazione.
Il problema è che il “corpo”
dell’Udc, quello formato dai qua-
dri territoriali che vivono di poli-
tica nelle amministrazioni locali
ed ambiscono ad avere uno spazio
politico nazionale come punto
d’arrivo della loro attività, non
hanno alcuna intenzione di cedere
il passo e regalare le proprie can-
didature in Parlamento, per cui
hanno tanto speso e lavorato, al-
l’esercito di soli generali di Mon-
tezemolo, di Nicola Rossi e di
Oscar Giannino.
Questione banale? Niente af-
fatto. Questione assolutamente so-
stanziale.
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Mediaset e i media a vent’anni daMani pulite
a parola d’ordine era, una vol-
ta, marciare non marcire. Se-
condo il Duce, quel marciare stava
al posto di guardare avanti e, in-
vece, il marcire,significava starsene
fermi. Da ciò l’altro slogan felicis-
simo del Crapun: «Chi si ferma è
perduto». Vero, verissimo. A pro-
posito di
Verissimo
e della sua
fondatrice” Cristina Parodi, im-
magine iconica del Biscione, fino
a luglio conduttrice del
Tg5
:
ve-
derla su
La7
,
al pomeriggio, mi ha
dato un senso di doppio spaesa-
mento: lei da Mediaset a
La7
,
il
marito Giorgio Gori, già
enfant
prodige
(
rispetto agli attuali) di
Canale5
trasferito armi e bagagli
L
presso Renzi-dove farà il suo pre-
zioso lavoro di
spin doctor
scal-
fendo molte sicurezze di Bersani.
Possiamo chiamarli, sommaria-
mente, passaggi da destra a sini-
stra. Non parliamo poi della
Zan-
zara
di Cruciani e Parenzo. Il
felicissimo, e forse unico nel gene-
re,
format
radiofonico era stato
impiantato nel programma di
TgCom24
e, poi, inopinatamente,
espiantato. Un vuoto. Nel frattem-
po, su
La7
,
era arrivato da Media-
set il sempre politicamente sfrucu-
liante, cioè efficace e tipico, Flippo
Facci e si dice che Porro, del
Gior-
nale
,
ritorni a
La7
dove, peraltro,
un attento Lerner si tiene come
ospite fisso Nuzzi, ottimo giorna-
lista dell’area di centro destra. So-
no, questi
stop and go
,
soprattutto
stop in Mediaset, a dare un segna-
le di fuoriuscite, di rallentamento,
di frenata se non addirittura di in-
vecchiamento a una azienda che
dal suo
tycoon
aveva avuto sempre
l’ordine di marciare, altro che mar-
cire. Certo,l’irruzione nei program-
mi di un modello informativo so-
lido e fluente come
TgCom24
costituisce un decisivo passo avanti
sia nella narrrazione quotidiana
delle
news
sia nella stessa sintassi
espositiva, chè la differenziazione
dei servizi, l’agilità dell’impagina-
zione e l’alta professionalità ma-
schile e femminile(soprattutto la
seconda) indicano uno sforzo idea-
tivo e realizzativo di grande spes-
sore. Ma, come si sa, una rondine
non fa primavera ed anche questa
creatura preziosa di Giordano non
può riempire i vuoti aperti dentro
i palinsesti, dove, peraltro, si con-
fermano le corazzate della Filippi,
le portaerei di Bonolis, i bombar-
dieri di
Striscia
e i fuochi d’artificio
prossimi venturi di Celentano.
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2
di
PAOLO PILLITTERI
Oggi sullo schermo
passano le fiumane
torbide del populismo.
Come all’epoca
di Tangentopoli, quando
era un’occasione
da sfruttare per disfarsi
dei vecchi partiti.
Ma oggi, chi è
il nuovo che avanza?
di
ARTURO DIACONALE
I quadri territoriali
dell’Udc ambiscono
ad avere uno spazio
politico nazionale come
punto d’arrivo della loro
attività: non hanno
intenzione di cedere
il passo e regalare
le proprie candidature
al Parlamento
TUTTI I CONTATTI CHE CONTANO
due volumi
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pagine
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AnnI
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AnnI
I primi frutti della primavera araba
K
Barack Obama, «condanna fer-
mamente lo scellerato attacco» al con-
solato Usa di Bengasi avvenuto l’altro
ieri notte sera in cui è stato ucciso
l’ambasciatore Chris Stevens, insieme
ad altri tre funzionari diplomatici. Una
dura condanna anche quella del segre-
tario di stato Hillary Clinton che ha di-
chiarato che l’attacco è stato portato a
termine «da un gruppo di dimensioni ri-
dotte, non dalle forze del governo li-
bico». Parole che sono arrivate dopo
molte, troppe ore non solo dall’avveni-
mento dei fatti, ma anche dalla diffu-
sione della notizia da parte della
televisione libica Al Asima, e dalle con-
ferme da parte delle emittenti arabe Al
Arabiya e al Jazeera. Il pretesto per
quello che sembra configurarsi come
un violento attacco al consolato è stata
la diffusione in lingua araba di un film
prodotto lo scorso luglio negli Stati
Uniti su Maometto. Un brusco risveglio
per tutti coloro che pensavano che la
Primavera araba avesse instradato i
paesi della sponda sud del Mediterra-
neo sulla strada della pacificazione e
della democrazia.