Page 7 - Opinione del 12-10-2012

II
CULTURA
II
ConcilioVaticano II:mezzo secolodi storia recente
di
GIUSEPPE TALARICO
ome osservava lucidamente
sul
Foglio
del 9 ottobre il di-
rettore Giuliano Ferrara, conside-
rata l’influenza che ha avuto il cat-
tolicesimo nel plasmare l’identità
ed il carattere nazionale del nostro
paese, è fondamentale riflettere
criticamente su quale sia stata la
importanza culturale del Concilio
Vaticano II, sia per i credenti, sia
per gli atei e gli agnostici.
Il Concilio Vaticano II venne
indetto da Papa Giovanni XIII il
25
gennaio 1959. Venne inaugu-
rato l’11 ottobre del 1962, e si
concluse, dopo tre anni di rifles-
sioni e la redazione di quattro co-
stituzioni, nove decreti e tre di-
chiarazioni, sotto la guida del
pontificato di Paolo VI, il cui stile
di governo oscillò tra l’apertura ai
tempi moderni e la necessità di
preservare il legame con la tradi-
zione immutabile della chiesa. La
parola che riecheggiò, durante i
lavori della assemblea conciliare,
fu quella dell’aggiornamento della
Dottrina Cattolica, per annunciare
all’uomo moderno il messaggio
eterno contenuto nel vangelo.
Sulle implicazioni che il Con-
cilio Vaticano II ha avuto nella
storia moderna e sulla sua portata
all’interno della chiesa, si è forma-
ta una discussione da cui è deri-
vata una storiografia dalle tonalità
e indirizzi antitetici ed inconcilia-
bili. Non c’è aspetto della vita e
cultura moderna su cui il Concilio
non abbia espresso valutazioni e
giudizi degni di attenzione: il rap-
porto tra la fede e la scienza, i mu-
tamenti del costume, la contrac-
cezione, il divorzio, il ruolo della
donna nella chiesa e nella società,
il duro e necessario confronto tra
la morale laica e quella cattolica,
gli stili di vita individualistici ed
autonomi propri della società di
massa. Tuttavia il nodo centrale
intorno a cui si è sviluppato il con-
fronto tra gli studiosi di storia, da
cui sono derivate le diverse letture
fornite dalle opere storiche sul si-
gnificato da attribuire al Concilio
Vaticano II, ruota intorno al que-
sito se questo evento segnò uno
spartiacque nella storia della chie-
sa rispetto alla secolare tradizione,
custodita dal patrimonio dottri-
nale e teologico, oppure fu un
grande evento, che si pose in con-
tinuità con la secolare storia del
cattolicesimo.
Bisogna ricordare che intorno
al Concilio Vaticano II sono nate
e si sono sviluppate due ermeneu-
tiche, quella della discontinuità e
quella della continuità. Giuseppe
Alberigo, ha il merito di avere
scritto un’opera storica notevole
sul concilio vaticano II, in più vo-
lumi, ed è considerato il caposcuo-
la e colui che ha sempre letto il
Concilio Vaticano II come un
evento che segna una radicale di-
scontinuità nella storia della chie-
sa. Agostino Marchetto ha, diver-
samente, nei suoi recenti scritti,
offerto una ricostruzione della vi-
cenda storica legata alla celebra-
zione del Concilio Vaticano II che
privilegia la tesi della continuità
di questo grande avvenimento ri-
spetto alla storia precedente della
chiesa ed alla sua dottrina.
Ma quale fu il carattere speci-
fico che definisce l’essenza del
C
Concilio Vaticano II? Come ha no-
tato lo storico Roberto Mattei in
un suo saggio pubblicato sul
Fo-
glio
,
la chiesa è una istituzione che
ha una duplice e diversificata na-
tura, poiché è governata dagli uo-
mini ma ha un suo carattere me-
tafisico e ontologico. Pertanto allo
storico spetta, sulla base dei fatti,
comprendere quanto è avvenuto
durante il Concilio Vaticano II, la
portata delle sue decisioni e la ge-
nesi degli scritti che vennero ema-
nati e promulgati, le conseguenze
dell’evento sulla storia successiva
della società umana. Al teologo
spetta, invece, individuare le no-
vità dottrinarie che il Concilio Va-
ticano II seppe introdurre e inne-
stare nella tradizione millenaria
della chiesa. Si tratta di due livelli
d’indagine, quello storico e quello
teologico, che pur essendo rivolti
all’accertamento della verità, se-
guono percorsi diversi e distinti.
Secondo Roberto Mattei, il
Concilio Vaticano II ebbe una sua
specifica caratteristica che lo dif-
ferenzia profondamente dai pre-
cedenti venti Concili, a partire da
quello di Nicea. Infatti durante il
Concilio Vaticano II la dimensione
e l’aura pastorale prevalsero sullo
stile normativo e dogmatico, volto
Il nodo centrale intorno
a cui si è sviluppato
il confronto
tra gli studiosi di storia,
da cui sono derivate
le diverse letture fornite
dalle opere storiche
sul significato
da attribuire al Concilio
Vaticano II, ruota
intorno al quesito
se questo evento segnò
uno spartiacque
nella storia della chiesa
rispetto alla tradizione
custodita
dal patrimonio
dottrinale e teologico,
oppure fu un grande
evento, che si pose
in continuità
con la secolare storia
del cattolicesimo
a stabilire i principi non negozia-
bili, che aveva segnato i precedenti
Concili della storia della chiesa
cattolica.
Questo fatto si spiega, come ha
notato il teologo e filosofo Gian-
franco Ravasi sull’inserto culturale
del
Sole 24 Ore
di domenica scor-
sa, con la circostanza che all’inizio
degli anni sessanta del secolo scor-
so la chiesa voleva liberarsi dalla
mummificata e cristallizzata ritua-
lità del passato sia per aprirsi alla
società moderna e comprenderne
i bisogni, sia per riscoprire la vi-
talità originaria delle radici cristia-
ne. Da qui derivò il ripudio della
predicazione apologetica, l’abban-
dono del latino, lingua letteraria
per eccellenza, uno stile di comu-
nicazione in linea con il linguaggio
mediatico della modernità. Sempre
secondo Ravasi, vi fu una riaffer-
mazione del primato della parola
di Dio, sicchè la Bibbia, interpre-
tata con il metodo storico critico,
doveva illuminare la eucarestia, la
teologia, la cultura e la chiesa co-
me istituzione immersa nella di-
mensione storico temporale. Ma
soprattutto, grazie al Concilio Va-
ticano Secondo, che aveva posto
l’accento sulla dimensione pasto-
rale e non sui dogmi, vi fu una
apertura per capire il mondo con-
temporaneo, attraversato da fer-
menti e aspettative nuove e sor-
prendenti.
Da qui la esigenza di elaborare
e concepire una nuova antropolo-
gia culturale per porre un argine
ai processi della secolarizzazione,
della eclisse del sacro e della in-
differenza nei riguardi della di-
mensione trascendente, ribadendo
e riaffermando la contemporaneità
della parola di Cristo, capace di
soddisfare le istanze della società
di massa, come sosteneva il filo-
sofo Kierkegaard. Ci si chiede og-
gi, dopo che Papa Benedetto XVI
ha convocato il Sinodo per la nuo-
va evangelizzazione del mondo
contemporaneo, se il Concilio Va-
ticano II sia stato disfatto ed ar-
chiviato dai successori di Giovanni
XIII e da Paolo VI.
In realtà, malgrado le diverse
interpretazioni che la storiografia
ha prodotto ed offerto agli studio-
si sulle implicazioni culturali e teo-
logiche di questo evento, non si
può negare che il Concilio Vatica-
no II ha cambiato profondamente
il modo di comunicare e di essere
presente nella società moderna
della chiesa cattolica. Soprattutto
il Concilio Vaticano II ha offerto
un ritratto dell’uomo moderno la
cui dignità dipende dall’essere sta-
to creato a immagini di Dio, come
creatura dotata di intelligenza, di
una coscienza, di una sua autono-
mia di giudizio, di una anima ca-
pace di compiere cose grandiose
ma anche di rendersi responsabile
di azioni che ne mettono in evi-
denza la sua grande e irrimediabile
miseria umana, segnata dal pecca-
to originale. Oggi, mentre le nuove
generazioni sprofondano nella di-
sperazione e sperimentano l’insen-
satezza della vita, e si osserva la
crisi radicale dei valori in una so-
cietà secolarizzata e in crisi sia
moralmente sia spiritualmente, oc-
corre meditare sulla eredità cultu-
rale che il Concilio Vaticano II
rappresenta per la chiesa e la so-
cietà contemporanea.
L’OPINIONE delle Libertà
VENERDÌ 12 OTTOBRE 2012
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