Page 2 - Opinione del 12-10-2012

er Formigoni arriva la prima
condanna penale, per diffama-
zione contro i radicali italiani. No-
vecento euro di multa cui si ag-
giunge la non piccola somma di
110
mila euro di risarcimento. Da
erogare pronto cassa, la sentenza
è provvisoriamente esecutiva, a
Marco Cappato, Marco Pannella
e Lorenzo Lipparini, i tre radicali
che secondo il giudice di Milano
Carmen D’Elia sono stati diffa-
mati dal governatore della Lom-
bardia quando, a proposito della
vicenda delle firme false per pre-
sentare la lista alle ultime regio-
nali, affermò davanti ai giornalisti
che le manipolazioni sarebbero
state fatte proprio dai denuncian-
ti.
Per i radicali italiani, una bella
soddisfazione economica oltre che
morale. E infatti Marco Cappato,
consigliere regionale in Lombar-
dia, la pietra dello scandalo delle
vicenda firme false che segue un
troncone d’indagine a sè stante,
esulta: «Oggi finalmente un giu-
dice ha riconosciuto l’onore di
una forza politica che già dieci an-
ni fa aveva denunciato in tutte le
procure italiane come si raccolgo-
no e depositano le firme in Italia
per le elezioni».
La sentenza arriva a quasi tre
anni dai fatti. Il pm fece solo il 3
luglio 2011 la richiesta di rinvio
a giudizio, poi in aula tutto è an-
dato più velocemente, considerato
che le dichiarazioni del “Celeste”
risalgono all’inizio del 2010.
L’intemerata che è costata una
condanna a Formigoni, cui, risar-
cimenti a parte, è andata anche
bene visto che il pm in aula aveva
chiesto una pena di un anno di re-
clusione, risale al 4 marzo 2010:
in quell’occasione i radicali italiani
di Milano presentarono al pm Ar-
mando Spataro ulteriori prove
P
della tardività nella chiusura delle
liste di Formigoni tratte dalle di-
chiarazioni di esponenti Pdl.
Formigoni attaccò pubblicam-
nete i Radicali in conferenza stam-
pa, parlando di complotto. Per
questo venne poi denunciato per
diffamazione a mezzo stampa, ag-
gravata dall’avere attribuito un
comportamento preciso, cioè quel-
lo di avere manomesso gli scato-
loni delle firme. Speriamo che
adesso nessuno lo trasformi in
un’icona della libertà di informa-
zione.
La vicenda Formigoni ricorda
sinistramente le accuse del Pdl La-
zio al militante romano Diego Sa-
batinelli, accusato di avere impe-
dito fisicamente al rappresentante
di lista di depositare in tempo le
firme a Roma per le regionali.
All’epoca parlò di «un panino
consumato» fuori dal tribunale di
Roma. Mentre oggi, con il senno
di poi, si sono sapute come stava-
no veramente le cose, e cioè che
le liste non vennero presentare fi-
no all’ultimo momento per liti
spartitorie last minute. Detto que-
sto la vicenda delle firme false per
presentare le liste del Pdl in Lom-
bardia, compresa la candidatura
di Nicole Minetti, non finisce qua:
dopo l’apertura del processo civile
per falso nel maggio 2011 ci sono
state altre due udienze l’8 giugno
e il 21 settembre 2012 per deci-
dere di periziare le oltre 900 visi-
bilmente contraffatte. Il processo
per diffamazione appena concluso
in primo grado, alla faccia della
trasparenza, si è svolto quasi a
porte chiuse, senza la possibilità
per Radio radicale di trasmettere
le udienze, e questo per espressa
richiesta della difesa di Formigoni
che il giudice in aula non ha rite-
nuto di dover contraddire.
DIMITRI BUFFA
di
ENRICO STRINA
uoni, fulmini e saette sui
Consigli regionali nostrani.
In quello laziale oramai è come
seguire una lunga soap opera: chi
prende da una parte, chi gira
dall’altra, chi distoglie di qua, chi
trasferisce di là. I protagonisti pe-
rò non sono né storie d’amore in-
cestuose o adultere, né tantomeno
riguardano affidamenti di figli o
passaggi di eredità succulente. Si
parla di soldi, pubblici, e dei mo-
vimenti che ne fanno i tesorieri
dei gruppi consiliari. Dopo lo
scandalo Fiorito, con annesse fe-
ste e festicciole scenograficamente
importanti, ora è il turno di Vin-
cenzo Maruccio, provenienza Ita-
lia dei Valori, avvocato addirittu-
ra di Antonio Di Pietro, il giudice
dei giudici ai tempi di Mani Pu-
lite. Entrato in Regione come
consulente esterno non eletto su-
bito dopo uno dei rimpasti della
giunta Marrazzo (lo propose pro-
prio l’Idv, che voleva una persona
fuori dai giochi politici), Maruc-
cio, a poco più di 30 anni, viene
nominato assessore alla Tutela dei
consumatori. Pochi mesi dopo
l’avvocato Maruccio passa ad un
assessorato ancora più importan-
te: Lavori pubblici. E da quella
posizione nomina Sergio Scicchi-
tano in un arbitrato come rappre-
sentante della Regione Lazio. Inu-
tile dire come Vincenzo Maruccio
conoscesse Scicchitano da tempo:
l’esponente Idv era infatti impie-
gato proprio nello studio legale
del rappresentante da lui scelto.
Anche lì c’è un processo in corso:
la società Ma questa è solo una
caduta di stile nella vicenda in cui
sarebbe implicato l’avvocato di
Di Pietro. Maruccio è infatti ac-
cusato di peculato per settecen-
tomila euro: « Non ho nulla da
T
nascondere. Le risorse del gruppo
sono state utilizzate da me solo,
in qualità di capogruppo, esclu-
sivamente e soltanto per fare at-
tività politica». Dal partito riba-
discono lo stesso concetto, parola
per parola. Quello ad essersi
esposto di più è stato proprio il
padre-padrone Di Pietro, che ha
detto del suo avvocato in odor di
accuse: « Entro tre ore Maruccio
si deve dimettere». E Maruccio
infatti si è dimesso, come richiesto
dal suo illustre cliente. Settecen-
tomila euro non sono certamente
i quattordici milioni per cui è im-
plicato Fiorito e non ci sono feste
sfarzose al limite del farsesco con
cui far sollazzare giornalisti e
pubblici dalla spiccata attitudine
voyeuristica. Il principio alla base
però è il medesimo: che fine fan-
no i soldi pubblici destinati ai
partiti? E se dal lato di chi gover-
nava il quadro è quasi al comple-
to (Fiorito è il più recente, ma co-
me dimenticarsi della tempesta
sulla Lega Nord dell’inverno scor-
so?), il fronte opposto non è stato
da meno in questi anni. Poco me-
no di due settimane fa è arrivata
la decisione sul caso Penati: l’ex
presidente della Provincia mila-
nese (nonché ex sindaco della
rossa” Sesto San Giovanni ed ex
vicepresidente del Consiglio re-
gionale lombardo) sarà infatti rin-
viato a giudizio per corruzione,
concussione e finanziamento ille-
cito ai partiti insieme ad altre
ventuno persone, compreso il suo
braccio destro Giordano Vimer-
cati. Per la cronaca: le accuse ri-
guardano sia il periodo da sinda-
co che quello in cui era presidente
della Provincia. Lui ribatte: «Ri-
badisco la mia totale estraneità
ai fatti. Non ho mai ricevuto de-
naro da imprenditori né per me
né per i partiti di cui ho fatto par-
te. Non ho conti correnti all’este-
ro. I risultati dell’inchiesta con-
fermano che non c’è traccia di
una sola lira che mi sia stata tra-
sferita». Sicuro Penati, sicuri tutti.
E come dimenticare il caso sulla
sanità pugliese in cui Nichi Ven-
dola è coinvolto? Il processo nei
suoi confronti è iniziato il 27 set-
tembre, due settimane fa. Anche
da sinistra arriva quindi materiale
buono per i giudici, per quanto
poi proprio da sinistra si siano
sponsorizzate tante campagne a
favore delle procure. I partiti della
ex opposizione hanno fatto da
martello quando potevano, ma
ora sono incudine allo stesso mo-
do dei loro dirimpettai. Materiale
buono per cercare finalmente di
riformare un sistema che è rima-
sto uguale alla Prima Repubblica
e che, attualmente, è motivo di
godimento per il mondo delle
proteste nichiliste e grilline.
II
POLITICA
II
K
Vincenzo MARUCCIO
segue dalla prima
Enti locali e pm
(...)
di un sistema autoritario e poliziesco.
Il rischio di involuzione autoritaria diventa
poi addirittura angosciante quando ci si
rende conto che per cercare di intercettare
la richiesta popolare di rinnovamento il go-
verno tecnico dell’emergenza si assume il
compito di innovare la Costituzione pro-
cedendo senza alcun tipo di riflessione e
nessuna forma di dibattito ad una riforma
delle autonomie che cambia l’impianto isti-
tuzionale del paese. Certo, se la classe po-
litica è fuori gioco perché delegittimata dal
proprio fallimento, è difficile pensare di po-
ter usare il metodo democratico per realiz-
zare le grandi riforme indispensabili. Ma
questo non può giustificare che magistra-
tura da un lato e governo tecnico dall’altro
possano smantellare il vecchio impianto
costituzionale e costruirne uno nuovo senza
il più minimo concorso della volontà po-
polare. L’esperienza del passato insegna che
i dirigismi di stampo autoritario sono ri-
medi peggiore del male. Il metodo demo-
cratico è sicuramente più lento. Ma con
tutti i suoi difetti è sempre meglio di ogni
tipo di scorciatoia. Tecnica che sia. È bene
non dimenticarlo mai.
ARTURO DIACONALE
Inganno preferenze
(...)
Il guaio è che lo strumento della fiducia
lega la sopravvivenza dei governi ai giochi
e agli umori del Parlamento, nonostante da
quasi vent’anni ormai i cittadini siano con-
vinti di decidere nelle urne chi li dovrà go-
vernare. In poche parole, non c’è una piena
separazione tra esecutivo e legislativo e ciò
finisce per ledere l’indipendenza e il corretto
funzionamento sia dell’uno che dell’altro
potere. Controllando gli eletti, i partiti di
maggioranza si sforzano di blindare la vo-
lontà degli elettori, quelli all’opposizione
di ribaltarla.
Beninteso che nessun sistema è perfetto, al-
cuni mettono un freno al malcostume po-
litico, altri lo alimentano esponenzialmente.
Se il binomio collegio uninominale-primarie
è l’unico modo per restituire davvero ai cit-
tadini il potere di scegliersi i propri rappre-
sentanti, le preferenze sono una truffa per-
sino peggiore delle liste bloccate del
vituperato “porcellum”. Soprattutto se cor-
te, queste ultime consentono all’elettore di
sapere in anticipo nomi e cognomi di chi
contribuisce ad eleggere con il proprio voto.
Esprimendo le sue preferenze, invece, si il-
lude di scegliere, ma nel migliore dei casi
gli eletti vengono decisi dai giochi tra le
correnti, di cui è all’oscuro, nel peggiore il
voto è inquinato dal clientelismo e dalla
malavita. Poiché l’elettore non conosce i
cavalli che il partito ha deciso di far correre
per davvero nella sua circoscrizione, le pre-
ferenze “d’opinione” (che di media in po-
chissimi esprimono) si disperdono, e per
garantirsi il seggio è sufficiente
controllare/comprare qualche migliaio di
voti, che non basterebbero, invece, in un
collegio uninominale.
FEDERICO PUNZI
Regioni: scandalo corruzione,
la sinistra ha poco da ridere
Celeste condannato
Diffamò i Radicali
Direttore Responsabile:
ARTURO DIACONALE
Condirettore:
GIANPAOLO PILLITTERI
Vice Direttore:
ANDREA MANCIA
Caposervizio:
FRANCESCO BLASILLI
AMICI DE L’OPINIONE soc. coop.
Presidente
ARTURO DIACONALE
Vice Presidente
GIANPAOLO PILLITTERI
Impresa beneficiaria per questa testata dei contributi
di cui alla legge n. 250/1990 e successive modifiche e integrazioni.
IMPRESA ISCRITTA AL ROC N. 8094
Sede di Roma
VIA DEL CORSO 117, 00186 ROMA
TEL 06.6954901 / FAX 06.69549024 /
Amministrazione - Abbonamenti
TEL 06.69549037 /
Ufficio Diffusione
TEL 02.6570040 / FAX 02.6570279 /
Progetto Grafico:
EMILIO GIOVIO
Tipografia
L’OPINIONE S.P.A. - VIA DEL CORSO 117, 00186 ROMA
Centro Stampa edizioni teletrasmesse
POLIGRAFICO SANNIO S.R.L. - ORICOLA (AQ)
TEL 0863.997451 / 06.55261737
Distributore Nazionale
PRESS-DI DISTRIBUZIONE STAMPA E MEDIA S.R.L.
VIA CASSANESE 224, 20090 SEGRATE (MI)
Concessionaria esclusiva per la pubblicità
SISTECO S.P.A. - VIA DEL CORSO 117, 00186 ROMA
TEL 06.6954901 / FAX 06.69549024 /
In vendita obbligatoria abbinata
con ROMA NEWS € 1,00
CHIUSO IN REDAZIONE CENTRALE ALLE ORE 19,15
Organo del movimento delle Libertà per le garanzie e i Diritti Civili
Registrazione al Tribunale di Roma n.8/96 del 17/01/’96
L’OPINIONE delle Libertà
VENERDÌ 12 OTTOBRE 2012
2