Page 7 - Opinione del 12-9-2012

II
CULTURA
II
La resa incondizionata dell’Occidente è Chiara
di
LUCA PAUTASSO
chi non piacerebbe vivere in
una fiaba? Abbandonare la
routine quotidiana per trascorrere
il resto della propria esistenza con
l’uomo o la donna della propria vi-
ta in un castello sfarzoso, magari in
un paese esotico e lontano, circon-
dati dai lussi e dagli agi, come in un
racconto da Mille e una notte. Un
sogno ad occhi aperti, dal quale non
ci si vorrebbe svegliare mai.
E chissà che non abbia pensato
proprio alla realizzazione del suo
sogni di ragazzina, Chiara Inverniz-
zi, 40 anni, originaria di Valenza Po,
in provincia di Alessandria, quando
un facoltoso dignitario saudita le
chiede di sposarlo e di fuggire con
tra gli ori di Jeddah. Lei, che per
ironia della sorte è nata e cresciuta
nella capitale italiana dell’artigia-
nato orafo, accetta, ignara del fatto
che ben presto quel nido d’amore
dorato si trasmormerà in una gab-
bia di un metallo assai meno pre-
zioso.
Passa qualche tempo e l’amore
finisce. Succede. Del resto pure le
favole finiscono, anche se quello che
attende Chiara non è certo il lieto
fine disneyano su cui contava. Alla
donna resta la realtà di un paese in
cui un matrimonio non è altro che
un mero contratto di compraven-
dita, e la moglie è la merce di scam-
bio. Come potrebbe esserlo un ve-
stito, un’auto, un oggetto d’arredo.
Iniziano le angherie e i soprusi, di
cui Chiara aveva già cominciato ad
avvertire il sentore quando il marito
le aveva ordinato di interrompere
qualunque forma di contatto con le
amicizie maschili, obbligandola ad-
dirittura a rimuovere da Facebook
queli amici che magari non vedeva
più dai tempi della scuola. La bella
Sherazade coccolata e viziata diven-
ta la maledetta “cristiana”, la paria
a cui tutto viene negato. Se per una
donna musulmana, fosse anche la
moglie di un principe, la vita è dif-
ficile in Arabia Saudita, per un’in-
fedele come lei è un vero inferno.
Vorrebbe scappare a casa dai
suoi genitori, Chiara. Dimenticare
tutto e riconquistare in patria la di-
gnità perduta in quel paese lontano
diventato la sua prigione. Ma non
può. Anche se ripudiata dall’ex ma-
rito, ne resta in balìa. L’uomo le se-
questra il passaporto, la minaccia,
la percuote, non vuole lasciarla an-
dare fino a che non avrà ricevuto
indietro l’ingente somma di denaro
che sostiene di aver donato alla fa-
miglia di lei al momento delle noz-
ze. Insomma, l’oggetto del desiderio
di un tempo, il ninnolo acquistato
e poi venuto a noia, non verrà re-
stituito agli antichi “proprietari” fi-
no a che quello attuale non rientre-
rà in possesso dei soldi spesi per
acquistarlo. A nulla vale l’intervento
del console italiano, che provvede
a Chiara Invernizzi un passaporto
nuovo: per la legge saudita, nessuno
straniero può fare ingresso nel paese
senza un “ospite” che faccia da ga-
rante, e allo stesso modo nessuno
può abbandonarlo. Vale per tutti,
uomini compresi. Figurarsi per
un’essere “inferiore”.
Adire le vie legali sarebbe come
offrire al proprio carceriere un’altra
arma a suo favore: l’ex marito, in-
fatti, minaccia di denunciarla per
adulterio, reato per il quale è pre-
vista financo la pena di morte. Per
A
Chiara si mobilita l’eurodeputato
leghista Giuseppe Rossi, alessandri-
no come lei, che ha chiesto a gran
voce l’interessamento immediato
dell’Alto Rappresentante per la po-
litica estera dell’Ue, la baronessa
Catherine Ashton. Per Chiara, il
parlamentare europeo del Carroccio
chiede l’intervento della diplomazia
italiana, la stessa che dopo sette me-
si non è ancora riuscita a ottenere
dalla «più grande democrazia del
mondo» (parole del ministro della
Difesa, Giampaolo Di Paola), il ri-
lascio di due militari illegalmente
sequestrati mentre adempivano al
proprio dovere. Di lei ora parlano
tutti i giornali, sulla sua vicenda di-
scutono tutte le associazioni per i
diritti civili, in equilibrio tra la ne-
cessità di denunciare un gravissimo
sopruso e l’obbligo moralmente im-
posto dalla dittatura del politica-
mente corretto di non urtare la sen-
sibilità di nessuno, nemmeno quella
dei prevaricatori. Tace nel suo silen-
zioso imbarazzo soltanto la falange
del femminismo a mezzo servizio,
oggi come ieri sempre pronta a
scendere in piazza per dare alle
fiamme reggipetti e altri simboli del-
l’oppressione maschile, o per redi-
mere veline e vallette dal vergogno-
so mercimonio dello star-system,
ma stranamente miope nei confron-
ti di chi davvero considera la donna
un mero bene di consumo.
In fondo siamo un po’ tutti
Chiara Invernizzi. Ci siamo lasciati
raccontare così tante volte la favola
relativista del mondo come grande
girotondo che abbiamo finito per
crederci davvero. Per paura di risul-
tare islamofobi, abbiamo finito con
il negare l’esistenza di un Islam ra-
dicale che non ha la minima inten-
zione di evolvere dal proprio me-
dioevo moderno ma, anzi, intende
imporlo anche al resto del mondo.
Per timore di essere additati come
razzisti, siamo stati prontissimi a
ramazzare sotto il tappeto senza
tanti complimenti qualche centinaio
d’anni di battaglie per la libertà,
l’autodeterminazione, l’uguaglianza,
i diritti. Per non rischiare di offen-
dere chi predica e pratica la schia-
vitù, abbiamo preferito vergognarci
della nostra libertà. Per paura di ciò
che siamo, abbiamo abbandonato
la nostra dignità sotto le macerie
dell’11 Settembre. E abbiamo ac-
cettato tutto il resto per amore dei
petrodollari che, impossibile negar-
lo, ribrezzo non fanno di certo. Un
po’ come nel recente caso delle due
hostess Meridiana che si sono viste
recapitare dalla compagnia aerea
una contestazione disciplinare per
aver addirittura osato ridere e can-
ticchiare in pubblico durante uno
scalo proprio in Arabia Saudita, ar-
recando un “gravissimo danno
d’immagine” all’azienda in un paese
dove atteggiamenti così “sconve-
nienti” da parte di una donna pos-
sono costare l’intervento della po-
lizia religiosa. O, non sia mai, la
rescissione di un appalto multimi-
lionario.
Perché per sgravarsi la coscienza,
in fondo, basta poco. Basta ripetersi
fino alla nausea che una donna che
rischia la vita per il solo fatto di es-
sere donna non sarà mai tanto gra-
ve quanto il vilipendio della dignità
femminile perpetrato sulle passerelle
di una sfilata di moda o in uno stu-
dio televisivo. Voltarsi dall’altra par-
te non è mai stato così facile.
Ci siamo lasciati
raccontare così tante
volte la favola relativista
del mondo come grande
girotondo che abbiamo
finito per crederci
davvero.
Per paura di risultare
islamofobi, abbiamo
finito con il negare
l’esistenza di un Islam
radicale che non ha
la minima intenzione
di evolvere dal proprio
medioevo moderno
ma, anzi, intende
imporlo anche al resto
del mondo.
Per timore di essere
additati come razzisti,
siamo stati prontissimi
a ramazzare sotto
il tappeto senza tanti
complimenti qualche
centinaio d’anni
di battaglie per la libertà,
l’autodeterminazione,
l’uguaglianza, i diritti.
Per non rischiare
di offendere chi predica
e pratica la schiavitù,
abbiamo preferito
vergognarci
della nostra libertà.
Per paura di ciò
che siamo, abbiamo
abbandonato la nostra
dignità sotto le macerie
dell’11 Settembre
L’OPINIONE delle Libertà
MERCOLEDÌ 12 SETTEMBRE 2012
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