C’è evidentemente qualcosa di fondamentale che in Italia – e forse nel mondo – non funziona e che va modificato. In particolare, da alcuni anni a questa parte, non solo le Amministrazioni pubbliche, ma perfino quelle ecclesiali tendono a scaricare sulle singole persone – cittadini e fedeli – costi che non vogliono o che forse non sono in grado di sopportare. Ed è singolare notare come in questo caso lo Stato e alcuni presuli sembrino marciare di pari passo, all’unisono. Si tratta tuttavia di una marcia che somiglia più a una deriva che a un autentico cammino.
È notizia di due giorni fa che il sindaco di Venezia – Luigi Brugnaro – ha dato finalmente avvio al pagamento di un biglietto di ingresso nella città lagunare, con alcune eccezioni. Ovviamente, sono sorte delle polemiche: chi afferma che si tratta di un modo necessario di salvaguardare Venezia dall’assalto del turismo di massa, a volte intollerabile; e chi invece lamenta che siamo davanti a una nuova e assai odiosa tassa a carico degli inermi turisti.
Tuttavia, il punto da discutere è un altro e di tipo diverso. Infatti, è un provvedimento palesemente illegittimo, emesso in aperta violazione della norma costituzionale che garantisce che la circolazione e il soggiorno su qualunque parte del territorio nazionale siano liberi ed esenti da qualsivoglia restrizione, se non per ragioni sanitarie o di sicurezza. Ciononostante, non confidando in un possibile ripensamento del sindaco (forse privo di un consulente legale e perfino del Segretario comunale), mi auguro perciò che qualcuno – per puro amore della negletta giustizia – si rifiuti di pagare e che, venendo sanzionato, impugni il provvedimento davanti ai giudici amministrativi, i quali non avranno difficoltà ad annullare sia la sanzione, sia l’atto da cui essa promana.
Passando poi all’assurda iniziativa di alcuni parroci – e forse di alcuni Vescovi – va notato che ormai da anni l’ingresso a alcune Chiese è subordinato in Italia (e forse anche all’estero) al pagamento di un biglietto di alcuni euro. La giustificazione è probabilmente da individuare nella necessità di reperire fondi necessari alla manutenzione di numerose opere d’arte custodite all’interno dei luoghi di culto, altrimenti a rischio di deperimento. Eppure, è strabiliante e imbarazzante che all’ingresso del duomo di Verona si trovi un abitacolo simile a quello dei locali cinematografici con i custodi intenti a staccare i biglietti d’ingresso ai turisti, ordinati in una lunga fila – soprattutto gli stranieri – in attesa di pagare per poter entrare, come se si trovassero davanti al botteghino dello stadio o del cinema. Siamo così di fronte a un raccapricciante caso che – senza esagerare – potrei definire di “para-simonia”. Se è “simonia” riscuotere denaro per amministrare i sacramenti o per elargire beni spirituali – peccato grave e i cui artefici Dante colloca nella terza bolgia infernale – qui ci siamo molto vicini ed ecco perché “para-simonia”. Non c’è opera d’arte che tenga. Con questa nefanda pratica, si dimentica che le opere d’arte sono per la Chiesa e non viceversa: la Chiesa è, e rimane, originariamente la casa di Dio. Tutto il resto – anche le opere d’arte di inimmaginabile qualità – ne è il semplice corredo. Altra cosa sarebbe chiedere libere offerte ai fedeli per le manutenzioni: qui siamo sul piano della pura liberalità consentita, in quanto non condiziona l’ingresso in Chiesa.
Del resto, una nota del 14 febbraio del 2012 del Consiglio permanente della Cei (Conferenza episcopale italiana) precisa che “è garantito a tutti l’accesso gratuito alle chiese aperte al culto, perché ne risalti la primaria e costitutiva destinazione alla preghiera liturgica” e che comunque “deve essere sempre assicurata la possibilità dell’accesso gratuito a quanti intendono recarsi in chiesa per pregare”. Per questo motivo Edith Stein – ebrea di nascita – narra di essersi convertita al cattolicesimo: perché mentre nelle sinagoghe e nelle chiese protestanti si accede solo per le funzioni, le Chiese cattoliche consentono libero accesso a chi voglia interloquire col Padre nel silenzio e nella solitudine. Così fece, sotto i suoi occhi, una donna anziana e carica di sacchi della spesa, suscitando la sua meraviglia: oggi l’avrebbero fermata per farle pagare il biglietto. Adesso, Edith Stein – col nome di Santa Teresa Benedetta della Croce – canonizzata da San Giovanni Paolo II, è Patrona d’Europa. Un’Europa che, per far accedere in Chiesa, non fa pagare nessun biglietto.
Aggiornato il 02 maggio 2024 alle ore 09:39