Spiritualità e politica

Un malinteso, fonte di imbecillità, porta a fraintendere i rapporti tra spirito e politica. Molti liberali non hanno veramente compreso Benedetto Croce. Il suo massimo merito sta nella teoria dei distinti. Ritengono alcuni avere egli ulteriore pregio perché, recependo quanto di buono vi è nel marxengelismo, attraverso la frequentazione di Antonio Labriola, tra le categorie dello spirito, inserisce l’utile, oltre al vero, al bello e al buono, facendovi rientrare la politica. È distinta, quindi, dall’etica. I superficiali considerano che ciò abbia secolarizzato le attività umane. Tutte queste categorie, però, sono attività dello spirito. Questo fa capire perché spesso rifletta su conseguenze etico-politiche, cosa apparentemente contraria ad un’interpretazione rigidamente meccanica dei distinti. Teoria che, sotto certi aspetti, era stata anticipata, un secolo prima, da un filosofo dell’estetica dimenticato, Girolamo Venanzio.

Questi distinse il bello dal vero e dal buono, ma poi si pose il problema dei rapporti tra arte e morale. Si dirà essere comunque una filosofia secolare, in quanto lo spirito, in Croce, hegelianamente, si svolge nella storia umana. Da ultimo, però, ebbe a scrivere di una “vitalità verde e selvaggia”, albergante negli esseri umani, con connotati illimitati e universali. Questo portò i filosofi della tradizione, Pitagora e Platone, ma anche Aristotele, a intuirvi l’incarnazione d’una energia eterna. Del resto, nei testi di Benedetto Croce, ricorre molto spesso l’espressione “Provvidenza”. Come si sa, ciò connota un intervento trascendente nella storia. Tanto è estraneo a quella deriva immanentista, per Oswald Spengler, forse, la causa principale del tramonto dell’Occidente. È questa trascendenza a rendere, nel Croce, eterni i principi, primo tra tutti quello di libertà, per cui mise tra parentesi (i regimi totalitari o autoritari) del XX secolo, cioè nell’immanenza della storia transitoria, di fronte al liberalismo, religione della libertà, è a dire manifestazione dell’eterno.

Oggi, il materialismo industrializzato, trasumano, è il principale rischio dell’Europa e dell’Occidente. L’averlo compreso è il merito di Giorgia Meloni, la cui cultura non sta nei titoli stampati su carta igienica da sedicenti università degli studi, distribuiti da professori spocchiosi, ma in atti di militanza, quindi di “vita verde e selvaggia”. Per questo fonda la sua azione su principi. Ciò la rende superiore anche a un Giovanni Giolitti, abilissimo politico, ma che di principi ne ebbe pochi, al contrario di Sidney Sonnino, e la spunta. Infatti, tutti i “valori” sono negoziabili, ma i principi no, per Dio.

Aggiornato il 23 dicembre 2022 alle ore 09:37