Il viaggio in Ucraina dei leader europei

Proviamo a immaginare che cosa si siano detti, nella riunione che si è tenuta a porte chiuse a Kiev il 16 giugno, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky e i tre leader europei: Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Mario Draghi. Nella premessa, i tre hanno ribadito all’unisono il pieno appoggio all’Ucraina per il fatto che la Federazione Russa, in violazione del diritto internazionale, ha invaso una nazione democratica e sovrana.

“Nelle prime settimane del conflitto siamo rimasti positivamente impressionati dalla resistenza dell’esercito ucraino ed eravamo convinti che il combinato disposto dell’invio di armi di “difesa” e le sanzioni imposte alla Federazione Russa avrebbero costretto a miti consigli Vladimir Putin. Nelle ultime settimane il continuo avanzamento dell’esercito russo nel Donbass e le mutate situazioni della guerra ci vedono costretti, nostro malgrado, a cambiare strategia. La parziale retromarcia degli Stati Uniti e la crescente insofferenza degli europei per i danni economici che stanno subendo, a causa della crescita esponenziale dei prezzi del gas e del petrolio, ci costringono a rivedere le nostre posizioni. Fermo restando il fatto che la ragione è dalla parte dell’Ucraina, è giunto il momento di fermare la guerra”.

È intervenuto il presidente Emmanuel Macron: “Mi rendo disponibile a riannodare i fili della diplomazia con la Federazione Russa. Sono l’unico tra i leader occidentali che non ha mai interrotto il dialogo con Putin. Un cessate il fuoco propedeutico a un tentativo di mediazione rafforzerebbe la mia posizione in Patria e determinerebbe il successo elettorale al secondo turno delle legislative”.

Poi è stato il turno del cancelliere Olaf Scholz: “Ribadisco il pieno sostegno del mio Paese alla causa ucraina. Devo però fare i conti con la Confindustria tedesca che non può fare a meno del gas russo per la produzione dell’industria manifatturiera. L’economia tedesca dipende dalle fonti energetiche che provengono dalla Russia. Gli stessi miei concittadini mal sopportano un’inflazione che non conoscevano dai tempi della Repubblica di Weimar e, ancora, non hanno dimenticato lo sgarbo diplomatico da lei inferto al nostro Presidente della Repubblica”.

Infine, Mario Draghi: “Il mio Governo si è formato per far fronte all’emergenza Covid-19 e per attuare il Pnrr. Sono un tecnico che non ha ricevuto alcun mandato popolare e mi sostiene una maggioranza eterogenea. Se ancora non sono stato sfiduciato è perché sono sostenuto dalla finanza internazionale e sono il portavoce degli interessi di Joe Biden. Il 21 giugno prossimo dovrò superare un delicato passaggio parlamentare sull’invio di nuove armi al suo Paese e, parte importante della maggioranza che mi sostiene, non è più disposta a subire contraccolpi elettorali in vista delle prossime elezioni politiche che, se va tutto bene, si terranno nella primavera del 2023. I sondaggi indicano che la maggioranza degli italiani è contraria all’invio di nuove armi al suo Paese. Dobbiamo assolutamente trovare una soluzione che possa essere accettata dalla Federazione Russa e che non infici la sua leadership, signor presidente Zelensky. Diciamolo chiaro, la penisola di Crimea è irrimediabilmente persa e, tra l’altro, era storicamente parte integrante della Russia. Il Donbass è nei fatti sotto il controllo dell’esercito russo. La guerra si potrà fermare, se si fotografa la situazione sul campo di battaglia. Nelle condizioni date l’Occidente non è in grado di sostenere un conflitto di lunga durata. Metterebbe a rischio la nostra stessa sopravvivenza politica. Eravamo convinti che le sanzioni alla Russia avrebbero sortito l’effetto sperato. La realtà è che i russi hanno sposato la causa del loro autarca. Ci ha stupito la loro capacità di sopportazione”.

Pertanto, “le proponiamo un percorso agevolato per l’ingresso del suo Paese nell’Unione europea, un finanziamento straordinario per la ricostruzione di quanto devastato dalla guerra, un sostegno economico che farà crescere il benessere e il reddito degli ucraini e una forza internazionale di interposizione”.

Al presidente Putin “proporremo il riconoscimento della Crimea, un’ampia autonomia delle autoproclamate Repubbliche di Lugansk e Donetsk e un alleggerimento delle sanzioni. La proposta di mediazione così formulata potrebbe essere accettata anche dagli Stati Uniti. Ovviamente, creeremo le condizioni, anche mediatiche, per salvaguardare il suo ruolo di leader dell’Ucraina. La sua accettazione della quale sarà comunicata come il minore dei mali e nell’interesse dei suoi cittadini”.

Aggiornato il 20 giugno 2022 alle ore 09:42