Fanno discutere le affermazioni di Elon Musk secondo il quale “il lavoro a distanza non è più accettabile” e chi non è d’accordo a tornare in fabbrica “dovrebbe andare a lavorare da qualche altra parte”.

Crediamo che una simile sorprendente affermazione abbisogni di una serie di approfondimenti, non foss’altro per sviscerarne alcune implicazioni in chiave domestica e internazionale. Partiamo dal fatto che, trattandosi della sua azienda e in assenza di una specifica legislazione al riguardo, il capo di Tesla sia perfettamente legittimato a dire ciò che ha detto ma anche a pretendere che i suoi dipendenti si adeguino alla linea dettata da chi paga loro lo stipendio. Ciò non toglie che, legittima o meno, egli abbia sparato una sonora “minchiata” che stride in maniera lampante con l’immagine di visionario e moderno imprenditore proiettato nel futuro. Da una parte ci vuole vendere oggetti sinonimo di progresso, mentre dall’altra li vuole produrre utilizzando sistemi che puzzano di vecchio. Anche i metodi sono arcaici visto che non sono improntati alla persuasione, alla condivisione o a quella visione di “manager gentile” con cui dagli Stati Uniti ci bombardano quotidianamente sostenendo che si tratti dell’ultima moda in tema gestionale.

No, lo fa con una imposizione da padroncino di una piccola azienda di molluschi del Maine mandando al diavolo quel costrutto che lo presenta come affabile miliardario illuminato. Se avesse garantito un minimo di contraddittorio ai suoi dipendenti, avrebbe dovuto spiegare – catene di montaggio a parte – per quale stramaledetto motivo il suo contabile dovrebbe recarsi quotidianamente in sede, accendere il personal computer e svolgere in un ufficio attività “web-based” che potrebbe tranquillamente svolgere da casa. Il tutto evitando di prendere l’auto solo perché il suo padrone ha deciso che a casa si annoia e quindi bisogna andare tutti in ufficio a tenergli compagnia. E poi questa improvvida uscita tradisce anche tutti i pistolotti fatti sull’inquinamento e sulle aziende moderne che ragionano per obiettivi: se Elon Musk ha bisogno di controllare visivamente i suoi dipendenti, allora non è a capo di un’azienda moderna che è in grado di misurare le performance di chi ci lavora ma dirige la Skoda ai tempi dell’Unione Sovietica.

Infine, ciò che più disturba è il provincialismo con cui nel nostro Paese sono state accolte le parole del magnate a stelle e strisce: da Nicola Porro a Corrado Ocone, in molti hanno “fatto la ola” a Elon Musk, facendo passare il messaggio secondo il quale “le anime belle della sinistra si sono irritate” mentre a destra hanno esultato. Quindi, lo smart working sarebbe di sinistra mentre i virili maschiacci di destra preferiscono sacrificarsi in ufficio al grido “per la Patria!”. Questa è una buffonata peggiore delle affermazioni oggetto dei commenti, perché la modernità non ha colore, l’equilibrio tra lavoro e vita privata non conosce bandiere mentre il ritorno cieco al passato è anacronistico e beduino.

Abbiamo una formidabile occasione per riprogettare le città, l’ambiente, la società, il lavoro, il welfare, l’allocazione delle risorse energetiche, la vita delle famiglie (senza abusarne ovviamente) mentre invece ci ostiniamo a scimmiottare i modi di fare delle società di consulenza degli anni Ottanta, millantando che si tratti di una figata liberal o addirittura di destra. Un po’ come ostinarsi a mettere i pantaloni a zampa e dire che sono belli perché li usava Elvis. Pensate cosa accadrebbe, se si venisse a sapere che Elon Musk ha detto quelle parole oscurantiste per ricattare le società hi-tech della Silicon Valley (interessate a certo tipo di innovazioni tecnologiche nel mondo del lavoro) per un mero gioco di potere. Sarebbe l’ennesima figuraccia della destra italiana che ha il brutto vizio di fare del machismo un tanto al chilo. A quel punto, si potrebbe discutere se davvero lo smart working sia di sinistra ma non ci sarebbero dubbi sul fatto che la dabbenaggine sia di destra.

Peccato che, senza voler scomodare destra e sinistra, in base a una “sensazione super negativa” confidata ai propri dirigenti (alias mancanza di soldi dopo lo stupido acquisto di Twitter), il magnate americano in queste ore starebbe pensando a un taglio del personale del 10 per cento (parliamo di 100mila persone nel mondo). La qual cosa, sommata alle sparate sullo smart working, avvalora la tesi in base alla quale al giorno d’oggi non conviene immolarsi per il proprio lavoro, perché poi una sensazione negativa del tuo capo rischia di lasciarti in braghe di tela (o in braghe di Tesla se volete). Ragion per cui fa bene chi lotta per lavorare nel rispetto dei propri spazi, non cedendo al ricatto. Perché se poi il tuo datore di lavoro gioca a fare il sensitivo un po’ altezzoso, cadi nella spirale di pendere dalle labbra di uno come Elon Musk, il quale è solo un Renato Brunetta che ce l’ha fatta. Quanto ai suoi fan italiani, beh, opteremmo per il consueto velo pietoso.

Aggiornato il 06 giugno 2022 alle ore 11:23