Giustizia in attesa di riforma

Le cose vanno prese sempre con le molle e, comunque, un articolo di cronaca non è dato sufficiente a legittimare un giudizio.

Fuori dalle aule di giustizia (sarebbe bene ricordare ai giacobini pentastellati e alla loro claque editoriale) non si emettono sentenze, ma si esprimono opinioni, anzi: opinioni libere, senza pretesa di verità e suscettibili di confutazione.

Nel caso cui si riferisce Piero Sansonetti (il quale spesso ci azzecca, ma non può certo essere ritenuto animato di buoni sentimenti verso i magistrati), quello che emerge, e più mi colpisce, è il danno prodotto alla credibilità del sistema giudiziario, con serie ripercussioni sull’intero ordinamento.

Negli ultimi anni, da Luca Palamara a Francesco Bellomo, da Ungheria e Eni Nigeria, per non parlare delle nomine ai vertici delle Procure più politicamente sensibili, abbiamo assistito ad un crollo verticale della credibilità dell’istituzione. Ho detto “dell’istituzione”, non di questo o di quel magistrato.

Le persone non addette ai lavori, quelle che non sanno nulla di Associazione nazionale magistrati o di logge coperte, dubitano fortemente del sistema e ne temono la forza, fondata su una consolidata irresponsabilità dei manovratori.

Presto sapremo se la Corte costituzionale riterrà ammissibili o no i quesiti referendari in materia di Giustizia. Lo spero con tutto il cuore, anche se – ribadisco – il referendum non risolverà affatto i problemi, ma innescherà le polveri per una riforma che attendiamo da oltre 70 anni.

La attendiamo da quando i costituenti scrissero che la legge (ad oggi) vigente sull’ordinamento giudiziario sarebbe rimasta in vigore fino a quando non ne fosse stata emanata una conforme alla Costituzione. Rileggete tre volte quest’ultima proposizione. Fatevi un’idea, insomma, e poi decidete liberamente.

Aggiornato il 18 gennaio 2022 alle ore 11:02