La virologia del terrore

martedì 14 dicembre 2021


Ospite di Agorà, in onda la mattina su Rai Tre, Massimo Galli, infettivologo in pensione, ha dispensato il suo quarto d’ora di terrore. Rispondendo ai rischi effettivi che questa malattia crea alle varie fasce di età e di fragilità, si è così espresso: “Anche chi si sente Rambo finisce con un tubo in gola. Anche chi non ha altre malattie. Per i più vari fattori si è più suscettibili all’infezione. Non siamo tutti uguali di fronte alla malattia, questo virus si comporta nelle persone come accidenti gli pare. Anche chi sta bene, veri atleti, li abbiamo visti con un tubo in gola. Vaccinarsi è fondamentale”.

Quindi, essendo il Sars-Cov-2 un demonio particolarmente sadico, esso non si comporta come quasi tutti gli altri virus respiratori, i quali creano problemi anche molto gravi agli immunodepressi, ma seleziona a casaccio le vittime da sacrificare sull’altare di una pandemia infinita. Tuttavia i soliti numeri, che come è noto hanno la testa molto dura, ancora una volta sconfessano clamorosamente questo ennesimo genio della paura diffusa. Basti pensare che su 130.468 persone decedute positive al tampone – è bene sempre ricordarlo – solo 1.601 soggetti avevano meno di 50 anni, di questi appena 399 sotto i 40. Inoltre, la gran parte di questa esigua minoranza di sfortunati, in linea con l’andamento di tutte le altre fasce di età, erano affetti da gravi e gravissime patologie multiple pregresse. In più, l’età media delle morti catalogate Covid-19 è ancora di circa 80 anni.

Ergo, leggendo questi dati, la cui tendenza è rimasta tale in questi quasi due anni di follia sanitaria, non bisogna essere un Premio Nobel per la Medicina per comprendere che Galli ha detto una colossale scemenza, dal momento che si comprende piuttosto chiaramente che la gravità o meno della malattia dipende essenzialmente dalla risposta immunitaria del paziente. In questo senso niente di nuovo sotto il sole, egregio professore.

Ovviamente, se ogni volta che si parla del rischio Covid si mostrano i rari casi singoli dei morti in età giovanile, facendoli passare per accadimenti di ordine generale, non si rende certo un buon servizio né alla scienza medica, che come noto è una scienza probabilistica, e né alla causa di una corretta informazione.


di Claudio Romiti