Il peggior Cancelliere dal Dopoguerra

Angela Merkel ha governato la Germania dal 2005 ricoprendo ben quattro mandati e abdicando nel 2018 da presidente del suo partito politico, la Cdu (Unione democratica cristiana) per cominciare a fare spazio a un successore. Come prima cancelliera donna, Merkel ha quasi sempre ricevuto un trattamento molto benevolo dai media, guadagnandosi la simpatia anche per essere cresciuta nella parte orientale del Paese quando era sotto il dominio sovietico.

Cos’è avvenuto nei sedici anni del suo cancellierato? In superficie, i suoi successi sembrano impressionanti. Durante il suo periodo, in ambito macroeconomico, l’economia tedesca ha mostrato un’ottima performance, il tasso di disoccupazione del 10 per cento nel periodo 1975- 2005 è sceso al 3,3 per cento fino alla fine del 2018. Dopo la crisi mondiale del 2008, l’economia tedesca ha registrato tassi di crescita annui costanti intorno al 2 per cento, mostrando un surplus commerciale superiore a quello della Cina anche se gli economisti, in genere, esagerano nel lodare questo risultato ignorando che i persistenti avanzi commerciali sono problematici tanto quanto i persistenti disavanzi e che i primi riflettono una debole domanda interna, tant’è vero che il tedesco medio “tira la cinghia”.

Tuttavia, questi risultati positivi non sono stati opera della Merkel. Sono, semmai, il risultato delle politiche del suo predecessore Gerhard Schröder (cancelliere dal 1998 al 2005) che mise in atto una profonda riforma del mercato del lavoro tedesco ponendo limiti ai programmi di welfare e riducendo la disoccupazione. Tali leggi di riforma approvate dal Parlamento (Bundestag) entrarono in vigore nel gennaio 2005. Nel settembre dello stesso anno, Angela Merkel, dopo aver sconfitto Schröder alle elezioni generali, diventava cancelliera giusto in tempo per prendersi il merito del predecessore.

Il principale sostegno alla performance di crescita dell’economia tedesca, non molto diverso da quanto avvenuto negli Stati Uniti, è venuto, poi, dai bassi tassi di interesse fissati dalla Banca centrale europea dopo la crisi finanziaria del 2008 mentre la competitività internazionale della Germania è dipesa dalla crisi ai margini meridionali dell’Eurozona che ha mantenuto basso il tasso di cambio dell’euro.

Il Governo Merkel commette il primo grosso errore nel 2011 quando, con una reazione emotiva all’incidente nucleare di Fukushima in Giappone, spinge il Governo a uscire dall’energia nucleare per promuovere la Energiewende o transizione energetica a favore delle rinnovabili che però si impantana rapidamente nei dettagli della realtà tedesca e nell’impraticabilità dell’intera idea, cosicché dopo aver sostenuto costi enormi, la Germania deve importare energia nucleare dai Paesi vicini e ricorrere al carbone per colmare il vuoto energetico, lasciando il Paese ancora una volta dipendente principalmente dalla Russia. D’altre parte, il costo del fabbisogno energetico tedesco dipendente dalle rinnovabili inizia a soffocare la crescita economica.

Ma i veri guai nascono con la crisi del debito greco. La cancelliera e il suo ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, annunciano una timida promessa di salvataggio ma poi, senza chiarire la loro vera posizione, alla fine, fanno ricadere la colpa della crisi sulla riluttanza della Germania a finanziare un piano di salvataggio completo. Angela Merkel allora promette ai contribuenti tedeschi di far rimborsare alla Grecia qualsiasi prestito. Ma i sondaggi cominciano a diventare duri contro la cancelliera che viene criticata dalla stampa mondiale perché, mentre la Grecia aveva perdonato il debito della Germania dopo la Seconda guerra mondiale, ora la Germania rifiuta aiuti alla Grecia.

Per eliminare la sua immagine internazionale di usuraia rimodellandola come madre premurosa (Mutter Angela), in poche settimane la cancelliera trova la soluzione: aprire le porte dell’Europa ai rifugiati. Ed è così che trasforma la crisi del debito nella crisi dei rifugiati. Quindi il 25 agosto 2015 il Governo Merkel consente ai rifugiati siriani, che si erano già registrati altrove nell’Unione europea, a entrare in Germania e registrarsi lì, sospendendo la legge dell’Unione che richiede il rimpatrio dei richiedenti asilo nel primo Paese in cui sono entrati. Nel settembre allenta i controlli al confine con l’Austria, consentendo a decine di migliaia di rifugiati bloccati in Ungheria di entrare in Germania.

Il 10 settembre il Washington Times scrive: “Angela Merkel accoglie i rifugiati in Germania nonostante il crescente movimento anti-immigrazione”. La decisione del 2015 di ammettere in Germania, e, quindi, date le frontiere aperte dell’Ue, in tutta Europa, un milione di musulmani totalmente incontrollati, numero che oggi è salito a oltre due milioni grazie all’immigrazione continua e ai “ricongiungimenti familiari”, dà il via alla cosiddetta politica della porta aperta, con cui la Merkel ha ipotecato l’intero progetto europeo dimostrando che un singolo leader di un singolo Stato può alterare la politica di un’unione di Stati e, di conseguenza, dimostrando anche la loro irrilevanza. Pertanto, la Cancelliera tedesca, oltre a essere la responsabile della disunione tra gli Stati europei, è stata anche responsabile della Brexit del Regno Unito e dell’ascesa dei movimenti nazionalisti nell’Europa orientale. Un errore storico colossale.

Il secondo grave errore storico è stato di aver cambiato il panorama politico del suo Paese in peggio. Durante il suo mandato i partiti agli estremi dello spettro politico sono aumentati di importanza, accelerando il declino del suo partito e di quello del suo partner di coalizione frammentando tutto il sistema politico tedesco, un tempo incentrato su pochi partiti principali. L’Unione cristiano democratica/cristiana di centrodestra o Cdu, e la Christlich Soziale Union in Baviera, o Csu, partiti alleati, che insieme formarono i governi del Dopoguerra portando la Germania fuori dalle rovine fisiche e morali della Seconda guerra mondiale sono stati trasformati dalla Merkel in partiti di sinistra attraverso la decisione di abbracciare l’isteria climatica alla Greta Thunberg e dei Die Grünen, i Verdi tedeschi estremisti le cui politiche stanno portando al più nefasto effetto per un Paese: l’abbassamento dello standard di vita della sua popolazione.

Questa trasformazione ha ovviamente spinto molti elettori a trasferire la loro fedeltà all’unico partito politico tedesco che oggi può essere definito conservatore, la “Die Alternative für Deutschland” – l’Alternativa per la Germania – invariabilmente bollato dai media occidentali, fornitori di propaganda globalista e multiculturale, come estrema destra, come vengono definiti i partiti impegnati a preservare le culture nazionali. La fiducia nel Governo Merkel è poi scesa ai minimi storici dal dopoguerra durante la pandemia. L’arroganza della Cancelliera nel tentativo di imporre misure ancora più autoritarie ha causato rabbia del pubblico, mettendo sotto i riflettori tutte le debolezze del suo Governo: la sua avversione al rischio, alle strategie e ai piani a lungo termine e, soprattutto, il suo distacco totale dal popolo.

Il suo regno ora è terminato e una Germania divisa, confusa e spaventata cadrà probabilmente in mano a politici di carriera senza scrupoli, pronti, per diversi motivi, a impiegare tutti i metodi necessari, inclusi quelli antidemocratici, extra-costituzionali per sopprimere ogni resistenza politica alle iniziative verdi, socialiste e di immigrazione, che un’ampia percentuale di tedeschi vede a ragione come distruttive della civiltà tedesca e di quella europea. Ma questa è l’eredità che lascia Angela Merkel, il peggiore cancelliere dal Dopoguerra.

Aggiornato il 27 settembre 2021 alle ore 09:29