Un bel libro e quelle monetine

I libri importanti non solo si leggono ma si rileggono. Parliamo dell’ottimo volume di Filippo Facci, scrittore e giornalista di gran valore, a proposito delle monetine lanciate contro Bettino Craxi negli anni delle cosiddette “Mani Pulite”. Occorre qualche sforzo nel rileggere una storia per taluni aspetti umana e in larga misura politica, ma ne vale la pena perché il repetita iuvant dei latini serve ad una scoperta: all’emergere di una pluralità di motivi diversi da quelli che prima impregnavano, salvo rari casi, un’intera letteratura anti Craxi.

Chi scrive era presente a quel lancio di monetine davanti all’hotel Raphael e vide in anteprima il ritorno dei comizianti occhettiani mirati ad un assedio dell’albergo. Sono salito nell’appartamento di Craxi per avvertirlo, per pregarlo, perché uscisse dal retro del Raphael da una porta secondaria, che io stesso avevo socchiuso. Fui strattonato da un rude “ma fammi il piacere”.

La storia delle monetine lanciate insieme a sassi e terriccio, con il condimento dei soliti insulti, è storia nota e il libro di Facci ne fa il filo conduttore per una narrazione ampia ed esauriente. Ci si chiede, dunque, come e perché a distanza di tanti anni una vicenda che ha comportato la fine della Prima Repubblica abbia finalmente imboccato i binari più giusti, e trovi accenti e reazioni non solo pacate, ma talune con accenni di pentimento il tutto ben diverso dagli atteggiamenti antecedenti liquidatori e sprezzanti.

La questione meriterebbe un approccio rovesciato, purché se ne approfondiscano aspetti di fondo, oltre a quello giudiziario che, fin dall’inizio, mostrava aspetti ai limiti della costituzionalità e, comunque, di una gestione senza i frequenti eccessi come quello di costringere gli imputati a confessare, previa permanenza in carcere.

Trent’anni dopo bisogna pur riconoscere che il ruolo dei media, in primis la stampa quotidiana, fu decisivo nella distruzione dei leader di allora, a cominciare da Craxi sul quale si deve altrettanto riconoscere che due testate di proprietà dei più celebri imprenditori spararono infaticabilmente a palle incrociate, in ossequio al leggendario pm milanese e al suo gruppetto di cacciatori.

L’ottima fatica di Facci non nasconde questi aspetti, non dimenticando il ruolo dei giornalisti-direttori che impostarono una lunghissima campagna che sfiorava l’odio contro lo stesso Craxi, in un crescendo di fremiti giustizialisti di cui non si è fino ad ora avvertito, mi si corregga se sbaglio, un loro cenno di pentimento. Sono gli stessi che ancora oggi, soprattutto in video, continuano nelle loro lezioni etico-storiche.

Ma c’è un altro perché che la nostra rilettura “facciana” ci suggerisce a proposito della generale acquiescenza rispetto alla travolgente inchiesta al di là dell’originale: distruttivo spirito politico ben attento a salvaguardare i post-comunisti non meno inguaiati nella corruzione. Il perché, cioè la risposta, sta nella paura, nel clima di terrore sparso, nella generale accoglienza non del principio di innocenza, ma del suo rovescio: non ci sono innocenti ma colpevoli non ancora scoperti (Piercamillo Davigo). Chi ha vissuto in quegli anni ricorda un periodo del quale parlare di regime del terrore non è molto lontano dalla verità. E i proprietari dei giornali lo avvertivano forse più degli altri, trasmettendone brividi produttivi ai responsabili delle loro testate che, a loro volta, vi rimediavano con lo stile di cui sopra.

E proprio a proposito delle monetine, facciamo molta fatica a ricordarne, da parte loro, cenni ancorché brevi di critiche e di prese di distanza a meno delle solite giaculatorie sul degrado della politica. Quando accennavamo al clima generale di paura in certi settori, non v’è dubbio che altre grandi imprese, altri tycoon, ne furono investiti e non pochi osservatori hanno notato una certa quale timidezza da parte di Silvio Berlusconi nel trattare, meglio nel far trattare questi che, invece, erano sintomi di una occupazione, della invasione da parte della magistratura nel campo della politica tout court.

Invasione che sopraggiunse ben presto a colpire colui che, volente o nolente, era diventato leader di un movimento che raccoglieva sentimenti, proposte, ideali, speranze dei partiti ridotti in macerie. Mancarono solo le monetine contro il leader di Forza Italia. Il resto è storia.

(*) Filippo Facci, “30 aprile 1993. Bettino Craxi. L’ultimo giorno di una Repubblica e la fine della politica”, Marsilio

Aggiornato il 25 maggio 2021 alle ore 09:21