Forca e fisco, così Cairo affronta l’emergenza Covid

Forca, moralismo fiscale e tanta voglia di espropriare quella parte di italiani che non vota a sinistra. Nella televisione di Urbano Cairo (editore) i suoi agguerriti e ben pagati giornalisti l’emergenza Covid suggeriscono di affrontarla così. Ossia dando la colpa a quella metà di italiani che, secondo loro, non paga le tasse e le multe degli enti locali – compresi quelli che ci fanno cassa impunemente da anni, con strisce blu e autovelox – e che quindi merita di venire espropriata. E punita. Come chiede di fare ad esempio il pensionato Piercamillo Davigo onnipresente in studio da Giovanni Floris a “Dimartedì”.

Va detto che Urbano Caro, l’editore che li guida, ha della disgrazia Covid una visione da “bicchiere mezzo pieno”: “Un’occasione irripetibile per triplicare le vendite pubblicitarie” anche perché “la gente sta tutta a casa”. Proprio come diceva ai suoi sottoposti in un incredibile video che chiunque può vedere su You Tube e che risale ai primi tempi del cosiddetto lockdown di un anno fa.

La geometrica potenza tra il moralismo degli stenterelli portato avanti da Floris in trasmissioni pazzesche e senza contraddittorio, come quella di martedì scorso, e il cinismo dei comportamenti reali del padrone Urbano Cairo – ma anche di qualche stella di scuderia, tipo Andrea Scanzi – è il segreto che sinora ha funzionato, sia per fare audience sia per acchiappare il voto da parte dei grillini, con o senza Giuseppe Conte.

Poco importa se, in un momento come questo, un vero condono e non un piccolo compromesso che ritirerà solo le cartelle inesigibili o finite in prescrizione avrebbe rappresentato una manna per tutti gli italiani, giacché se ci sono 50 milioni di cartelle in giacenza è verosimile che riguardino quasi tutti i maggiorenni con codice fiscale del Belpaese.

La ricetta dei più o meno cripto-comunisti che sognano Cuba, la Germania Est, la Corea del Nord – e dei loro sodali che, pur senza essere comunisti, sognano un sistema autoritario dove comandano i Torquemada in toga o quelli nelle redazioni – è sempre la stessa: sorvegliare, punire la classe media e l’iniziativa privata, coltivare una clientela fatta di lavoro pubblico ipertrofico, spesso nullafacente e di poveracci assistiti con l’elemosina di cittadinanza. Un esercito di disperati in stile Venezuela, su cui imperare mentre tutti gli altri affogano nei debiti e nella pandemia. I padroni dei moralisti – in compenso – fanno enormi affari pubblicitari, visto che la vita ormai si svolge davanti a uno schermo tv, di un computer o di un cellulare.

Anche George Orwell nel suo “Grande Fratello” o ne “La fattoria degli animali” non sarebbe arrivato a simili fosche previsioni sul futuro che, invece, tutti noi stiamo supinamente subendo.

Aggiornato il 26 marzo 2021 alle ore 09:21