Francesco in un Iraq deserto di cristiani

venerdì 5 marzo 2021


Vox clamantis in deserto. La visita che Papa Francesco compie in Iraq si svolge in un deserto di cristiani: in un Paese da cui i cristiani negli anni scorsi sono fuggiti in massa e sono ormai ridotti ad una piccolissima minoranza; e dove le persecuzioni ai loro danni non sono affatto cessate, nonostante la fine dell’Isis e la relativa “pace” di cui gode il Paese da qualche anno. Lo testimoniano i dati più recenti contenuti nel rapporto “Watch List 2021”, dell’organizzazione americana Open Doors che ogni anno certifica la condizione dei cristiani nei Paesi più ostili. Secondo quel rapporto, in Iraq nel corso del 2020 “il livello di violenza affrontato dai cristiani di origine musulmana è aumentato notevolmente nell’ultimo anno, il che è in parte il motivo per cui l’Iraq è salito dalla quindicesima all’undicesima posizione nella Watch List”.

I cristiani iracheni sono passati da circa 1,5 milioni nel 2003 a 450mila nel 2013, a circa 175mila di oggi. L’anno scorso erano 202mila. Nell’ultimo anno sono dunque partiti dall’Iraq oltre 25mila cristiani. Significativo. A Mosul, nell’Iraq settentrionale curdo, sono rimaste appena settanta famiglie cristiane con poche centinaia di individui da decine di migliaia che erano. Nel luglio del 2014 decine di migliaia di cristiani furono costretti a fuggire da Mosul, dopo l’ultimatum dei jihadisti dell’Isis “o conversione o morte”. Fuggirono senza portare nulla con sé, furono comunque rapinati per strada e vessati. Subito dopo i jihadisti dell’Isis tolsero tutte le croci dalle chiese di Mosul e la locale tomba del profeta biblico Giona fu fatta saltare in aria. Unico dato positivo, oggi, è che nella città una volta a maggioranza cristiana di Qaraqosh, nella valle di Ninive (a circa 30 chilometri da Mosul) la metà della popolazione è tornata da quando lo Stato islamico è stato sconfitto nel 2017 (grazie soprattutto al presidente russo Vladimir Putin). Da Qaraqosh nell’agosto del 2014, 100mila cristiani dovettero fuggire dopo che le loro case erano state segnate con la lettera “N” di “nazareno” (come vengono colà chiamati i cristiani); e dopo che i jihadisti dell’Isis dalle loro camionette e con i loro megafoni avevano intimato ai cristiani di sgombrare senza indugio. Cercarono rifugio nei villaggi curdi, in cerca di riparo cibo ed acqua. Molte donne cristiane furono sequestrate dai jihadisti che ne fecero le loro schiave sessuali.In quegli anni di tragedia vi sono stati 1.300 cristiani uccisi, fra cui cinque sacerdoti e un arcivescovo, mentre 62 chiese sono state distrutte o devastate.

Dall’Occidente cristiano non è venuta mai alcuna reazione di rilievo. Tutti i leader occidentali hanno taciuto e voltato lo sguardo verso altre direzioni. Per i cristiani del Medio Oriente nessuno ha sollecitato alcun “intervento umanitario” come è avvenuto in altri casi per i non cristiani. Il Papa stesso in quegli anni e fino ad oggi si è limitato a ricordare in varie occasioni, nelle sue omelie, le persecuzioni e le uccisioni di cristiani in Medio Oriente, affidandoli alla misericordia divina o “di Maria”, ma senza chiedere quell’intervento degli Stati che chiede spesso per l’accoglienza in Europa dei migranti.

Ma anche dopo la fine dell’Isis, a tutt’oggi i cristiani in Iraq non se la passano affatto bene. Secondo Open Doors, ancora oggi i cristiani iracheni vengono discriminati sui luoghi di lavoro e vivono sotto l’incubo dell’accusa di blasfemia, se cercano di diffondere il Vangelo. Le donne cristiane, che non indossano il copricapo islamico, rischiano di essere molestate e aggredite ed i responsabili restano impuniti; i musulmani convertiti mantengono segreta la loro fede per pressioni e minacce e perché rischiano di perdere i diritti di successione; le musulmane convertite al Cristianesimo possono essere stuprate e non sono autorizzate a sposare un cristiano, per non incoraggiare le conversioni. Le persecuzioni e le uccisioni di cristiani continuano da decenni in tutto il mondo.

Secondo la già citata Watch List 2021, tra il primo ottobre 2019 e il 30 settembre 2020, 340 milioni cristiani hanno sofferto qualche forma di persecuzione nel mondo, 4761 cristiani (tredici al giorno) sono stati uccisi per ragioni legate alla loro religione, 1710 (quattro al giorno) rapiti, 4277 (undici al giorno) sono stati messi in galera senza alcun processo. Nello stesso periodo, sono state 4.448 (dodici al giorno) le chiese e gli edifici religiosi attaccati, chiusi o distrutti da violenze anti- cristiane. I cinque Paesi in cui la situazione dei cristiani è più critica sono la Corea del Nord (dove i cristiani sono dichiarati “nemici dello Stato” e avviati a campi di lavoro); l’Afghanistan, dove rischiano di essere uccisi dai talebani; la Somalia, dove basta il solo sospetto di essere cristiani per rischiare la morte; la Libia dove ci sono diffusi umori anti-cristiani; il Pakistan, dove la legge sulla blasfemia viene applicata con rigore in specie contro i cristiani. Le persecuzioni e le discriminazioni ai danni dei cristiani avvengono soprattutto nei Paesi musulmani mediorientali e africani (come la Nigeria), ma anche in India e in Cina.

Eppure l’Occidente tace. Tacciono o voltano altrove lo sguardo i media e i leader occidentali. Restano muti in particolare i chierici del politicamente corretto, sempre pronti a stracciarsi le vesti ed a scendere in piazza per ogni vittima di altre religioni e di altre culture se possono attaccare l’Occidente. Per i cristiani del Medio Oriente nemmeno una parola. Nessuna denuncia di una cristianofobia diffusa nel mondo, molto più che la presunta islamofobia da essi denunciata in Europa, dove vorrebbero farne addirittura un reato d’opinione. Nulla. Perché si tratta di arabi e per di più cristiani? O perché sono cristiani anche se arabi? Perché troppo vicini all’odiata cultura occidentale? O tacciono solo perché nel loro caso non si può colpevolizzare in alcun modo l’Occidente e gli occidentali?

C’è decisamente del marcio – non solo un odio per l’Occidente e per il Cristianesimo, ma anche un razzismo surrettizio! – nel silenzio dei chierici occidentali del politicamente corretto sulle persecuzioni dei cristiani del Medio Oriente.


di Lucio Leante