Finché c’è Speranza non c’è vita

Riconfermando Roberto Speranza alla guida del ministero più strategico del momento, quello della Sanità, non potevamo attenderci un allentamento delle misure e del surreale clima di terrore che stanno paralizzando il Paese da un anno. Terrore che, osservando i numeri della pandemia dopo un così ampio lasso di tempo, risulta sempre meno giustificato sul piano razionale. Anche se, in verità, ciò era vero anche all’inizio di questa catastrofe autoinflitta. Bastava, infatti, riflettere sui primi riscontri dell’Istituto superiore di sanità, pubblicati in un documento ufficiale il 18 marzo del 2020, per comprendere la natura reale del problema a cui andavamo incontro. In estrema sintesi, su oltre 3mila cartelle cliniche di soggetti deceduti, solo in dodici casi il Covid-19 avrebbe costituito la causa primaria di morte. Inoltre, più della metà di questi poveretti era portatore di tre o più gravi patologie e tutti gli altri di almeno una. Pertanto, come sottolineò la professoressa Maria Rita Gismondo, durante un meritorio convegno organizzato nella scorsa estate da Vittorio Sgarbi e Armando Siri, in questi casi i testi sacri dell’Infettivologia e della Microbiologia indicano con chiarezza le linee guida da osservare: “Stare all’aria aperta e proteggere i fragili”.

Esattamente il contrario di ciò che Speranza & company ci stanno imponendo da un anno e che, ahinoi, intendono continuare a fare anche fino a Pasqua inoltrata, reiterando la “truffa” politica di un virus che, pur non risultando mortale per il 99,75 per cento dei contagiati, viene dipinto più pericoloso dell’ebola o della peste bubbonica. Ed è proprio sul dato dei contagiati medesimi che poggia una siffatta truffa comunicativa, equiparando il contagio alla malattia grave alla morte probabile. Il movente di tutto questo pasticciaccio brutto mi appare chiaro sin dall’inizio: poter vantare, nei riguardi di un elettorato stordito dalla paura e annichilito dalle chiusure, di aver salvato milioni di vite umane proprio in virtù di tali demenziali chiusure. In pratica, siamo di fronte ad una bieca e cinica speculazione politica che con la tutela della salute, di cui straparla a giorni alterni l’impresentabile ministro Speranza, non c’entra assolutamente nulla. Semmai, di questo infernale passo, i presupposti economici, sociali e psicologici per conservarcela svaniranno come neve al sole. In questo senso, ha perfettamente ragione Matteo Salvini quando sostiene che “parlare già oggi di una Pasqua chiusi in casa mi sembra irrispettoso per gli italiani”.

A questo punto, visto che le misure restrittive non sono cambiate se non in peggio, potevamo anche tenerci Giuseppe Conte. Avere un premier di così grande prestigio, che si fa dettare la linea da uno Speranza qualsiasi, non sembra avere alcun senso.

Aggiornato il 02 marzo 2021 alle ore 09:09