Come d’autunno sugli alberi le foglie

Chi vuol vedere, sa come stanno le cose. La precarietà politica di questi mesi è una mina posta alle fondamenta economiche, sociali e istituzionali del Paese. L’andamento del buon agire politico sembra inceppato, avvolto dal velo paralizzante della paura di affrontare l’ordinario fluire delle regole democratiche.

Le dinamiche della democrazia non possono convivere con questo tipo di paura, perché negazione della democrazia stessa. E neppure possono permettere di camuffare la paura medesima con la maschera della prudenza, come invece cerca di fare la maggioranza di governo che ad essa vuol far credere sia improntato il suo agire. Se la prudenza diventa scudo per impedire alle regole democratiche di mettersi in moto, da virtù si trasforma in vizio, in egoismo illiberale ed inganno, che del potere sono fra i vizi più cupi.

Continuare a tenere il Paese “come d’autunno sugli alberi le foglie” dimostra la pochezza politica delle forze che stanno attuando questa strategia. Il fine del loro fare è uno soltanto: mantenere il potere, nonostante tutto. Nonostante, cioè, scendendo nello specifico, la mancanza di coesione progettuale tra Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Liberi e Uguali, perché mai saldata dalle basi e con lo stagno del voto elettorale; nonostante la mancanza di legittimazione nelle urne del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte; nonostante l’inadeguatezza di gran parte della classe dirigente a guidare la ricostruzione post pandemica e a gestire i dossier più scottanti, dall’economia alla giustizia, dalla scuola alle infrastrutture, dal fisco al debito pubblico; nonostante la distanza sempre più evidente tra palazzo e corpo elettorale.

Non è tanto o soltanto, allora, questione di numeri sul pallottoliere. La crisi è di sistema, tanto più grave quanto più si cerchi di nasconderla con opere di ingegneria parlamentare per tirar su, alla bell’e meglio, entità politiche inesistenti nella realtà.

E se il voto, che delle ordinarie regole della democrazia è la più importante, proprio non ha da essere per la paura illiberale che paralizza il palazzo, che sia almeno un governo di scopo guidato da una donna o da un uomo delle istituzioni a traghettare il Paese all’inizio dell’estate o alla primavera del prossimo anno per attivare adeguatamente almeno il Recovery plan. Ne va del futuro di intere generazioni.

(*) agiovannini.it

Aggiornato il 26 gennaio 2021 alle ore 09:37