La marcia del sale dei ristoratori

Emulando in piccolo la storica marcia del sale, promossa dal Mahatma Gandhi nel 1930 per protestare contro la relativa tassa imposta dal Governo britannico, un folto gruppo di ristoratori brianzoli, giovedì scorso, si sono diretti a Milano per contestare le attuali restrizioni sanitarie. Restrizioni che, come nel resto del Paese, stanno letteralmente polverizzando intere categorie economiche. In un duro comunicato rivolto soprattutto al Governo centrale, tra le altre cose, questi disperati esercenti hanno così sintetizzato il loro stato d’animo: “La situazione è arrivata ad un punto veramente cruciale: siamo in questa situazione da marzo, così non possiamo e non vogliamo andare avanti. Siamo esausti da questa situazione di “apri e chiudi” settimanale, di zona gialla, arancione e rossa. Le nostre attività hanno bisogno di pianificazione e programmazione, non possiamo permetterci di aprire in modo saltuario. Siamo stanchi di essere catalogati come untori.” Come non essere d’accordo con questi eroici produttori privati, inclusi i loro dipendenti e collaboratori, che provano a resistere ad un diluvio di norme insensate con cui l’attuale Esecutivo, facendosi sempre scudo dell’onnipotente Comitato tecnico-scientifico, che li sta sostanzialmente condannando al fallimento?

Si tratta di provvedimenti demenziali che vengono emanati a cadenza vertiginosa e la cui ratio, come dall’inizio di questa disgraziata pandemia, risulta difficilmente comprensibile a noi umani. Una degli ultimi colpi di genio di questi fenomeni, quello che vieta di effettuare la vendita da asporto dopo le 18 a bar e ristoranti, ha mandato giustamente su tutte le furie il presidente della Confesercenti di Reggio Calabria, Claudio Aloisio, il quale in un breve ma chiarissimo articolo mette un grande evidenza la totale mancanza di logica di tale misura: “…a partire dal 16 gennaio, un imprenditore che nella visura camerale si ritrova il codice ateco 56.3 (quello dei bar per intenderci) come attività prevalente ma, ad esempio, svolge anche l’attività di pasticceria, gelateria e ristorazione, dalle 18 non potrà più fornire servizio d’asporto di alcun genere”. Tradotto: a quell’ora dovrà chiudere. Invece il suo collega la cui attività prevalente risulta “pasticceria e gelateria” (codice ateco 56.10.3) ma svolge anche l’attività di bar e ristorazione, potrà continuare a fornire tale servizio sino alle 22:00 vendita di alcolici compresa. Ora, immaginate la situazione paradossale di due colleghi, posizionati nella stessa via e che hanno in pratica la medesima attività, uno dei quali è costretto a chiudere alle 18 mentre l’altro può continuare fino alle 22.

Ora, considerando che quella segnalata dal sindacalista reggino è solo una delle moltissime norme liberticide che stanno paralizzando il Paese da quasi un anno, non credo che dobbiamo attendere altre prove per stabilire la totale inadeguatezza dell’attuale maggioranza politica nell’affrontare l’attuale, difficile momento. Una maggioranza che continua a nascondere le proprie responsabilità dietro una emergenza sanitaria, da essa stessa ingigantita ad arte con la connivenza di gran parte dell’informazione, che sembra non finire mai. Ed è paradossale che, mentre assistiamo ad una costante discesa di tutti i numeri della pandemia, con in testa il dato fondamentale dei ricoveri e delle terapie intensive, si inasprisce l’accanimento verso i ristoratori e tutta una serie di altre categorie economiche che notoriamente non mostrano grandi simpatie per i partiti di Governo. A pensar male spesso ci si azzecca.

Aggiornato il 22 gennaio 2021 alle ore 10:43