Conte, “non c’è due senza tre”: sì, ma per quanto?

Il premier Giuseppe Conte e il suo staff, in queste ultime tormentate ore per il Governo, per cercare di dar vita alla sua terza maggioranza, in tre anni, hanno ritenuto opportuno far affidamento, ancora una volta sui numeri, puntando sul detto più diffuso e conosciuto del mondo: “non c’è due senza tre”. Scommettendo così, di fatto, agli occhi degli italiani, più che sulla sostanza, sull’avere la speranza di cavarsela, anziché essere speranza per la nazione. Tutto ciò, però, non sembra aver tenuto conto di un fattore, è pur vero che non “c’è due senza tre”, ma è anche vero che “il quattro vien da sé”, rappresentando così il triste scenario di un imprevisto o di un’opportunità. Questo naturalmente si vedrà a seconda di come il presidente del Consiglio intenderà investire i 156 voti, esigui, ottenuti dalla fiducia al Senato, proprio in virtù di tutto ciò il “quattro”, in questo caso incarna una possibile quarta gamba, leggasi Matteo Renzi. Italia Viva assume una rilevanza enorme, da non sottovalutare, proprio come possibile valore aggiunto, per i punti posti, anche come stimolo per migliorare la discussione sui vari temi per un rilancio serio, ma non solo, basti pensare ai lavori da svolgere nelle rispettive commissioni Affari costituzionali o Bilancio e ai voti necessari al loro interno per la maggioranza.

D’altro canto, operazioni come quella di raccattare qualche, pur rispettabilissimo, senatore si rivelerebbero un inutile e sterile palliativo che non darebbe credibilità e lustro al Governo, non solo all’interno dei nostri confini, ma anche all’estero. Naturalmente, tutto questo, fa presumere che sia necessaria una inversione di rotta, Conte non dovrebbe ostinatamente agitare, solo a parole, la bandiera del dialogo o delle porte aperte, come proprio ieri ha ricordato nella sua replica al Senato, ma dovrebbe dar seguito con i fatti alle sue stesse parole, si sa, un dialogo presuppone nel linguaggio politico un confronto, uno scambio di idee, finanche acceso, di opinioni e di programmi, il tutto unicamente finalizzato a raggiungere un’intesa, non per rimanere ostinatamente arroccato nella propria ottica. Essere costruttori, per utilizzare un termine tanto in voga nella dialettica politica di questi giorni, fino a prova contraria, significa essere edificatori di ponti e non certo di muri, come invece è emerso dalla diatriba andata in scena, facendo così maggiormente spiccare il vuoto politico e le contraddizioni che fin dall’inizio si sapeva essere pervaso questo Governo.

Una cosa è certa, il presidente del Consiglio da questa vicenda ne esce comunque indebolito più che mai, con una maggioranza semplice al Senato ottenuta grazie ai voti racimolati, anche, tramite due senatori di Forza Italia, poi immediatamente espulsi da questa, e tre senatori a vita. Lo scenario, teso, che appare quest’oggi, soprattutto dopo la schizofrenica giornata di ieri, in un momento simile tra pandemia da Covid-19, ritardi sui vaccini, vaccinazioni, ristori, per giunta con l’aggravante dello spettro drammatico del rischio delle chiusure definitive di tante piccole imprese, l’emergenza occupazionale di marzo e con le famiglie italiane che per andare avanti arrancano tra mille difficoltà, evidenzia la chiara mancanza di una maggioranza qualificata che dà la prospettiva chiara di un Governo non stabile. Tale risultato pone dei quesiti molto seri su quanto, a partire da oggi, potrà essere incisivo questo Governo palesemente in difficoltà che non appare, almeno allo stato attuale, alla prova dei fatti, in grado di rispondere alle esigenze del Paese. Dopo il voto di ieri, la partita è, senza alcun dubbio, a tre: presidente della Repubblica, Governo e Parlamento, dove l’incipit prevalente in questa fase, pare essere, “fare di necessità virtù”. Una cosa è certa, Matteo Renzi non è stato asfaltato e, a quanto sembra, neanche pare esser in odore di catrame, come faceva presagire una voce guerrafondaia – impropriamente – attribuita a Rocco Casalino. Da oggi parte il leitmotiv sulla rincorsa ad allargare la maggioranza. Ma in base ai numeri, decisamente evidenti, senza la mano tesa di Italia Viva e senza un vero progetto per governare l’Italia, quanto potrà durare una maggioranza come questa, dato che le critiche poste da Renzi erano le stesse che sommessamente poneva anche il Partito Democratico?

Aggiornato il 21 gennaio 2021 alle ore 11:45