Politica: non dire gatto se non ce l’hai nel sacco

La situazione è drammatica ma non seria, come si diceva una volta. Parliamo non tanto o soltanto della situazione politica ma, più specificamente, della vicenda in atto dopo l’avvio della crisi con le dimissioni delle ministre di Italia Viva.

Ciò che salta agli occhi di qualsiasi commentatore, è la continuazione delle aggressioni mediatiche contro Matteo Renzi nutrite sia da un astio ad personam molto in voga da temporibus illis, sia dalle conseguenze sue proprie per una “crisi al buio” considerata già persa con l’arrivo dei cosiddetti “costruttori”, in realtà dei voltagabbana tipo Domenico Scilipoti.

Intanto, nessun giudizio etico-politico su una manovra trasformistica che ha lontane origini già dal primo voltafaccia contiano transitando da un maggioranza di un certo colore ad un’altra di segno opposto e, sia detto inter nos, le sue mancate dimissioni nelle sedi parlamentari costituivano un vulnus alla democrazia rappresentata in quelle aule divenute ben presto degli enti inutili per il Governo. Il quale solo per costrizione quirinalizia ha deciso di affrontare la sfida in Senato dopo tergiversazioni atte a mettere insieme un gruppo tanto raccogliticcio nella forma quanto incollato alle poltrone nella sostanza.

Non siamo nel campo della illegittimità giacché la ricerca di una maggioranza è stata ed è frequente, ma è il giudizio politico e anche morale che occorre dare a tutto ciò, chiamando le cose col loro stesso nome e valutandone le conseguenze, che valgono sia per Renzi che per il nuovo (se ci sarà) esecutivo. Abbiamo messo un se dubitativo perché i giochi non sono ancora fatti e il miracolismo, in questi casi, conduce a illusioni e sottovalutazioni che sono il frutto di un’ansia del potere e della paura di perderlo dando addirittura per scontato ciò che invece ha davanti a sé un tragitto a dir poco accidentato.

E la fretta di un Partito Democratico, rimasto fino a poche ore fa una sorta di convitato di pietra, ne rivela l’aspetto gregario, ben sottolineato da Claudio Martelli su l’Avanti!, contribuendo alla nascita di un neomovimento contiano destinato a succhiarne i voti. Tanto grande è il desiderio di chiudere i conti con Renzi da esaltare le magnifiche sorti e progressive di un governo Conte debole e unfit, inadatto oltre che alle nuove, complesse necessità dei vaccini anche al compito immane della ricostruzione. Le mosse degli avversari di Renzi, sommamente inviso alla maggioranza dei mass media, danno per scontata la sua sconfitta che trae dai numeri dei “ricostruttori” le vere ragioni, e la voluta omissione di analisi ignora la palude politica in cui si è precipitati e che non pare un buon punto di partenza per (se ci sarà) un Conte ter, ma piuttosto un punto di arrivo.

Gli argomenti renziani puntano contro il personalismo contiano evidenziato nella vicenda di un Recovery Fund considerato di sua proprietà, ma la cattiva gestione della pandemia è una ragione precipua per il cambio, tanto più che molte delle critiche dell’ex presidente del Consiglio erano le stesse di un Pd che invocava cambi di passo e spinte in avanti a fronte dell’immobilismo di Conte. Già, come si diceva, l’odio per l’avversario acceca data la certezza del suo default, ignorando la saggezza dell’antica massima del “non dire gatto se non ce l’hai nel sacco” e non riflettendo sul punto che la vita politica continua anche se si finisce all’opposizione, a maggior ragione di un governicchio che proprio nelle sue origini trasformistiche alleva il baco che lo corrode agevolando l’azione non meno corrosiva di un Renzi cui non mancherà di certo il propellente necessario.

Aggiornato il 15 gennaio 2021 alle ore 19:09