C’era una volta l’aula sorda e grigia, ma Trump non conosce la storia

Il populismo c’era e ci sarà. Qualsiasi sia la traiettoria di Donald Trump che, allo stato degli atti, non sembra particolarmente vivace. Ma il punto vero, ciò che negli Usa, dentro e fuori Capitol Hill e in giro per il mondo, Italia compresa, interessa e interesserà è il ruolo o la responsabilità di Trump in occasione della marcia sulla capitale (parlavano proprio “di marcia su Washington”).

Intendiamoci, una marcia di fan con relativa adunata davanti al Campidoglio, non solo era normale ma prevista, compresa la parola d’ordine delle elezioni rubate (stolen, parola ripetuta e urlata fin dentro, fin dallo spaparanzato sulla scrivania di Nancy Pelosi) e, del resto il leitmotiv della competizione Trump-Biden è stata quella parola, già durante il voto).

Intendiamoci di nuovo: il furto elettorale dei democrats sarebbe consistito nel voto per posta ed è una ipotesi non banale. Il fatto è che la primaria ragione di quel voto postale, peraltro controllato e ricontrollato senza trovarvi trucchi e comunque senza proteste dei rappresentanti dei Repubblicani, derivava soprattutto dalla paura di quella pandemia che lo stesso Trump aveva del tutto sottovalutato se non negato, salvo correre ai ripari quando i buoi erano usciti dalla stalla.

E arriviamo al giorno fatale per lo stesso sistema democratico americano perché l’invasione della sua sede più alta contrappone la piazza alla scelta libera del voto che come tale, è diretto, bianco o nero, Trump o Biden, per la Casa Bianca come per la Georgia.

Volenti o nolenti, non esiste al mondo un’alternativa al voto libero, a meno che non ci si aggiri in altri sistemi, in altri Paesi dove, vedendo e rivedendo ora le immagini mondiali dell’assalto, i loro leader stanno ridendo e rideranno. Anche di questo dovrà occuparsi Joe Biden.

Una manifestazione prevista, dunque. Organizzata, in massa. Ma Trump vi ha messo del suo perché l’ha promossa, condivisa, spinta e infuocata, già durante il suo svolgimento.

Ora, non si tratta di decidere se abbia spinto all’interno quei quattro scalmanati fanatici, mascherati e con tanto di corna in testa, ma se potesse prevedere questa invasione e, comunque, fermarla da subito con un appello (step up, gli disse Biden, alzati, svegliati, vai in tv). Trump parlò in grande ritardo nel pieno dell’invasione, disse “andate a casa, vi voglio bene!” (I love you, go home in peace). Testuale.

Questo è il punto ineludibile perché porta all’attenzione dell’inchiesta in corso, con la giovane morta e il poliziotto morto e altri, un aspetto di complicità dello stesso presidente uscente che potrà forse autograziarsi, ma la sua responsabilità o colpa rimane. Il finale di partita del “gioco” a chi è più populista rivela che non soltanto chi cavalca la tigre ne viene sbalzato e inghiottito ma che lo sbocco della anti politica è senza uscita e fa il gioco politico degli altri.

Biden ha vinto non perché fosse più forte (anche se ha preso sette milioni di voti in più di Trump), ma perché il suo avversario era meno credibile (anche se ha preso milioni e milioni di voti) rispetto a una fascia ampia di moderati. Si dirà: ma l’America profonda, scontenta, arrabbiata, delusa, esiste ed è tanta. Ma, come s’è visto, non è maggioritaria, ha votato, non ha ottenuto la maggioranza, il che può imbufalire (è proprio il caso di dirlo) Donald Trump, ma è lo stesso sistema che l’ha fatto vincere su Hillary Clinton. E dunque?

L’altro sistema è l’invasione di Capitol Hill. Che non poteva funzionare se non come una grottesca presa della Bastiglia, ma senza i Robespierre e, molti anni dopo, senza i Lenin.

Neppure Benito Mussolini, che era uno che se ne intendeva, assaltò il Parlamento dopo la Marcia su Roma. Prese la parola e, imbronciato come al solito, esclamò: “Potevo fare di quest’aula sorda e grigia un bivacco di manipoli. Potevo, ma non l’ho fatto”.

Donald Trump avrà tempo di leggersi un po’ di storia. E di impararne le lezioni.

Aggiornato il 11 gennaio 2021 alle ore 09:38