Nota a margine: la politica fatua

mercoledì 9 dicembre 2020


Se un Tizio non se la passa troppo bene, anzi quasi male, e riceve un’improvvisa entrata una tantum, ha davanti a sé diverse possibilità. Può tesaurizzarla nei modi conosciuti. Può mangiarsela nei modi altrettanto risaputi. Può rimborsare i creditori, se era indebitato. Può impiegarla nei modi conosciuti sotto il nome di investimenti. Nell’investirla, il fantomatico beneficiario incontra le maggiori difficoltà in relazione alla produttività attesa dell’investimento. Non solo. Entro certi limiti, la scelta dell’investimento produttivo apparirà oculata solo “dopo”, non “prima”. La lungimiranza nell’impiego di un capitale è la qualità peculiare dell’imprenditore e del risparmiatore. I governanti non la posseggono quasi mai. E anche quando raramente ce l’hanno, devono sottostare ai condizionamenti dei politici che, specialmente in democrazia, sono particolarmente esigenti.

Un esempio elementare aiuta a capire. Se il Tizio è ridotto a camminare con scarpe bucate, dovrà utilizzare il gruzzolo inaspettato per comprarsi un paio di scarpe, risuolarle magari, oppure comprarsi una cravatta di seta? In base a ciò che accade normalmente, è probabile che il nostro fortunato individuo opti per le calzature, che diventeranno per lui anche un bene strumentale, perché gli consentiranno di recarsi al lavoro senza rischiare di azzopparsi. È meno probabile che corra ad acquistare una cravatta di seta. Ma non è escluso che tenti di cogliere quella che giudica un’opportunità profittevole e rinunci alle scarpe necessarie e alla cravatta voluttuaria. Se la sua rinuncia sarà premiata, egli si rivelerà addirittura più avveduto che se avesse risolto il problema delle scarpe, l’acquisto della cravatta essendo comunque uno sfizio deleterio. Per quanto semplice, l’esempio dice pure un’altra cosa. La somma piovuta dal cielo se la gioca il diretto interessato: o con le scarpe o con la cravatta o con il profitto conseguito o senza più nulla, avendo perso la chance. Varrà comunque il principio “cuius commoda, eius incommoda”.

Lo Stato, per contro, non è soggetto alla stessa necessità, pur quando se la passi altrettanto male del povero Tizio. Anziché comprare scarpe o rimborsare debiti, i governanti cedono spesso alla voluttuosa tentazione di acquistare cravatte di seta e sfoggiarle con frivolo compiacimento: la fatuità della politica è intrinseca al malgoverno. Né riescono meglio quando si sforzano di cogliere opportunità che vedono solo loro perché guardano con gli occhi degli elettori amici. Infine non perdono mai, se non le elezioni. Non rispondono di nulla, fuorché in sede storica e sebbene direttamente responsabili. Si camuffano da imprenditori e risparmiatori, dismettendo l’abito naturale dei dissipatori (di soldi erariali, non personali!).


di Pietro Di Muccio de Quattro