Nota a margine

La burocrazia è l’elefante espiatorio

Secondo l’enciclopedia Treccani, capro espiatorio è “l’essere animato (animale o uomo), o anche inanimato, capace di accogliere sopra di sé i mali e le colpe della comunità, la quale per questo processo di trasferimento viene liberata”. Stando a questa definizione, la burocrazia non è un capro, bensì un elefante espiatorio, l’unica bestia in grado di portare in groppa tutti i mali dello Stato e tutte le colpe della Repubblica. Solo un pachiderma può reggere un tale peso di cose negative.

Perciò i governanti e i parlamentari, cioè i membri della comunità preposti a provvedere, addossano alla burocrazia, evocata come un pauroso spettro infestante le istituzioni, ogni genere di guasti amministrativi che ne impediscono il buon andamento: negligenza, sciatteria, inefficienza, inadempienza, complicazione, immobilità, ritardo, sabotaggio. La burocrazia, secondo l’accusa della classe politica, non sarebbe il meccanismo di trasmissione ed esecuzione del potere legislativo ed esecutivo, bensì il bastone nelle ruote dell’ingranaggio. Possibile? Proprio i “provveditori”, che dovrebbero tagliare le mani di coloro che mettono i “bastoni” tra le ruote, affettano di biasimarli soltanto, assolvendosi dai mali e dalle colpe dei quali sono responsabili.

La burocrazia obbedisce a leggi sue proprie. In essenza è quel che è, immutabile. Ma quel di più di negativo, che evoca ormai già il semplice nome e di cui i politici si lamentano, viene determinato proprio da costoro che la biasimano senza rimediare. L’elefante burocratico l’hanno caricato pure di mali altrui e colpe non sue, che cercano malamente di trasferirgli per liberarsene. Senza riuscire ad espiare ma coprendosi di ridicolo. Anche come alibi dell’inerzia, addossare in generale alla burocrazia i fallimenti non regge. Lo scaricabarile della politica non è credibile. Qualche volta e in qualche caso, magari sì. Sempre e comunque, no!

Aggiornato il 23 ottobre 2020 alle ore 10:06