Il catastrofismo terroristico nella gestione politica della pandemia

Premessa necessaria: credo nel Coronavirus, credo che esso esista, credo che ha fatto e può fare ingenti danni, credo – per oggi – che non avrò altro virus fuori di questo. Insomma, non sono un negazionista, anche perché al virus, propriamente e a dispetto dell’incipit ironico, non si deve né credere né non credere, in quanto esso non è oggetto di credenze, ma soltanto di sapere. Per cui chi dice che crede al virus, o non crede al virus, dice una scempiaggine. Sappiamo che c’è e che è operante. E tanto basta.

Detto questo e pronunciata la mia personale apologia, posso ora passare a denunciare la situazione assurda in cui ci troviamo a vivere e in forza della quale i mezzi di comunicazione si occupano soltanto del virus. I virologi sono diventati i nostri veri padroni e il Governo, oltre che della pandemia, non si preoccupa quasi di nulla e, per di più, relegando il Parlamento in un limbo di assoluta inconsistenza.

Vediamo, per primi, i mezzi di comunicazione. Qui, francamente siamo alla follia conclamata. Ogni mattina ed ogni sera, tutte – dico tutte – le televisioni non si occupano d’altro che del virus, organizzando dibattiti, tavole rotonde, referendum fra gli spettatori. Il tutto introdotto ed accompagnato da crescenti toni apocalittici da ultima spiaggia. I servizi poi, te li raccomando: la voce del giornalista è sempre assai concitata ed affannata, quasi stesse annunciando lo scoppio della Terza guerra mondiale e il conseguente bombardamento del Duomo di Milano. Le interviste sempre – dico sempre – effettuate col tono dell’inviato in zona di guerra, sotto le bombe e che cercano di far dire all’intervistato ciò che si vorrebbe lui dicesse e che alla fine, pressato da ogni parte, ovviamente finisce col dire. E cioè, che anche se giovane ed appena trentenne, ha dovuto subire un ricovero in ospedale, ha avuto molta paura e ringrazia il cielo di esserne uscito sano e salvo. Si badi che costui dice queste cose dopo essere stato tacitamente invogliato a dirle da una intervistatrice, che lo ha sapientemente accompagnato lungo questo sentiero già preparato per lui. Lo scopo dell’intervista è chiaramente non informare, ma suscitare paura incontrollata nella massa degli ascoltatori, condotti a ritenere che perfino un trentenne ha rischiato di morire.

Ogni sera si annuncia poi con toni allarmatissimi che la curva del contagio è in ascesa e che non possiamo non ricorrere a misure estreme. Già: però si tace che il numero dei contagi palesi dipende da quello dei tamponi effettuati e che più crescono questi più salgono quelli. Datemi modo di effettuare sessanta milioni di tamponi e vi troverò sei milioni di contagiati, dei quali cinque milioni e novecento cinquantamila del tutto asintomatici. E se i decessi – vale a dire il solo dato oggettivo e significativo – diminuiscono o almeno non aumentano, si preferisce glissare.

Con la carta stampata è poi peggio che andare di notte, sia pure con qualche eccezione. I grandi quotidiani nelle prime dieci o quindici pagine non si occupano che del virus e dei virologi, usando toni sempre allarmatissimi e gridati. Aggettivazioni smodate, superlativi ormai stabilmente al posto dei normali gradi positivi degli attributi, avverbi di sapore epocale, interviste a virologi molto noti, poco conosciuti o del tutto sconosciuti che dicono e negano, litigano, si contraddicono in un magma indistinto in cui la ragione è abbandonata per altri usi, in un costante delirio terminologico dove nessuno è più in grado di distinguere il vero dal falso, il probabile dall’improbabile o perfino dall’impossibile. Non importa, purché si alimenti il terrore del virus.

Veniamo poi ai virologi. Sono divenuti i padroni del verbo e sul loro grembo soltanto siedono le motivazioni del vero e del falso. Non c’è trasmissione televisiva che non metta a disposizione di uno o più virologi uno spazio a piacere per dire e per contraddire, per litigare con i colleghi, per fare confusione concettuale e comunque sempre quali detentori e depositari assoluti di quello che Bernard Henri Levy ha recentemente definito un vero “catechismo virologico”. Ogni giorno, costoro dettano le regole e il Governo, più o meno, supinamente si adegua. E se per caso non lo fa con solerzia e assecondandoli, sono guai! Eccoli, ad ammonirlo col tono saccente e minaccioso del menagramo, eccoli a lamentarsi facendo le Cassandre e profetizzando catastroficamente sciagure epocali. Si dimentica, fra l’altro, che non tutti i virologi sono medici e che perciò, ammesso che conoscano i virus, non è detto che sappiano con precisione gli effetti sull’organismo. Pare poi che ciascuno di essi, ad ogni apparizione televisiva, percepisca una certa somma che, per quanto modesta, certo male non fa: magari questa vicenda pandemica durasse un paio d’anni.

E il Governo? Sforna decreti amministrativi come pasticcini ogni cinque giorni, baloccandosi con misure ridicole e totalmente prive di senso, imitato da presidenti di Regione, sindaci, amministratori locali in un groviglio normativo inestricabile in cui l’uno non sa cosa faccia l’altro, dal momento che bada innanzitutto ad apparire efficiente e perciò preferisce fare invece di non fare: non importa cosa e perché. Chiude i ristoranti alle 23, no anzi alle 24 e perché no, alle 21. E i bar alle 18, ignorando totalmente di procedere in tal modo alla eliminazione economica di migliaia di gestori e dipendenti, uccisi tuttavia per una giusta causa, la lotta al virus.

A nessuno viene in mente – come ha notato giustamente Alessandro Meluzzi – che bisognerebbe limitarsi a proteggere gli anziani e i malati di proprie patologie, questi sì davvero minacciati dal virus, lasciando liberi e indisturbati tutti gli altri. Non solo. Il Governo, in questo clima di costante e diffuso terrorismo psicologico, si assicura l’egemonia sul Parlamento, escludendolo da tutto e limitandosi ogni tanto ad informarlo a cose fatte, come si trattasse di uno spettatore televisivo. In tal modo, durerà certamente fino al 2023, alla fine della legislatura. Il cerchio così si chiude.

I mezzi di comunicazione lucrano il maggior numero di copie vendute e i crescenti ascolti in termini di maggior redditività pubblicitaria. I virologi godono di una insperata popolarità, al punto che alcuni sono stati candidati alle recenti elezioni regionali, e anche di discrete ed altrettanto insperate sommette. Il Governo si è liberato definitivamente del fastidio rappresentato dal Parlamento e durerà per almeno due anni indisturbato. Che si vuole di più? Insomma, se il virus non ci fosse, bisognerebbe inventarlo.

Aggiornato il 22 ottobre 2020 alle ore 11:02