La stampella di Conte è l’incertezza degli altri

mercoledì 14 ottobre 2020


La navigazione a vista del Governo è di nuovo messa in evidenza dall’ultimo della serie di decreti. Qui non si vuole infierire su decisioni motivate da un’urgenza suggerita dal pericolo della seconda fase del Covid, anche se c’era tutto il tempo per prepararsi perché non era una novità ed ora se ne vedono i ritardi.

Cosicché dalle solite riunioni notturne d’urgenza del Governo è uscito un decreto sul quale non pochi esperti hanno sollevato osservazioni non banali, anche se riguardano aspetti marginali. Fermo restando che il modello Wuhan o per meglio dire cinese non era e non è assente nelle stanze di Palazzo Chigi, ispirando pulsioni e tentativi di limitazioni e compressioni di libertà.

Ovviamente anche l’opposizione ha da dire la sua, ad alta voce, vedi Giorgia Meloni, o voce bassa, vedi il caso di Matteo Salvini dopo la “svolta”, mentre si avverte l’abituale sussurro da parte di Forza Italia. Il Governo Conte 2 otterrà comunque la maggioranza in Parlamento ma, ancora una volta, si possono notare al suo interno sfumature e diversificazioni che, nonostante il silenzio dell’occasione, confermano un procedere niente affatto spedito, basti vedere le modifiche, dalla notte al giorno, poste su questo decreto.

Zigzagando fra freni interni pentastellati, messaggi esterni zingarettiani e risposte non sempre omogenee sul versante oppositorio, l’esecutivo si sta assicurando il biglietto di andata verso la scadenza naturale che coincide col semestre bianco, in un quadro che non si presta alle spallate di una volta, inutilizzabili per una crisi anticipata, salvo incidenti di percorso, tanto più che la “nuova” emergenza aiuta Conte a sminuire le frizioni interne alla maggioranza. Per ora.

In un simile contesto la consumata tecnica contiana del rinvio continuerà ad esercitarsi in un tirare a campare frutto di una strategia tanto ossessionata dalla visibilità mediatica quanto studiata nell’evitare ostacoli, attuali come il Recovery Fund, e imminenti come il Mes.

Questo gioco aveva trovato qualche sponda proprio nel Salvini originariamente antipatizzante per la Troika, cioè per la cancelliera Angela Merkel ma ora più ammorbidito per una positiva astensione mentre restano meno morbide le critiche della Lega per l’attivazione di quel Mes inviso ancora di più ai grillini. Se il Recovery è in salita insomma, figuriamoci quell’importante e necessario meccanismo europeo sul quale si misura l’antieuropeismo dentro e fuori il Governo perché ritenuto né più né meno che “un mezzo per imporre l’odioso controllo teutonico sull’Italia”.

Quando si accenna ai sussurri di una Forza Italia in declino (con segnali addirittura di dissoluzione?), non se ne può tuttavia sminuire il ruolo assunto per evitare l’estraneità del centrodestra al dibattito europeista. Eppure non v’è chi non veda che il suo tenere dritta la barra con gli occhi a Bruxelles sia sempre avvolto da un eccesso di prudenza, in una sorta di non possumus che contraddice la sua identità, all’esterno e soprattutto dentro il centrodestra.

Ed è così che il cammino di Conte non è un tirare dritto ma, intanto va.


di Paolo Pillitteri