Qualsiasi “dopo elezioni” impone ai partecipanti quella che va sotto il nome di riflessione.

Questo “dopo” è intrecciato fra referendum e Regionali e il risultato del primo, sia pure scontato con la vittoria del sì, è decresciuto se non scomparso rispetto ai dati delle seconde che vanno annullando la valanga dei sì, a parte gli entusiasmi dei suoi proponenti grillini, a loro volta stoppati dal disastro nelle Regioni dalle quali sono scomparsi, con una proiezione politica nazionale (Istituto Cattaneo) che li vede ora al 7 per cento.

La riflessione pentastellata si va risolvendo in una feroce rissa interna pronuba di ulteriori scissioni col controcanto di un Beppe Grillo che, proprio dalla sede del Parlamento europeo, messogli a disposizione di un superfurbo David Sassoli per captatio benevolentiae, e che si è meritato uno schiaffone con la fascistoide ma non nuova proposta di Grillo di abolire il Parlamento sostituito da un referendum settimanale magari tramite la mitica e trasparentissima piattaforma Rousseau.

Il fatto è che il taglio dei parlamentari era una “conditio sine qua non” imposta a Nicola Zingaretti da un Movimento 5 Stelle per un’alleanza anti-salviniana basata su un referendum la cui vera ragion d’essere si nutriva del disprezzo contro la casta seduta a Montecitorio e a Palazzo Madama, e la sua riduzione in nome dei costi della politica, peraltro infimi con tale taglio, era l’inizio di una rasatura a zero della rappresentanza parlamentare.

Il risultato elettorale non può comunque mettere in silenzio le colpe di un Partito Democratico quasi sempre succube del giustizialismo e del populismo grillino sol che si pensi alla prescrizione negata dal ministro Alfonso Bonafede detto Fofò, ma ha ribaltato l’intera faccenda agevolando Zingaretti e la sua tecnica di attirare gli alleati in una sorta di trappola governativa nella quale la boria dei grillini si è sgonfiata in una dannosa incapacità e in una clamorosa inconcludenza riflettendosi su un Governo nel quale, tuttavia, si è salvato, per ora e in parte, e grazie all’emergenza Covid, proprio quel che Giuseppe Conte che a nome e per conto di Grillo aveva prima presieduto un Governo con Matteo Salvini e Luigi Di Maio e successivamente un Esecutivo di segno opposto con Zingaretti e Di Maio. Mirabile esempio di coerenza.

Da non pochi osservatori viene attribuito alla figura del segretario del Pd un ruolo di stabilizzatore, di pacificatore, di garante di un equilibrio instabile alla vigilia degli impegni di un europeo Recovery fund che dovrebbe farci uscire dall’emergenza per una ripresa – nella retorica di Conte si chiama rinascita – ma che con i grillini al governo rischia di tramutarsi nell’ennesima ripetizione di aiuti a pioggia, di assistenzialismi a piene mani gestiti dall’invadenza dello Stato con clientelismi specialmente in quel Sud dove Salvini ha lamentato liste sbagliate del centrodestra, per di più azzoppate proprio dalla politica assistenziale contiana, che è il vero ostacolo ad una resurrezione del Meridione grazie ad investimenti massicci sia pure con aiuti statali, con provvedimenti che agevolino l’impresa privata, con interventi in nome di una visione liberale, vera garanzia di uno sviluppo fino ad ora mancato e che temiamo mancherà.

Il problema della Lega e di Salvini non può non essere quello del centrodestra anche se è il Capitano (Forza Italia è agli sgoccioli) che paga i conti per la sconfitta della politica della spallata. L’errore salviniano è stato anche nell’aver insistito con le spallate già quando ne mostravano l’inconcludenza e che, invece, Giorgia Meloni aveva per certi aspetti abbandonato ottenendone ampio successo. Se Silvio Berlusconi ha perso per i tardivi slanci liberali dentro un’alleanza cosiddetta di ferro, questa rivela i suoi limiti proprio nella non acquisita consapevolezza di una visione davvero liberale del futuro del Paese, fuori dalle facilonerie demagogiche e proiettata con un programma alternativo a quel vuoto progettuale che caratterizza questo Governo e che un referendum per cui si è sbracciato Salvini (e non solo) gli sta garantendo una instabile stabilità.

Aggiornato il 28 settembre 2020 alle ore 09:58